Storia della Radiotelevisione italiana. Calabria, 1975: Radio Brutia

Questa settimana raccontiamo la storia di Radio Brutia di Cosenza, una delle radio libere targate 1975 e prima sorta nella Calabria. Lo facciamo tramite l’appassionato e preciso ricordo che uno dei suoi fondatori, Claudio Altimari, ha inserito su Facebook.

Nel Maggio del 1975, quando con Franco Medaglia ed Enzo Spagnolo si pensò di aprire una Radio Libera, fu quasi un fatto naturale guardare, a questa creatura che doveva nascere, come ad una versione italiana di queste grandi stazioni dei mari del Nord. Oltretutto una Radio mi avrebbe consentito di “parlare” di musica a molta più gente di quanto avvenisse per strada, come facevo all’epoca. Nella mia famiglia, quando i miei genitori appresero la singolare iniziativa, mio padre disse testualmente: “è una cosa illegale, finirete tutti e tre in galera”. E alla chiusura, dovuta all’Escopost, replicò: “adesso verranno a prenderti”. E’ una antica amicizia quella che legava Enzo Spagnuolo e me. Eravamo in simbiosi, dai tempi della scuola e abitavamo a 300 metri l’uno dall’altro. Franco Medaglia lo abbiamo conosciuto insieme, intorno al 1969, in quanto proprietario della prima nastroteca di Cosenza, dove trascorrevamo interi pomeriggi. Franco Medaglia fu il promotore della prima nastroteca, in Via Idria ed il primo negozio di strumenti di Alta Fedeltà, l’Hi-Fi Center, in Via Alimena, dove,Enzo ed io,trascorrevamo le mattinate di “non scuola” ed i pomeriggi interi a registrare musicassette, mentre Franco andava in giro a curare altri suoi affari. Quando si parlò di Radio, primavera 75, ci si pose il problema di dove ubicare le attrezzature. Serviva una postazione in alto, in zona collinare, in quanto non era possibile installare un ripetitore. Si sarebbe trasmesso direttamente dalla base. Dopo alcune perlustrazioni, insieme al tecnico Gianfranco Farnesi, si decise che la posizione migliore fosse la cima della Contrada Muoio Piccolo, posta a 200 metri a nord dell’Acquedotto del Merone. Sul posto trovammo un rudere che venne rimesso quasi a nuovo, ma il problema principale era quello di realizzare una strada che conducesse alla sede. Da quella principale, caratterizzata da diversi tornanti, si giungeva sul promontorio dove non vi era altro che terra e fango. Bisognava rendere percorribile l’ultimo tratto,di circa 1 chilometro, fino alla sede della Radio. Servirono una decina di autocarri, con rimorchio, carichi di pietrisco, che scaricarono sul tratto interessato il materiale. Con il passaggio delle auto, la via divenne pianeggiante e quindi transitabile. All’interno della sede, opportunamente insonorizzata con dei pannelli in lana di vetro, c’era la sala di trasmissione dotata di un tavolo, realizzato appositamente con una particolare rientranza per favorire l’accesso immediato dello speaker al cospetto di tutte le apparecchiature. Sui lati del banco erano posti i giradischi, due piatti semiautomatici a puleggia della Kenwood, due registratori a cassetta, un registratore a bobine della Akai, 4 microfoni, il mixer e le cuffie. Il trasmettitore era pure alloggiato nella stessa stanza ,subito dietro la porta di ingresso della sala trasmissioni. Si trattava di un trasmettitore americano in uso sui carri armati, che fu acquistato al mercato americano di Livorno. Ad eccellere su tutta la strumentazione di bassa frequenza c’era il mixer, ad otto canali: un Power Acustic comprato a Parigi. Per l’acquisto del mixer, si partì, in auto, per la Francia. Al rientro, nei pressi della frontiera di Ventimiglia, sotto un forte temporale, non vedendo alcun addetto alla Dogana, lo Spagnuolo, che era alla guida in quel momento, pensò bene di non perdere altro tempo e tirò dritto senza fermarsi. Passando per Milano furono acquistati un centinaio di 45 giri, un paio di microfoni Sennhaiser e un’ antenna della Fracarro. Insomma, tutto era pronto per dare anima e corpo alla prima Radio Libera in Calabria. Dopo varie prove tecniche sostenute nei mesi di settembre, ottobre e novembre (il primo disco trasmesso in assoluto fu “Satisfaction” dei RollingRadio%20Brutia - Storia della Radiotelevisione italiana. Calabria, 1975: Radio Brutia Stones) la prima trasmissione si tenne domenica 30 Novembre 1975 alle 10,00. Ma il sabato successivo, 6 dicembre, alle 18,06 si presentò l’Escopost con l’ordine di sequestro. Sapevo che sarebbero arrivati, era questione di tempo, ma lo subii come un sopruso. Decisi allora di vendicarmi, nel mio piccolo. Durante l’inventario e la successiva sigillazione lasciai i microfoni aperti, facendo ascoltare ai radioascoltatori quello che stava avvenendo. Nel giro di una ventina di minuti, lungo il tragitto che conduceva alla sede, si radunò una moltitudine di autovetture. Era una folla di radioascoltatori. Ci furono scene di sonorissima disapprovazione. Infatti i nostri “fans” protestavano, molto vivacemente, per quello che stava accadendo. Gli ascoltatori non volevano che la loro “Radio Libera” subisse un torto del genere. In radio non era stato ancora allacciato il telefono e si usufruiva di quello dell’autoscuola della famiglia di Medaglia, mentre per la corrispondenza c’era una casella postale, ad entrambi giunsero migliaia di attestati di solidarietà. In attesa di essere processati, Franco Medaglia ed io, ci spostavano spesso in giro per l’Italia. Ricordo i 2 giorni che trascorremmo a Barletta, colà chiamati dai titolari di Radio Libera Barletta, che ci chiesero di sistemare la bassa frequenza e stilare un palinsesto per le prime settimane. Più frequenti furono i nostri viaggi a Firenze, in quanto colà abitava mio fratello Achille e la famiglia di Medaglia, che viveva a Poggio alla Croce, a sud di Firenze. Qualche volta si andava a Milano e, passando per l’Emilia, si ascoltava Radio Parma, prima radio libera italiana, che però trasmetteva solo per poche ore al giorno. Dopo essere stati processati, giunse il giorno della sentenza. Quella mattina – siamo nella prima decade del marzo del 1976 – il Giudice Quagliata si espresse con “assoluzione con formula piena”, perché “il fatto non sussiste”, sposando anche la tesi del nostro legale circa la “Carta dei diritti dell’uomo”. La sentenza non solo ci autorizzava a trasmettere in FM ma ci metteva anche in condizione di aprire ulteriori stazioni radio. C’è da aggiungere che fino ad allora, i pretori si limitavano a rinviare il tutto al giudizio della Corte Costituzionale. Quindi la nostra assoluzione con diritto a trasmettere fu così clamorosa che venne pubblicata sui vari quotidiani, quali Corriere della Sera, Tempo e Paese Sera, oltre a quotidiani locali quali Gazzetta del Sud e Giornale di Calabria. Successivamente comparvero articoli su giornali specializzati del settore HiFi, come “Stereo Play”. Dalla disattivazione erano trascorsi poco più di tre mesi e ricordo che, uscendo dalla Pretura dissi “Franco, sono stati 100 giorni, come quelli di Napoleone". Passata la bufera, sorsero altri interrogativi in merito alla sede, che risultava obiettivamente poco agevole. Inoltre, la Sip (la società per l’esercizio telefonico) era impossibilitata ad installare una cabina a tre chilometri di distanza per una sola utenza e questo sarebbe stato simile anche altrove. Bisognava insomma scendere in città e dotarsi di un ponte ripetitore. L’esborso economico fu sostenibile grazie alle prime campagne pubblicitarie, che permisero di compiere questo passo importante. Nel mese di giugno fu preso in affitto, a Commenda di Rende, in Via Kennedy, un ampio appartamento. L’abbandono della sede di Contrada Muoio Piccolo era previsto per settembre, ma un pomeriggio di fine giugno, si decise di effettuare il trasloco la notte stessa. E con l’aiuto di tutti, anche di alcuni affezionati radioascoltatori, si traghettò nella nuova sede. Radio%20Brutia%203 - Storia della Radiotelevisione italiana. Calabria, 1975: Radio BrutiaL’impresa risultò da subito faticosa per la mancanza di un ascensore che potesse fungere da montacarichi, ma le operazioni andarono comunque a buon fine. La radio venne montata in un giorno, e per le settimane successive erano ancora presenti su varie parti del corpo di alcuni di noi, gli effetti dei pannelli fono-assorbenti realizzati in lana di vetro. Il giorno successivo, venne acceso al Castello Svevo e in maniera totalmente abusiva il ponte ripetitore, è fu il caos assoluto. Il trasmettitore spazzolava su tutte le frequenze, ma grazie alla competenza del tecnico Farnesi, l’apparato entrò in pieno regime nell’arco di qualche ora dall’accensione. La postazione sul Castello,che dominava Cosenza, ebbe vita breve perché si levavano proteste che in un sito comunale fosse allocata una attrezzatura di una azienda privata. Il ponte radio fu trasferito a Lappano, sito individuato precedentemente. L’intenzione stimolante era quella di illuminare la zona del Tirreno cosentino ed individuare eventualmente una zona adatta per realizzare l’ impianto. La scelta cadde su Monte Cocuzzo, dove venne costruita la struttura al cui interno vennero collocate le apparecchiature, ivi compresa una piccola sala dove venne allocato il gruppo elettrogeno a gasolio, per le interruzioni Enel invernali. Il piazzale, distante un centinaio di metri dalla vetta, fu opportunamente recintato e nel suo perimetro, fu innalzato il traliccio dove vennero montate le antenne. Quella recinzione per fortuna, un giorno si rivelò davvero provvidenziale: durante i lavori, un addetto perse l’equilibrio per una forte raffica di vento e cadde sulle maglie della rete, evitando così di rovinare sui costoni rocciosi. In un primo momento, le antenne montate con un sistema a 360° non sortivano l’effetto desiderato, anche se il bacino di utenza era piuttosto generoso, bisognò quindi intensificare il segnale, con delle apposite antenne direttive che avevano un maggiore guadagno nell’irradiazione. Quello che ne scaturì, venne letto sugli strumenti dei sintonizzatori con la lancetta dei Vu-Meters sempre a fondo scala. La redazione di trasmissione era composta da Claudio Altimari, Enzo Spagnuolo, Enzo Dimizio, Enzo Penzo, Rossella Batacchi, Franco Medaglia, Rossella Gaudio,Gaetano Miraglia, -Mario Zicari, Michele D’Orrico, Gianfranco Belmonte,Tony Caridi, Elio Giacobini, Antonio Chiappetta e Raffaele Borretti. Offrivano anche la propria preziosa collaborazione Franco Ariani (settimanale dedicato ai motori a 2 ruote), Carmelo Colonna e Angelo Lombardi (un settimanale di intrattenimento) e Ettore Pasqua (che registrava il notturno con mezzi propri). Diventava allora importante la realizzazione di un buon palinsesto. Radio%20Brutia%204 - Storia della Radiotelevisione italiana. Calabria, 1975: Radio BrutiaA tal proposito bisogna fare una premessa importante: nel cuore degli anni sessanta, i ragazzi che ascoltavano la musica, erano quasi tutti sintonizzati sulle frequenze delle già citate radio off-shore. Per un giovane che amasse la musica rock erano il vangelo, anche se in fondo l’impostazione tipica e il groove dei d. j. americani poco si accostava alla mia sensibilità. Io pensavo che il format di riferimento fossero, quindi, le Radio del Nord. Tranne per i programmi di musica “colta", ove il riferimento doveva essere la BBC, però con l’apertura totale ad una musica di più ampio respiro, ed in parte i programmi specializzati della Rai. Da quel mix nacque un prodotto che non aveva altri punti di riferimento se non i propri. Radio Bruzia divenne un’emittente con un mattino di “servizio” (come accade ancora oggi, nelle grande maggioranza delle radio in attività), ove molto spazio veniva riservato alle notizie e agli approfondimenti. Ed un pomeriggio, dalle 15,00 in poi, che presentava una lunga fascia dedicata ai giovani con un target orientato in chiave rock–country–progressive-folk. Ed infatti si susseguivano,nel corso del pomeriggio, Altimari, Giacobini, e D’Orrico La programmazione serale prevedeva i famosi notturni, fino a notte inoltrata, curati da Franco Medaglia. Al termine delle trasmissioni in voce, partiva un sistema automatico fino al mattino. L’unico programma che piegò la volontà dello staff di Radio Bruzia, che alla fine dovette cedere alle insistenze di centinaia di persone che telefonavano in ogni ora del giorno, era quello delle dediche. Del resto era difficile opporsi ad una così ben chiara legge di mercato. “C’era una volta il Rock”, il mio programma, assumeva già dal titolo, una connotazione provocatoria, anche se in pochissimi avevano colto questo significato. Il messaggio era fin troppo chiaro, sincero e radicale. Si era a metà degli anni settanta ed il rock, a mio giudizio, aveva esaurito, da tempo ormai, la propria spinta propulsiva. Quello che di espressivo aveva, quello che fosse giusto conservare negli annali della musica, era stato già scritto e conservato. Come target del mio programma, pensai subito a una continuazione di “Per voi giovani” (edizione con Paolo Giaccio) e “Pop off “ (edizione con Raffaele Cascone), con il recupero dell’intero periodo beat, blues, revival e del pop dell’epoca. Il programma partiva,infatti,dai primordi, dal 63, dal beat e giungeva fino al progressive del 1975. La programmazione giornaliera nella fascia dalle 15,00 alle 16,30, rigorosamente in diretta e “a braccio”, si avvaleva della traduzione dei brani trasmessi (tutti senza interruzioni di sorta) e spesso vi erano interviste raccolte per strada, davanti le scuole, i cinema o altri luoghi giovanili. Alle volte venivano invitati in studio giovani per discutere di musica e di problematiche giovanili, quali la riforma della scuola, i rapporti familiari, la solitudine metropolitana, in una parola “l’Universo giovanile”. La musica partiva dai pallidi anni 50 (rock cosidetto bianco) passando per il beat (al quale dedicavo grandissimo rilievo), fino al pop compiuto, a partire dal 1967. Un pomeriggio di tarda primavera, durante un programma dove si chiedeva espressamente ai radio ascoltatori da quale luogo in quel momento stessero ascoltando la radio, arrivò una telefonata che ebbe del sensazionale. Negli studi di Radio Bruzia in Via Kennedy, c’erano Claudio Altimari, Michele D’Orrico, Elio Giacobini, Franco Medaglia, ed Enzo Dimizio. Dall’altra capo del filo una voce disse: “vi sento meglio della Rai, chiamo da Sezze Romano”. Radio%20Brutia%205 - Storia della Radiotelevisione italiana. Calabria, 1975: Radio BrutiaCi fu un momento di bianco, poi dalla radio qualcuno aggiunse: “può ripetere per favore, da dove chiama? “Vi ascolto da Sezze Romano, Latina”. Michele D’Orrico, per lo stupore, sprofondò nella sedia, perché apprendere quella notizia fu semplicemente sensazionale ! Un giorno invece nella vecchia sede, capitò di supplire l’assenza di uno speaker e davanti al microfono si ritrovarono Enzo Penzo, Claudio Altimari ,Enzo Dimizio e, se la memoria non mi inganna, forse anche Michele D’orrico. Lo slogan lanciato sul nascere, era “quattro matti al microfono”. Ne venne fuori un programma davvero esilarante, una specie di autentica commedia radiofonica. Ad un tratto, per alcune precise esigenze di “copione”, si dovette procurare una “voce fuori campo” e più precisamente, il ragliare di un asino. Dall’estro fantasioso di Enzo Penzo, nacque l’idea di farsi prestare un ciuco dal proprietario dello stabile, un gentile contadino che mise a disposizione il quadrupede. L’animale venne condotto sulle scale che salivano allo studio di emissione e una volta entrato, incominciò a ragliare al comando di Enzo Penzo che sembrava,realmente,un domatore del Circo Togni. Non vi fu in effetti, reazione più reale e veritiera. Non paghi, Di Mizio volle contribuire con due secchi d’acqua scaricati sulle pareti, a rendere certamente credibile un vecchio proverbio che recitava: "è tempo perso, è come lavare un asino”. Dulcis in fundo, si presentò esterrefatto Franco Medaglia, che nel frattempo si era sintonizzato,il quale voleva incazzarsi ma rideva come un matto (il V° matto). Ci fu invece un episodio che mi portò bruscamente ad allontanarmi da Radio Bruzia. Una sera d’estate ascoltando la radio, mi accorse che delle persone non autorizzate stavano programmando i miei dischi, dei vinili custoditi in un armadio che destino volle, rimase aperto. Telefonai, dall’altra parte raccolse la chiamata Medaglia che pregai di preservare i mie dischi (dischi di proprietà). Ma Franco non diede la giusta importanza alle mie richieste per cui, poco più tardi, mi presentai negli studi. I presenti furono invitati a rimettere al loro posto gli album e a lasciare la postazione. La cosa sembrava finita lì invece,il giorno successivo, ci fu una vivace discussione con conseguente sbattere di porta da parte mia. Ma i rapporti con Spagnuolo e Medaglia continuarono sul piano personale al punto che, dopo gli insistiti inviti dei due, in un piovoso ottobre ci fu il ritorno a "casa”. A parte qualche umana incomprensione, il momento più duro è sicuramente quello legato alla vendita dell’emittente. Mi trovavo a Firenze, quando Franco Medaglia durante la cena, al “Cantinone del Gallo Nero”, mi informò su tale decisione. Ritornando dalla Toscana dopo circa due settimane, con Enzo Spagnolo mi recai in Radio. Lo scenario fu impressionante: degli studi e delle apparecchiature ormai non vi era più traccia e quello che rimaneva alla vista, era un disordine impressionante. Carte, buste e frammenti di dischi erano sparsi un po’ dovunque, era terribile. Il vecchio rocker si commosse, ma anche al “duro” Spagnuolo scesero alcune lacrime, lungo le guance. Conservo di Radio Bruzia 1 dei due piatti Kenwood delle origini, il primo Teac A-6300 Autoreverse (a bobine), 1 Teac A-3300 (a bobine) – La Sigla originale del mio programma, che ho conservato, adoperandone una copia rimasterizzata su Cd da Osvaldo Morisco (bontà sua). Ho ancora la tessera personale, la carta intestata col logo di Radio Bruzia, alcune foto dei giorni prima dell’apertura, del giorno stesso di inizio trasmissioni e alcune dei cosidetti “ultimi fuochi”. Poi, da qualche parte, in un armadio a muro, so esservi degli Specials, da 2 ore ciascuno, su: Rolling Stones, Animals, Yardbirds, Fleetwood Mac (quelli delle origini, naturalmente, non quelli “americani”), Colosseum, Moody Blues, Procol Harum, Doors, Cat Stevens, David Bowie, Jim Croce, Otis Redding, Janis Joplin, Bruce Springsteen e qualche altro che non ricordo. Uno di questi giorni dovrò tirarli fuori, con l’aiuto del buon Morisco. Così terminò un’avventura che abbiamo vissuto, tra vecchi amici, con passione e goliardia. La Radio, come strumento di puro divertimento e informazione musicale, stava svoltando verso il professionismo. Eravamo naif, non credo ci piacesse questo futuro. Credo che, inconsciamente, abbiamo lasciato che la nostra creatura morisse. O meglio, si spegnesse. In un assopirsi di luci! – Claudio Altimari”. (R.R. per NL)

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