Cosa c’era di meglio dello specchietto di un nuovo censimento impianti FM per attirare l’attenzione di tutti i radiofonici?
Ovviamente non si trattava di un censimento che avrebbe assegnato nuovi diritti soggettivi, come nel caso di quello ex art. 32 L. 223/1990, ma di un mero accatastamento degli impianti che non avrebbe attribuito maggiori diritti o interessi legittimi di quanti ciascuno già non avesse.
Ma i più furbi dei furbi hanno pensato ad una nuova corsa all’oro.
Beninteso, il Catasto FM (delibera 235/16/CONS) era un obbligo pieno, a cui ottemperare in ogni caso, anche senza secondi fini speculativi (peraltro, appunto, inesistenti).
Però era una splendida occasione per lo Stato per stanare dal buco i non pagatori di canoni.
Marchingegno che, all’evidenza, ha perfettamente funzionato, posto che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, a seguito dell’esame dei dati dei propri sistemi informativi, sta accertando tra le emittenti che hanno provveduto ai sensi della delibera 235/16/CONS alla comunicazione dei dati tecnici ed amministrativi degli impianti FM in esercizio (catasto impianti FM) – con ciò attestando la condizione di soggetto esercente l’attività di radiodiffusione sonora – quelle che non hanno provveduto, ai sensi dell’art. 1 del D.M. 23/10/2000 del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, alla corresponsione del canone annuale di concessione.
Diffidandoli a farlo entro 10 giorni.