ROMA – ‘Leggere attentamente le avvertenze, il prodotto potrebbe avere effetti collaterali … contattare il medico … tenere fuori dalla portata dei bambini’. Gli spot sui farmaci imperversano su radio e tv, ma se per cantare le lodi del nuovo analgesico o anti-raffreddore si impiegano dai 22 ai 27 secondi e per avvertire il cittadino dei ‘pericoli’ legati al farmaco solo dai 3 agli 8 secondi, allora qualcosa non va. Se ne é accorto il ministro della Salute Livia Turco (foto) che, con un decreto ad hoc, ha detto basta agli spot sui farmaci audio e tv ‘superveloci’ e incomprensibili.
Il ministro l’ha definita “compressione fonica”: si tratta di quello strano fenomeno per cui, giunti al punto in cui lo speaker elenca le avvertenze relative al farmaco, improvvisamente la velocità del discorso aumenta in modo esponenziale ed il tono si fa più basso. Risultato: un ‘ma cosa ha detto?’ da parte del cittadino-ascoltatore, per il quale stare dietro allo speaker-velocista è un’impresa davvero troppo ardua. Così Livia Turco ha deciso di intervenire, con un bel giro di vite: i comunicati promozionali dei farmaci (quelli di automedicazione e senza obbligo di prescrizione medica) su radio e tv, afferma il ministro, dovranno scandire con parole chiare e udibili le avvertenze mediche relative al farmaco pubblicizzato ed è vietata la ‘compressione fonica’ delle avvertenze di carattere sanitario, “al fine di rendere più chiara e comprensibile a tutti proprio quella parte che spesso viene letta troppo in fretta e con toni più bassi”. Ed ancora: le avvertenze, si legge nel decreto del 18 luglio pubblicato lunedi’ in gazzetta ufficiale, “devono essere lette alla stessa velocità delle restanti frasi a carattere pubblicitario”. Emittenti e pubblicitari sono avvertiti: avranno ora 15 giorni per correre ai ripari (le norme entreranno in vigore dal 22 agosto), altrimenti interverranno i carabinieri della sanità Nas con sanzioni amministrative pecuniarie.
‘Finalmente!’, sia pure con dei distinguo, è il commento delle associazioni dei consumatori. Il Codacons, ad esempio, mira più in alto: “Avrebbe fatto bene il ministro Turco – afferma il presidente Carlo Rienzi – a vietare totalmente le pubblicità radio e tv dei medicinali, in quanto questi sono sempre pericolosi. Non vorremmo che questa innovazione finisca per avvantaggiare solo le emittenti, grazie agli allungamenti degli spot e ai maggiori incassi”. Invoca maggiore chiarezza negli spot sui farmaci “dall’inizio alla fine” il Movimento comsumatori, mentre Cittadinanzattiva chiede che anche le prescrizioni dei medici siano più comprensibili al fine di evitare errori. E sotto accusa, da parte delle associazioni, sono anche le immagini ingannevoli e che inducono a pensare ad effetti ‘miracolosi’ dei farmaci: come nel caso di spot in cui i protagonisti vanno in piscina, fanno sport o escono di casa sfidando le intemperie subito dopo aver preso il medicinale contro il raffreddore o l’influenza. Insomma, bene ha fatto il ministro, ma forse, è il messaggio delle associazioni, una stretta di cinghia ancora maggiore non guasterebbe.
E cosa dicono i pubblicitari? Alle strette, non possono che ammetterlo: La ragione di tutto sta solo nelle leggi di mercato. E se si pensa che il lancio di un prodotto con uno spot di 30 secondi può costare all’azienda anche 500.000 euro (per un pacchetto di 7 passaggi quotidiani nella fascia oraria serale, la più seguita), è allora facile intuire perché si preferisca impiegare i preziosi secondi a tessere le lodi del prodotto di turno piuttosto che a mettere in guardia dai suoi possibili effetti indesiderati.