Stampa. Cassazione: obbligatorio pubblicare gratuitamente rettifica richiesta da chi vuole ristabilita verità fatti, anche quando pubblicazione originaria sia stata legittima

Ha diritto ad ottenere la pubblicazione di una rettifica sui giornali chi, inizialmente indagato, vede finire con un’archiviazione le indagini a suo carico.

La Suprema Corte, nel decidere una vicenda riguardante la pubblicazione (nell’aprile del 1993) di articoli riguardanti fatti di corruzione/concussione nei rapporti fra sanità pubblica e privata, con sentenza del 24 novembre 2010 n. 23835 ha colto l’occasione per esprimere alcuni principi di diritto in merito all’applicazione ed alla portata dell’art. 8 della Legge n. 47/1948 sulla stampa ed, in particolare, con riguardo al diritto di rettifica. Con il ricorso in Cassazione proposto, il soggetto interessato a vedere pubblicata la rettifica, conseguente all’archiviazione delle indagini a suo carico, impugnava la sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva rigettato le domande di risarcimento danni per diffamazione e quella riguardante, appunto, il diritto alla pubblicazione della rettifica. Nello specifico, la Corte di merito ha ritenuto giustificata la mancata rettifica sostenendo che i responsabili delle pubblicazioni non erano obbligati a procedervi, dato che le pubblicazioni medesime, che si chiedeva di rettificare, erano avvenute del tutto lecitamente, essendosi attenute alla realtà dei fatti così come all’epoca degli articoli si presentavano. Il ricorrente lamentava , fra l’altro, avanti alla Corte di Cassazione proprio tale interpretazione data dalla Corte Napoletana, ossia la legittimità da parte dei responsabili di non avere pubblicato la rettifica delle precedenti notizie, sebbene espressamente richiesta, dopo l’archiviazione del procedimento penale a suo carico. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata tale doglianza ed ha quindi chiarito che l’art. 8 della Legge n. 47/1948 sulla stampa impone al responsabile del periodico di pubblicare gratuitamente le rettifiche dei soggetti “(…) ai quali siano stati attribuiti atti (…) da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché …. le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale”, e sempre che siano contenute entro i limiti di spazio di cui al comma 4° dell’art. 8 della Legge sulla stampa. Si tratta dunque, secondo la Suprema Corte, di un vero e proprio diritto alla rettifica che la legge attribuisce al soggetto interessato. Nessuna discrezionalità è dunque ammissibile da parte del direttore del mezzo di stampa che, quindi, deve limitarsi a pubblicare la rettifica in tutti i casi in cui ne ricorrano i presupposti, con le sole eccezioni stabilite dalla legge stessa, ossia il contenuto penalmente illecito della rettifica ed i limiti di spazio di cui al comma 4° dell’art. 8 della Legge sulla stampa (ossia “le rettifiche (…) devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate”). Infine la Corte di Cassazione ha espresso il principio di diritto secondo cui “L’accertata liceità della pubblicazione della notizia di cui si chiede la rettifica – trattandosi di notizia rispondente alle conoscenze acquisite fino a quel momento e ricorrendo gli estremi del diritto di cronaca – non fa venir meno l’obbligo di pubblicare la rettifica dell’interessato, qualora la relativa domanda sia diretta a far valere l’avvenuto accertamento dei fatti in termini diversi da quelli in precedenza pubblicati, dovendo la verità reale prevalere sulla verità putativa”. La sentenza impugnata è stata dunque cassata sul punto con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che dovrà decidere la causa nel merito uniformandosi ai suddetti principi espressi dalla Suprema Corte di legittimità. (D.A. per NL)
 

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