Starnazzi & rendite fuori tempo

Quello che è successo in Piemonte si sta riproponendo nel Lazio, dove, dopo lo switch-off, alle tv locali viene presentato il conto. Che, come previsto, è salato.

Strillavano, l’altro ieri, al Corecom Lazio, le maggiori tv locali, spennate dalle nuove merci digitali di RAI e Mediaset, preannunciate vincitrici della migrazione tecnologica. Disdegnate da inserzionisti ai quali possono solo presentare dati d’ascolto deludenti, le tv locali lacrimano. Ma, dimostrando di aver, per l’ennesima volta, preso led per lanterne, sostengono che è tutta colpa dei numeri LCN. A parte la colpevole tardività del piagnucolio (dov’erano le loro sbraitanti organizzazioni quando, ben tre anni fa, lanciavamo i primi allarmi sulla questione LCN?), va detto che l’inchiappettata numerica ha solo accelerato un processo che, date le premesse, appariva in ogni caso inevitabile. Difatti il problema non è solo quello di riscrivere la lista dei canali per conto dell’utente, quanto di dargli quel contenuto aggiunto che egli richiede. Il corteggiatissimo telespettatore non si fa certamente rapire da televendite, maghetti o donnine slacciate col telefono in mano (o forse da quelle sì, ma in formato integrale, incompatibile col free to air). Parrà banale, ma su scala locale per sopravvivere alla competizione digitale occorre puntare sull’informazione e sui contenuti tematici, unici territori dove la concorrenza dei grandi operatori è sostanzialmente inesistente e il potenziale di crescita, collegato ad una richiesta quasi completamente insoddisfatta, è molto interessante. Occorre farsene una ragione: è finita l’era della rendita da telecomando e dell’affitto della tv vetrina. Per restare sul mercato non basta avere un LCN il più basso possibile, peraltro dopo aver fatto, dalla condizione di pecora, scellerati patti col leone. Occorre, senza perdere ulteriore tempo, aprire alla tecnologia web (tv on demand e podcasting in primis) dove, con intelligenza e creatività più che col grano, si può combattere ad armi pari coi superplayer (lì non è questione di qualità delle frequenze e di numero di impianti) e crearsi un’identità contenutistica. Ma vera.

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