Storia della Radiotelevisione italiana. 1976, gli enti esponenziali testano la consistenza di un mercato radiofonico in nuce ma già in difficoltà

Nel 1976 la FRED (Federazione Radio Emittenti Democratiche) – associazione che rappresentava oltre 120 radio che, di norma, non facevano parte dell’altro ente associativo, ANTI (Associazione Nazionale Teleradio Indipendenti) – intendeva costituire un archivio il più possibile aggiornato delle emittenti associate, ma i problemi che si ponevano erano molteplici.

Essi spaziavano dai problemi giuridici (utilizzo delle frequenze, diritto d’autore, inquadramento delle collaborazioni) a quelli tecnici (potenze di trasmissione, utilizzo di ripetitori, reperimento di strumentazione), dalla normalizzazione dei formati di registrazione per poter attuare una “banca dei programmi” alla conoscenza tecnica delle apparecchiature di alta e bassa frequenza per poter approntare un vademecum tecnico e di manutenzione. Per questi ed altri motivi il 4 febbraio 1976 ad ogni singola stazione fu inviato uno schema nel quale si richiedeva la descrizione tecnico-anagrafica della stazione (nome della radio, indirizzo, numero telefonico, potenza in uscita e lunghezza d’onda di trasmissione, tipo di marca di tutte le apparecchiature di alta e bassa frequenza), la natura editoriale (numero dei componenti e dei collaboratori a tempo pieno o parziale, tipo di attribuzione), il costo di gestione mensile (ovvero le spese vive, la percentuale coperta dalle entrate pubblicitarie, il tempo complessivo), la giornata tipo di trasmissione. Ma il fenomeno delle radio libere coinvolgeva da vicino anche il settore musicale e per questo motivo nel marzo 1976 un’inchiesta sulle stazioni trasmittenti in Italia venne realizzata anche dalla rivista discografica “Musica e Dischi” di Milano tramite un questionario inviato ad ogni singola emittente, sul cui riscontro non vi sono tuttavia particolari informazioni. studio%20radiofonico%201976 - Storia della Radiotelevisione italiana. 1976, gli enti esponenziali testano la consistenza di un mercato radiofonico in nuce ma già in difficoltàAll’indomani dell’assemblea costitutiva della FRED del 21 e 22 febbraio 1976 (già discussa in una precedente puntata di questa rubrica) il 27 e 28 marzo 1976 ebbe luogo a Firenze un convegno (con la partecipazione di sindacati dei lavoratori, dell’Arci e della Rai Toscana) vertente sulle imminenti elezioni politiche. L’11 aprile 1976 un’ulteriore assemblea di Firenze propose, invece, il finanziamento della FRED tramite il versamento del 2% delle entrate pubblicitarie: soluzione che, come prevedibile, non incontrò un grande consenso. Il 13 maggio 1976 all’interno della FRED fu costituito il “Gruppo Nastri” che si prefiggeva la produzione e la distribuzione di 16 nastri a cassetta al mese ad ogni singola emittente aderente all’associazione (questo il listino: 30 minuti da 4.000 a 6.000 lire, 60 minuti da 5.000 a 7.500 lire, 90 minuti da 6.000 a 9.000 lire) che avrebbe corrisposto una percentuale dal 6 al 30% a coloro che fornivano le produzioni. Nel settembre 1976 l’ANTI, in rappresentanza di 50 televisioni e 400 radio, tramite il suo segretario Eugenio Porta, siglò con la SIAE un accordo per la regolamentazione dei diritti musicali di trasmissione delle emittenti radiotelevisive italiane che prevedeva un forfait giornaliero basato sulle ore di trasmissione (per 4 ore di musica 15.000 lire, per 8 ore 30.000, per 12 ore 50.000, fino al massimo di 16 ore per 100.000 lire). In pratica, ogni stazione doveva pagare un mensile tra il mezzo milione e i tre milioni di lire, una cifra insostenibile per la maggior parte delle emittenti che fino a quella data erano sopravvissute grazie al lavoro di volontari che si autotassavano. La norma all’evidenza sfavoriva in misura maggiore le stazioni più impegnate che spesso trascuravano l’aspetto commerciale in favore di quello culturale. Il 10 ottobre 1976 in un’assemblea a Carrara l’ANTI illustrò nel dettaglio le imposizioni che si erano dovute accettare per evitare di finire fuori legge, ma dovette prendere atto che il contratto SIAE avrebbe velocemente annientato la radiofonia non profit permettendo la sopravvivenza solo delle stazioni meglio organizzate sul piano commerciale, di fatto svilendo l’obiettivo pluralistico della recentissima sentenza 202/1976 della Consulta, consigliando quindi di risolvere anzitempo l’accordo definito. Sabato 25 e domenica 26 settembre 1976 in una riunione nazionale della FRED presieduta da Pio Baldelli presso la libreria "Uscita" di Roma – confermata poi nei consessi di Bologna (ottobre 1976) e di Roma (12 e 13 novembre 1976) – furono avanzate una serie di proposte per favorire la crescita o il consolidamento della radio comunitarie tra cui quella di suddividere il canone anche con le emittenti private invece di riservarlo alla Rai. Le radio libere si sentivano sotto attacco in una sorta di reazione elusiva del governo verso il contenuto della sentenza liberatoria della Corte Costituzionale. Il 3 dicembre 1976 Vittorino Colombo, ministro del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, firmò il “Piano nazionale delle radiofrequenze”: per le radio locali la fetta di etere a disposizione in FM fu assai ristretta e compresa fra gli 87,500 e i 104,000 MHz. In questo spazio potevano operare contemporaneamente 82 radio. Iniziò così la lunga fase repressiva delle emissioni da 104,000 a 108,000 MHz, la cui conclusione è sotto le orecchie di tutti. (R.R. per NL)

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