Sono on-line due documentari prodotti dal regista veneto Lorenzo Pezzano sulla storia dell’emittenza televisiva privata.
Il primo (con Daniele Abate), denominato "Gli Antennati, il Veneto e la nascita della tv libera” e prodotto dalla Tunastudio, narra dell’avventura delle tv private in Veneto. Il secondo (con Barbara Iacampo), titolato "I televisionari – Quando in Italia la tv era libera", prodotto da Zeta Group per The History Channel/Fox Channels Italy, è frutto di una ricerca durata 6 anni ed è caratterizzato dalla voce narrante del giornalista Rai Vincenzo Mollica (a quel tempo giovane giornalista della toscana Tele Amiata), impreziosito da filmati originali Luce e da una lunga serie di interviste con personaggi dell’epoca. In tali contributi audiovisivi, si ripercorre il periodo storico tra gli anni ’60 e gli ’80: dalla nascita delle prime tv libere (via cavo) al consolidamento di imprese nazionali private in concorrenza con la RAI. I primi tentativi concreti di offrire un’alternativa al servizio tv pubblico partono a Torino nel 1959, grazie all’intraprendenza di Giovan Battista e Achille Judica Cordiglia, studenti universitari che, dalla cantina di casa e con un nulla osta temporaneo e condizionato del Ministero delle PP.TT, per un anno trasmettono a circuito chiuso un programma denominato Tch – Tv. I test proseguono poi a Napoli con Pietrangelo Gregorio, fondatore di Telediffusione Italiana cavo – Tele Napoli, che secondo quanto da lui dichiarato, avrebbe iniziato le trasmissioni nel 1966 (ma la datazione è controversa). L’ufficializzazione della nascita della tv libera (o privata) avviene tuttavia negli anni ’70, con i tentativi di infrangere il monopolio RAI di TeleBiella di Beppe Sacchi e le immagini del conseguente sequestro della stazione. Le storie raccontate si intrecciano ed il film commuove coloro che del periodo sono stati protagonisti. Nella girandola multicolore di gag e varia umanità sono raccontate, tra le altre, le vicende di Telesassuolo di Elvio Souzzi, di Itc – Indipendent Television Color di Palermo di Giuseppe Manzo, di ATR (che trasmette da una stanza della canonica i primi spogliarelli, con tanto di prete scandalizzato che stacca la corrente) e di Telenordest Cavo di Massimo Grandese, passando per le esperienze di Televenezia, di Telealtoveneto, di Teledolomiti e di Cst – Compagnia Televisiva Siciliana di Palermo. Iniziative spesso ludiche e pittoresche, che lasciano però spazio alla professionalità quando la romana GBR, nel 1978, filma con Velerio Leccese il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani. Le immagini dell’organizzata tv laziale fanno il giro del mondo favorendo la consacrazione dell’emittenza libera quale servizio informativo alternativo alla RAI. La svolta imprenditoriale maggiore giunge nel 1980, quando Silvio Berlusconi intacca il monopolio per la trasmissione tv su scala nazionale attraverso l’elusione del relativo divieto con la trasmissione in contemporanea di un unico programma preregistrato da parte di un consorzio di tv locali (cd. interconnessione funzionale) facenti riferimento ad un medesimo soggetto (il Cavaliere). Il regista Lorenzo Pezzano ha così commentato il documentario: "I Televisionari – Quando in Italia la tv era libera – racconta il periodo dalla fine degli anni ‘60, quando cominciarono a nascere le televisioni di quartiere, in molti casi con attrezzature costruite in casa, fino ai primi ‘80. Poche, perché i primi sistemi di videoregistrazione avevano costi molto alti, i nastri magnetici venivano riciclati decine di volte e il tempo ha deteriorato i pochi materiali rimasti, tant’è che abbiamo dovuto effettuare restauri all’estero. E comunque le televisioni via cavo hanno vissuto un periodo di tempo abbastanza limitato. Personaggi e storie che poi negli anni ‘80 non si sono più visti. Le televisioni di quartiere spesso collegavano non più di 3-4 palazzoni e davano voce agli abitanti. A Venezia c’è l’Isola della Giudecca, un quartiere costituito da case popolari che un tempo erano abitate principalmente da operai dell’area industriale di Porto Marghera, e una televisione vissuta per pochi mesi nel 1974 trasmetteva programmi realizzati da loro stessi. A metà degli anni ‘70 una sentenza aveva liberalizzato l’etere, dando via libera a radio e TV private. Sul finire del decennio, però, i costi di produzione aumentarono, la svolta commerciale sembrò inevitabile e già allora ci fu una prima scrematura, per cui le televisioni di quartiere nate da gruppi di studenti o semplici appassionati si trovarono a dover chiudere, cedendo poi gli impianti. Nei primi ‘80, la svolta fu l’arrivo dei grossi editori come Silvio Berlusconi, che consorziò le piccole emittenti per poi acquisirne una buona fetta. Da quel momento le cose non sono cambiate molto. Infatti gli eredi dei “televisionari” vanno ricercati in Rete, ci sono web-tv che danno spazio alle piccole comunità dal momento che nella televisione generalista a scarseggiare è proprio l’informazione, e il moltiplicasi dei canali sul digitale terrestre ha ulteriormente appiattito il panorama. Avevano il sogno di un’altra TV, e forse non tutto è andato perduto perché molti dei personaggi che diedero vita alle esperienze di cui parla il documentario hanno poi continuato a lavorare nel settore, quindi quell’eredità probabilmente è stata trasportata altrove. Iniziative molto particolari, e poi la televisione privata ha costituito la palestra per molti talenti. La televisione di Palermo, per esempio, guidata da Anna Maggio, una coraggiosa televisionaria della prima ora ha permesso a Ciprì e Maresco di realizzare i loro primi programmi. Questo documentario è un omaggio ai coraggiosi e intraprendenti “rivoluzionari del tubo catodico”. Artigiani del video che hanno trasformato soggiorni, cantine e garage in studi televisivi per sperimentare una televisione alternativa, di paese o di quartiere, realizzata da cittadini per i cittadini, dove, in un’epoca in cui tutti gli strumenti d’informazione erano patrimonio esclusivo della televisione di Stato, a tutti era data la possibilità di esprimersi. Dei veri pirati dell’etere. E’ senz’altro una versione meno digeribile per i non “addetti ai lavori”, causa la durata anomala (circa 70 minuti) e la gran quantità di interviste che contiene. Ma si trattava di un doveroso omaggio a tutte quelle persone che mi hanno fornito materiali di archivio o che si sono prestate a raccontare la loro esperienza, quindi ci tenevo a non lasciare fuori nessuno!". (R.R. per NL)