Steroidi in vendita su MySpace

La notizia è ufficiale: il commercio illegale colpisce anche i siti di social-networking


Chi pensava che gli steroidi si vendessero solo nelle palestre e nei relativi spogliatoi dovrà ricredersi. Purtroppo il fenomeno sembra essere cresciuto di molto, sbarcando anche su Internet, in particolare nei siti di social-networking come MySpace. La notizia arriva dagli Stati Uniti, dove le autorità hanno richiamato l’attenzione generale, soprattutto dei genitori, sul problema, che è naturalmente diventato immediatamente una ragionevole preoccupazione, derivata dalla facilità con la quale adolescenti e preadolescenti avrebbero facile accesso alla rete. L’F.B.I. avrebbe effettuato 120 arresti tra i quali ci sarebbero personaggi pericolosi per il mercato online incriminato. I casi più eclatanti arrivano dal Connecticut, dove cinque sospettati sarebbero stati colti con le mani nel sacco, trafficando anabolizzanti e steroidi attraverso MySpace, registrandosi con identità ambigue; e ancora dalla Florida, dove quattro uomini di mezz’età avrebbero venduto polvere grezza di steroidi importata dalla Cina, sempre attraverso lo portale della rete; un altro esempio dall’Arizona, dove una ragazza di 27 anni, che ha pubblicato nella sua home page di MySpace lo spot “If you’re looking for genuine steroids, you’re in the right place” (trad. “se cerchi steroidi naturali, ti trovi nel posto giusto”), con la dichiarata intenzione di vendere steroidi, avrebbe nella lista di amici una studentessa di soli sedici anni (ogni profilo di MySpace è caratterizzato da una lista di amici con la quale rimanere in contatto in modo “privilegiato”, ndr).
Il gruppo di legali che sta seguendo le vicende si è dichiarato preoccupato proprio perché è stata, ancora una volta, considerate letteralmente impressionante, la facilità con la quale anche i più giovani possono avere accesso a qualunque tipo di informazione, contenuto o prodotto nella rete. L’intento, sebbene provocatorio, non è quello però di additare i siti di social networking, ma, piuttosto, di allarmare i genitori degli interessati ad attivarsi con misure d’attenzione maggiori. Non a caso uno dei legali in questione si sarebbe proclamato addirittura favorevole, per casi estremi, ad effettuare quelle che lui stesso ha ribattezzato “wake-up call” (una sorta di chiamata per “svegliare” il genitore e rischiarne l’attenzione perduta). Del resto, per essere efficaci non ci si può sempre formalizzare. (Marco Menoncello per NL)

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