Dai pochi mezzi e con limitate ambizioni, lasciò però il segno nella storia cittadina, anche se più per le disavventure tecniche che la toccarono che per un effettivo incidere sulla vita novarese; fu comunque la palestra da cui uscirono personaggi come i registi Vanni Vallino, Mario Tosi e Paolo Taggi.
E proprio il novarese Paolo Taggi ricorda oggi: “Mettere su una televisione privata, allora, costava 20 milioni di lire. L’ideatore era don Germano Zaccheo, futuro vescovo di Casale Monferrato, socio fondatore insieme ad altri 20 editori che vi investirono un milione a testa. Certo, eravamo una tv piccola, trasmettevamo in bianco e nero. Per imparare a usare le apparecchiature, nel pomeriggio facevamo i rappresentanti per la ditta che le produceva. E poi la tv svizzera Tsi ci diede la possibilità di imparare con i suoi tecnici“. Della programmazione, assolutamente centrata sul territorio (“La nostra piccola emittente – ricorda Paolo Taggi – divenne un luogo di incontro, organizzavamo corsi per tecnici, raccoglievamo storie e idee“), non sono reperibili testimonianze scritte fino al 3 gennaio 1978, quando cominciarono ad apparire i palinsesti sulle pagine locali de La Stampa e di Stampa Sera, dai quali si può tracciare a grandi linee la storia dell’emittente. I programmi iniziavano generalmente alle 19.30 per terminare verso le 23, dal martedì al sabato. Nel 1979 la domenica veniva osservato il riposo settimanale, come era comune all’epoca anche per Tv più importanti, mentre l’anno precedente risultano più volte trasmissioni anche in quel giorno.
Sporadicamente era indicata la trasmissione a colori, in particolare per i cartoni animati; non c’è tuttavia chiarezza su questo punto. Tra i programmi più importanti e longevi era da annotare Smack, realizzato da Elve Fortis de Hieronymis già autrice per Rai e televisione svizzera (concepito come un laboratorio aperto, vedeva protagonisti i bambini in studio con la Fortis impegnata a creare sul momento giochi davanti alla telecamera); la rubrica settimanale di fotografia Fotoincontri (25 puntate curate per conto della Società Fotografica Novarese da Michele Ghigo e Silvio Giarda); Antenna libera (rubrica settimanale di attualità) e poi molte trasmissioni autoprodotte e una tantum (“Un anno con Tbn”, immagini e avvenimenti principali del 1978 trasmesso il 27 dicembre di quell’anno; “Al castello di Carimate”, spettacolo condotto da Mike Bongiorno di cui sembra essere stata trasmessa una sola puntata il 29 dicembre 1978, e la trasmissione sulle elezioni comunali del maggio 1978, con un collegamento diretto col municipio in occasione dello scrutinio dei voti). Naturalmente una rete cattolica non poteva mancare di celebrare le principali festività ed ecco dunque – caso più unico che raro per questa tv che trasmetteva solo la sera – alle 12.30 del 22 gennaio 1979 comparire in palinsesto “Fiori e Marroni per un giorno di festa dedicato alla festa del patrono San Gaudenzio”, e gli “speciali” del 24 e 25 marzo 1978, “La Sindone” e “Pasqua 1978”, che occuparono tutta la programmazione di quei due giorni. Curiosamente, invece, non sembra essere mai stata trasmessa da T.B.N. la celebrazione della Messa domenicale a cui diverse altre reti, prima fra tutte la Rai, non si sottraevano. Anche lo sport sembra essere stato trattato poco dalla stazione novarese: troviamo solo traccia del programma “Notizie sportive” nel 1978, mentre l’anno successivo, saltuariamente, la rubrica “Fuori campo” e un paio di non identificate telecronache sportive. Maggiormente presenti erano piuttosto cartoni animati, telefilm e film. Tra i primi si annoveravano Space Angel, Clutch Cargo e Capitan Fathom (serie quest’ultima che allo stato attuale della ricerca sembra avere avuto il suo battesimo italiano proprio su Telebassonovarese, il 30 aprile 1978). Per i telefilm, si registrava la presenza delle serie Bonanza, Panico, Evasione bianca, Il magnifico King, Il ragazzo di Hong Kong, Loretta Young, La legge del Far West e l’immancabile Dr. Kildare. Tra i film trasmessi figuravano pellicole popolari di un qualche interesse quali, Don Franco e Don Ciccio nell’anno della contestazione, Au hasard Balthazar, Billy Kid, Operazione commandos, Con la morte alle spalle, Fuga nel sole, I sanguinari, Jimi plays Berkeley, Maschere e pugnali, Il papavero è anche un fiore, Sissi la favorita dello zar, La donna più bella del mondo e Alexander.
Vista nel dettaglio l’attività della rete, passiamo a un po’ di cronaca, cominciando a spiegare perché T.B.N. può essere definita, più di ogni altra rete novarese, la Tv di San Gaudenzio. Tutti in Italia conoscono la Mole Antonelliana, 167 metri in muratura a sovrastare Torino di cui è divenuta il simbolo, frutto del genio visionario dell’architetto Alessandro Antonelli. In meno, invece, conoscono la cupola della Basilica di San Gaudenzio, 126 metri pure in muratura opera dello stesso Antonelli, naturalmente divenuta simbolo di Novara. Cosa c’era di meglio di una struttura simile, devono aver pensato i responsabili di T.B.N. dell’epoca, per piazzare i trasmettitori della neonata Tv? Detto fatto e i pannelli che trasmettevano in omnidirezionale sul canale UHF 47 vennero issati poco sotto la statua di 5 metri del Cristo Salvatore che domina la città, garantendo una copertura ottimale di Novara e oltre (numerosa era l’utenza nella provincia ovest e nord-ovest di Milano, nella provincia sud di Varese e in quelle di Pavia, di Alessandria e di Vercelli). Gli studi si trovavano 100 metri più in basso, in alcuni locali della casa di Maria Immacolata di proprietà della diocesi, al numero 4 di via Dominioni. Quello di trovare la posizione migliore per trasmettere è sempre stato un problema serio per ogni televisione, ma a Novara la cosa era più complicata che altrove.
Ne fanno testo le difficoltà dell’altra Tv dell’epoca, Tele Novara International (UHF 21 e 43), che avendo installato i ripetitori sul più laico monte San Salvatore, a Massino Visconti (800 m. ca. s.l.m., sopra Stresa, in provincia di Novara, oggi VCO) aveva ottenuto come risultato di far giungere il segnale in tutta la Lomellina ma non a Novara, che veniva in gran parte scavalcata. La cupola di San Gaudenzio sembrava quindi la soluzione ideale. E lo fu, anche se divenne allo stesso tempo la causa dei guai che portarono Telebassonovarese alla chiusura. Le polemiche infatti nacquero contemporaneamente alla rete e si trascinarono per mesi, alimentate da chi considerava deturpata la linea della guglia dai pannelli trasmettitori, pur piccoli e poco visibili all’altezza a cui si trovavano. La prima testimonianza scritta di ciò è un articolo de La Stampa del 22 gennaio 1978 in cui si lamentava come “il Cupolone per liberarsi dai fastidiosi ripetitori debba ricorrere addirittura al Tribunale”.E fu il pretore di Novara, dottor Antonio Baglivo, che il 6 aprile 1978 archiviò la denuncia a carico del direttore di T.B.N. Luciano D’Atri, deferito dall’Escopost di Torino per l’installazione abusiva di un ponte radio. L’ottima posizione infatti permetteva al segnale di giungere ben oltre quello che veniva genericamente definito “confine di carattere locale“, che le televisioni private teoricamente non avrebbero dovuto violare. Ma il pretore di Novara affermò che non sussistevano estremi di reato in quanto mancava una normativa che delimitasse con esattezza il carattere locale entro cui era legittimo irradiare i programmi. Saltato a piè pari il primo ostacolo, la Tv inciampò rovinosamente sul secondo: la Soprintendenza ai monumenti e alle belle arti del Piemonte. Alla richiesta della rete, infatti, l’ente piemontese aveva dato inizialmente il suo assenso alla installazione, salvo cambiare definitivamente la propria posizione nell’ottobre del 1977.
Tutto tacque fino all’inizio di maggio 1979 quando una lettera, inviata dalla Soprintendenza al comune di Novara, impose la rimozione entro 15 giorni delle antenne dalla cupola in quanto non davano “garanzie di corretto inserimento e si rilevano di disturbo al completo godimento della struttura antonelliana”. Pur aspettandosi qualcosa del genere, dal momento che la diatriba andava avanti da quasi 2 anni, i responsabili di T.B.N. si trovarono però presi alla sprovvista con il limite del 19 maggio, termine ultimo per lo smantellamento dell’impianto. La rete si era già mossa nel 1977, chiedendo al comune un nuovo sopralluogo per individuare una soluzione che non danneggiasse l’estetica del cupolone, ma da allora non c’erano stati più contatti con gli organi responsabili. Ora, di punto in bianco, avrebbe dovuto rinunciare a quella soluzione creando dal nulla un proprio impianto per una spesa prevista di 200 milioni di lire (senza peraltro garanzie di godere di un’analoga copertura, anzi con buone probabilità di una forte penalizzazione di illuminazione), che una Tv basata su pubblicità e volontariato non poteva permettersi.
Su La Stampa del 6 maggio 1979 è riportata anche una polemica politica seguita all’interpellanza di un esponente del Pdup in consiglio comunale in cui “reduce dall’audiovisione di una cronaca di Tbn in cui con opportuni ritocchi veniva risaltato il ruolo trionfante ed invincibile della dc, chiedeva l’ottemperanza immediata alla disposizione della Soprintendenza ai monumenti“. “Guarda caso“, aggiunsero a T.B.N., “due giorni dopo la risposta del Sindaco in Consiglio comunale ci è giunta la notifica dell’imposizione”.
A parte alcune voci di fusione tra T.B.N., Tele Novara e una terza emittente lombarda che non ebbero riscontro, la situazione rimase invariata fino alla fine di giugno 1979 quando Telebassonovarese gettò la spugna e smantellò i ripetitori, di fatto decretando la propria morte. Soluzioni alternative infatti, per quanto cercate, non se ne trovarono e, anzi, le difficoltà – ultima il rischio di perdita della sede che la diocesi intendeva affittare alla regione – aumentavano costantemente. Ancora alla fine dell’anno, don Zaccheo, pur non fornendo date, riferiva che si continuava a pensare a come risolvere la situazione. Ma lo stesso il 16 febbraio 1980, sempre dalle pagine de La Stampa, annunciava la chiusura definitiva: “Telebassonovarese ha i ripetitori spenti da metà luglio e non li riaccenderemo più. Consideriamo la nostra esperienza chiusa: la gente vuole gli strip le donne nude, ma quello non interessa a noi. E allora abbiamo smesso. Noi facevamo un notiziario cittadino abbastanza buono, cercavamo di dare dell’informazione locale. Questo però non basta, ci vogliono le trasmissioni, i programmi. E noi non abbiamo la possibilità di farli come ci piacerebbero, e come, probabilmente, non piacerebbero ai telespettatori, che preferiscono Happy Days“. Costi eccessivi, concorrenza di Rai, Tv estere e delle sempre più potenti televisioni interregionali avevano costretto il battagliero don Zaccheo a mettere fine all’avventura televisiva a cui aveva tanto creduto. (M.L. per NL)