Nel 1975 esisteva in Italia solo una possibilità di eludere i rigidi confini normativi, ma era attività riservata a pochi, pochissimi facoltosi imprenditori che avessero potuto usufruire del ristretto varco offerto dall’art. 38 L. 103/1975.
Va pur detto che l’apertura pluralistica offerta da tale articolo di legge era tanto più stretta in quanto, expressis verbis, condizionata dal fatto che le attività di specie non avrebbero potuto essere costituite “allo scopo di diffondere i programmi nel territorio italiano”. Chiaro e forte era quindi l’avvertimento del potere politico verso iniziative di cui si cominciava a parlare: prima fra tutte quella dell’editore milanese Rizzoli, che si stava organizzando per irradiare un segnale extraterritoriale dall’isola di Malta da ritrasmettere poi sul territorio nazionale attraverso stazioni locali distribuite nelle varie regioni, ai sensi e per gli effetti del richiamato art. 38 L. 103/1975 (pur in presenza di problematiche tecniche che, al tempo, avrebbero reso ardua l’iniziativa), rispolverando un antico progetto risalente ai primi anni ’60.
Tele Malta
Avrebbe scritto a riguardo, oltre un anno dopo, il quotidiano La Repubblica (edizione 20 agosto 1976): “
Il dardo lanciato da Angelo Rizzoli al cuore del monopolio televisivo statale ha fatto centro. Tele-Malta ha cominciato a trasmettere i suoi programmi, limitati, per ora, solo a qualche scarno notiziario in italiano sul secondo canale maltese (…) Ancora per qualche settimana Tele Malta si potrà vedere solamente in Sicilia e, con molta difficoltà, in qualche zona dell’Italia meridionale. Ma già da tempo i tecnici stanno studiando un progetto di ripetitori che permetterà di ricevere Tele-Malta in tutte le case d’Italia”. Il tentativo di elusione della normativa vigente era evidente, come attestato, tra l’altro, dal seguente articolo, pubblicato, sempre da Repubblica, qualche settimana dopo (10 settembre 1976): “
Tutto è pronto, annunciano i giornali, per l’inizio ufficiale delle trasmissioni di Tivumalta, destinata a coprire, come annuncia lo stesso leader maltese Dom Mintoff, tutta l’Italia dalla Sicilia a Trieste. “La società Tivumalta è al 50% di Rizzoli, tramite la Siee, e al 50% del governo maltese. Inizialmente utilizzerà, a pagamento, le attrezzature di Telemalta, la stazione televisiva dell’isola (con un raggio di diffusione limitato), e successivamente ne creerà di proprie.La SIEE: installeremo ripetitori ovunque in Italia
I programmi e la gestione saranno forniti a Tivumalta dalla Siee, gratuitamente. La Siee si è impegnata, inoltre, a impiantare da sola altre attrezzature e altri ripetitori necessari in Italia. Ma anche il capitale di Tivumalta, in realtà, è interamente di Rizzoli. Come ha tenuto a far capire Dom Mintoff, il governo maltese non tirerà fuori neanche un quattrino per la sua partecipazione del 50%. Questi sono, infatti, i termini economici e operativi dell’accordo: entro due anni la Siee verserà 1 milione di sterline maltesi (due miliardi di lire) per la realizzazione delle attrezzature nell’isola; Malta metterà a disposizione il terreno per gli impianti e la licenza, valutati esattamente la stessa cifra”.
Tele Malta a… Torino
Il progetto, nonostante i forti investimenti pianificati ed in parte effettuati (a Torino già era stata installata una Tele Malta, mentre a Roma e Milano erano in fase avanzata di progettazione stazioni locali da dedicare all’iniziativa), non si sarebbe, tuttavia, concretizzato in tale direzione. Angelo (jr) Rizzoli, maturato il convincimento dell’eccessiva complessità tecnica del meccanismo studiato dai suoi consulenti e della notevole fragilità giuridico-politica della strategia giudiziaria (destinata ad innescare questioni di diritto internazionale di difficile gestione), avrebbe accantonato l’intento, per successivamente convertire di lì a qualche anno l’idea iniziale attraverso la costituzione dell’emittente nazionale Primarete Indipendente (PIN), che avrebbe dovuto stimolare la rottura del monopolio radiotelevisivo RAI su scala nazionale, trasmettendo (quale volontario casus belli), in diretta, il primo telegiornale privato, affidato al giornalista Maurizio Costanzo, già impegnato, dall’anno precedente, nella direzione del quotidiano popolare L’Occhio, edito dallo stesso Rizzoli.
PIN
Così il periodico Panorama annunciava nel settembre 1980 l’inizio delle trasmissioni televisive nazionali del gruppo Rizzoli: “
L’ora x scoccherà nella terza settimana di ottobre. I piani della Rizzoli sono ambiziosi: 10 miliardi di investimento iniziale, quadri dirigenti di alto livello (Scarano capo divisione, Maurizio Costanzo vice-capo divisione per la parte editoriale; Sergio Bruno vice capo divisione per la parte gestionale; Sergio De Santis per l’acquisto film e Angelo Campanella ex TG1 al palinsesto), una sede a Roma di 40 stanze, una rete di ripetitori affittata per mezzo miliardo l’anno dalla società SIT di Guelfo Marcucci. Ed un obiettivo dichiarato: sconfiggere la RAI, grazie ad un palinsesto articolato dove accanto a film e telefilm trovano spazio programmi auto prodotti e perfino un telegiornale. Si ribellano i comunisti. Luca Pavolini, responsabile della sezione RAI-Tv e informazione del PCI afferma che “questa è una vera e propria invasione del servizio pubblico e non può essere giustificata solo dal fatto che manca una legge in materia”. “I comunisti si agitano perché hanno una rete di 21 emittenti da collegare tra loro – ribatte Claudio Martelli – e questa iniziativa di Rizzoli gli rompe le scatole”. (Panorama 29/9/1980).
Le stazioni Europa
La dorsale di ripetitori per il progetto PIN Primarete Indipendente era garantita, oltre che dall’ emittente di proprietà di Rizzoli (TAM 56 – Telealtomilanese), dalle stazioni locali create ad hoc per il progetto: Europa 39 (Milano), Europa 54 (Lucca) e Europa 48 (Roma), successivamente da integrare con l’acquisto di emittenti locali nel resto d’Italia. Sotto il profilo giuridico, PIN era quindi un consorzio di emittenti locali che attingeva per una quota consistente del proprio patrimonio frequenziale alla S.I.T. – Societa’ Impianti Televisivi (dell’imprenditore frmaceutico toscano Guelfo Marcucci, titolare del network
TVS Express – Elefante Tv ed ex ripetitorista di TMC), con la quale era stato sottoscritto nel luglio 1980 un accordo che assicurava, per mezzo miliardo di lire all’anno, la copertura della dorsale appenninica. Le emittenti del circuito, tramite il sistema del “cassettizzato” (la cd. “interconnessione funzionale”, cioè la trasmissione sostanzialmente simultanea attraverso studi di trasmissione dislocati sulle diverse regioni di contenuti preregistrati), mandavano in onda gli stessi programmi con orari leggermente differenziati.
Nomi di spicco
Responsabile editoriale della syndication era Domenico Scarano, mentre tra i collaboratori si annoveravano nomi noti al pubblico italiano, quali: Luisella Berrino (RMC), Ruggero Orlando (RAI), Luciano Salce (RAI), Ivo Terzoli (RAI), Enrico Vaime (RAI), Oreste Lionello (RAI) ed Enza Sampò (RAI). La raccolta della pubblicità (rigorosamente nazionale) avrebbe dovuto essere curata da una società creata alla bisogna da Angelo Rizzoli jr e dal pubblicitario Giuliano Re: TV Spot s.p.a.
Il palinsesto di PIN-Primarete Indipendente
Il palinsesto di PIN, oltre ai telefilm e cartoni animati di produzione americana, prevedeva una notevole autoproduzione, soprattutto di carattere informativo, in cui spiccavano 24 Piste (condotto da Silvia Annichiarico), Un Terno al Lotto (varietà con Michele Gammino), Domenicalmente (spettacolo pomeridiano realizzato da Oreste Lionello), Domenica in Musica (con Ivano Fossati ed Ombretta Colli), Una, Tante, Tutte (rubrica dedicata al mondo femminile), Guida Medica, Playboy di Sera (erede della fortunata esperienza di Playboy di Mezzanotte di Telealtomilanese), Il Minimo (striscia satirica con Enrico Vaime, Luciano Salce e Ivo Terzoli), Cinema Cinema (con Rosanna Podesta), Astra (rubrica di astrologia) e, sul fronte sportivo, la trasmissione di grandi incontri del campionato di basket U.S.A. Fiore all’occhiello del network era, come detto, il primo telegiornale privato nazionale, denominato Contatto e diretto da Maurizio Costanzo, con la presenza in video dello speaker Marco Raviart (ex RAI).
Primo Contatto
La prima edizione del Tg, che nelle intenzioni avrebbe dovuto andare in onda rigorosamente in diretta su tutto il territorio illuminato da PIN dall’autunno 1980, fu trasmesso solo il 13 dicembre 1980 – in conseguenza dell’accoglimento in sede cautelare di un ricorso d’urgenza per concorrenza sleale promosso da RAI – e non in contemporanea sulle singole aree tecniche del network. I vertici di Rizzoli, combattuti tra il dovere di rispetto del provvedimento giurisdizionale e la necessità di mantenere alta la pressione politica dell’iniziativa, per non vanificarne i propositi provocatori, avevano deciso per un compromesso registrando qualche ora prima della messa in onda il Tg e trasmettendolo alle 19.30 in tutto il Lazio, alle 19.45 in Toscana ed Emilia Romagna e alle 20.15 in
Lombardia.
Le reazioni politiche e giudiziarie
Il momento era infatti incandescente e i legali di Rizzoli, pur considerando la finalità stimolatoria sul piano giuridico-politico del progetto, avevano consigliato prudenza, posto che il rischio di un sequestro impiantistico (con rilievi penalistici) era molto elevato. La Corte Costituzionale era infatti stata investita della problematica del monopolio pubblico delle trasmissioni tv su scala nazionale e se ne attendeva a breve un responso.
L’udienza
In occasione dell’udienza del 24 ottobre 1980, successiva all’emissione del provvedimento d’urgenza con il quale era stata inibita la trasmissione in diretta nazionale del tg di Costanzo, la difesa Rizzoli aveva infatti sollevato una questione di legittimità costituzionale per contrasto della normativa vigente in materia radiotelevisiva con gli articoli Cost. n. 3 (principio di uguaglianza), 21 (libertà di espressione) e 43 (riserva allo stato e agli enti pubblici dei servizi essenziali), contestando come non fosse più in gioco un problema di limitatezza di canali, ma un principio: stabilire se competesse o meno esclusivamente al monopolio pubblico quel fine di utilità generale che doveva comunque realizzarsi per una strada pluralistica dell’informazione televisiva.
Sandulli: sentenza 202/1976 Cost. anacronistica
Il deus ex machina delle iniziative legali della Rizzoli nel comparto tv, Aldo Sandulli, sosteneva infatti che la decisione della Corte Costituzionale (sentenza 202 del 1976) fosse ormai anacronistica, perché i concetti su cui si basava erano stati superati dal progresso tecnologico. Il giorno prima dell’udienza Carlo Bo scriveva sul Corriere della Sera: “Rivendicando il principio del monopoli può darsi che si stia nella lettera della legge, peraltro gravemente intaccata da una sentenza della Corte costituzionale, ma è certo che non se ne rispetta lo spirito, tutto teso all’esaltazione della libertà”. Ed ancora: “La competizione, il confronto hanno sempre giovato a tutti, obbligando a rivedere, migliorare, sopratutto a procedere con coscienza verso le cose essenziali”. Nonostante la maggioranza dei giuristi si aspettasse un ulteriore colpo al monopolio RAI, purtroppo per Rizzoli, il pronunciamento della Corte fu per lui sfavorevole: la Consulta confermò la libertà d’iniziativa privata radiotelevisione solo su scala locale, ribadendo la riserva del servizio pubblico in ambito nazionale.
P2 e PIN
Tanto bastò per far decidere a Rizzoli – nel frattempo finito, insieme a Costanzo, al centro dello scandalo della
Loggia P2 – di abbandonare il progetto, posto che – a suo avviso – una rete nazionale senza diretta mai avrebbe potuto competere con RAI sul piano commerciale, editoriale e, soprattutto, informativo. L’imponente (per i tempi) rete tecnica di PIN fu presto smantellata: Telealtomilanese finì a Berlusconi per il potenziamento di
Telemilano 58, mentre le stazioni Europa ritornarono nel patrimonio impiantistico dei Marcucci.
Il contenzioso con Marcucci
Il contenzioso Rizzoli-Marcucci vide la ICOA (società del gruppo SIT-Marcucci costituita per fungere da service all’operazione PIN) richiedere, nei primi mesi del 1982, il sequestro conservativo, mobiliare ed immobiliare, dei beni del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera “
fino a 30 miliardi di lire”.
L’epilogo
La richiesta era stata autorizzata dal Tribunale di Lucca in seguito ad un ricorso presentato da ICOA, che nel dicembre 1981 aveva visto il suo contratto con Rizzoli risolto unilateralmente a seguito del citato pronunciamento sfavorevole della Corte costituzionale sulla possibilità di attuare l’interconnessione strutturale (collegamento in ponte radio delle singole stazioni costituenti il network PIN). Il precipitare degli eventi nell’ambito del progetto PIN, aveva prodotto, già a gennaio del 1982, la chiusura del centro di produzione di Roma della Rizzoli e la successiva, pressoché integrale, dismissione delle attività televisive del gruppo. A quanto noto, i predetti soggetti successivamente transarono il contenzioso per una cifra di circa 3 miliardi di lire. (M.L. per NL)