Come cambiano i consumi mediatici nell’anno della crisi. Lo spiega il Censis nella sezione Comunicazione e media del 43° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2009.
In pochi anni si è compiuta una vera e propria rivoluzione nel sistema dei media, e la crisi attuale ha ulteriormente accelerato il processo di trasformazione già in corso. La televisione, che nel 2001 raggiungeva già il 95,8% degli italiani, oggi si attesta al 97,8%. La Tv satellitare passa dal 27,3% del 2007 al 35,4% di utenti nel 2009 e il peso delle altre forme di Tv, che pochi anni fa non esistevano, non è affatto trascurabile: il digitale terrestre ha il 28% di utenza (benché lo switch off del segnale analogico abbia riguardato finora solo alcune porzioni del territorio nazionale) e la web Tv il 15,2% (ma la Tv su Internet è seguita dal 41,3% dei giovani tra 14 e 29 anni). Il trionfo della televisione non ha messo in crisi la radio, che ha visto crescere il suo pubblico (dal 68,8% del 2001 all’81,2% nel 2009), che ora l’ascolta spesso anche dai lettori mp3 (18,6%), da Internet (8,3%) o dal telefonino (8,1%). In sofferenza la carta stampata: quotidiani a pagamento al 54,8%, free press al 35,7%, settimanali al 26,1%, mensili al 18,6%. L’uso del cellulare si attesta all’85%, ma va legata all’effetto della crisi la contrazione dell’uso di smartphone (-15,8%) e videofonini (-7,2%) registrata negli ultimi due anni, per risparmiare sui costosissimi servizi wap, compensata però dall’incremento dei consumi basic del cellulare (+21,7%). Il tasso di penetrazione di Internet è del 47%, ma il web rimane ancora uno strumento a cui hanno accesso prevalentemente i giovani (80,7%) e le persone con titolo di studio più alto (67,2%). Il pluralismo dei mezzi avanza, dunque, ma il digital divide continua a spezzare in due l’Italia.
In bilico tra digital divide e press divide
Gli italiani che nel 2009 hanno superato la soglia del digital divide sono il 48,7% del totale, comprendendo anche quanti hanno un rapporto occasionale con la rete: molto meglio del 29% del 2006, ma sempre meno della metà della popolazione complessiva. Il secondo campanello d’allarme riguarda il ruolo sempre più marginale dei media a stampa, fenomeno che si può indicare come press divide. Le persone estranee all’uso dei mezzi a stampa sono aumentate dal 33,9% del 2006 al 39,3% nel 2009 (+5,4%). Quindi, più della metà della popolazione italiana si colloca al di sotto della soglia del digital divide, più di un terzo al di sotto della soglia del press divide, più di un quarto non conosce alternative alla televisione.
Il pluralismo delle fonti: un processo ancora incompiuto
Il dominio della televisione tradizionale appare netto e incontrastato quando si valuta l’efficacia attribuita ai media in relazione al bisogno di informarsi sull’attualità politica. Non solo perché il 59,1% degli italiani preferisce affidarsi alla Tv, con punte che raggiungono il 63,1% tra i soggetti meno istruiti e il 67,7% tra gli anziani, quanto per il distacco rispetto agli altri media. Specialmente i quotidiani acquistati in edicola, che si attestano al 30,5% e conquistano la fiducia solo del 39,5% anche delle persone più acculturate. Le emittenti Tv all news si collocano al 10,2%, la radio si accredita appena con il 9,3% (il 12,5% tra i più istruiti), i portali Internet non superano il 7% (solo tra i giovani raggiungono il 16,5%). Se si passa nel campo della cronaca, il pluralismo delle fonti appare ancora più ristretto. Alle emittenti televisive tradizionali si rivolge il 72,4% degli italiani (addirittura l’81,4% degli anziani), i quotidiani si attestano al 33% e le Tv all news, i portali Internet e le radio oscillano tra il 10% e l’11%, battuti dal televideo, di cui viene riconosciuta l’efficacia dal 15,3% del pubblico.
Cosa rimane oltre la Tv nella comunicazione politica?
Quando si tratta di scegliere per chi votare, gli italiani si informano principalmente attraverso i telegiornali (69,3%), come è emerso in occasione delle elezioni del giugno scorso. Al secondo posto si collocano i programmi giornalistici televisivi di approfondimento (come «Porta a porta» di RaiUno o «Matrix» di Canale 5) con il 30,6% delle preferenze. Si tratta soprattutto delle persone più istruite (il dato sale, in questo caso, al 37%), mentre i giovani risultano meno coinvolti da questo format televisivo (il 22,3% nella classe d’età 18-29 anni). Ai quotidiani si rivolge il 25,4% degli italiani prossimi al voto, quota che arriva al 34% tra i soggetti più scolarizzati e raggiunge il 35% tra i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. I canali Tv all news contano per il 6,6% degli italiani maggiorenni, soprattutto maschi (9,3%) e più istruiti (10,2%); i programmi radiofonici hanno importanza nel 5,5% dei casi; i siti Internet dei partiti nel 2,3%; i blog, i forum di discussione o i gruppi su Facebook non incidono per più del 2,1% dei casi (tra i giovani il web assume appena un po’ più di rilevanza, visto che i siti dei partiti arrivano al 6% e i blog al 4,7%). In particolare, i Tg sono la principale fonte di informazione in base alla quale scegliere per chi votare per il 76% dei soggetti meno istruiti, il 74,1% delle casalinghe, il 78,7% dei pensionati e l’81,8% degli anziani. Questi dati assumono maggiore importanza se si considera che solo il 27% dei cittadini dichiarava di sapere esattamente per chi votare prima delle elezioni. Il 40,4% non aveva ancora scelto definitivamente il partito (le informazioni servivano, in questo caso, per prendere una decisione finale), mentre il 32,6% era indeciso sulla partecipazione stessa al voto.
Le chiavi del successo dei social network
Sono 19,8 milioni gli italiani che hanno confidenza con almeno uno dei tanti social network esistenti. La conoscenza di Facebook e YouTube è massima tra i giovani di 14-29 anni (il 90,3% e l’89,2% rispettivamente), risulta elevata tra gli adulti (il 64,2% e il 64%) e scende notevolmente solo tra gli anziani (il 24,6% e il 22,9%), tra i quali è l’uso ad essere praticamente nullo (intorno all’1,5%). Più della metà dei giovani, invece, utilizza Facebook (56,8%) e più di due terzi YouTube (67,8%), e non è trascurabile l’impiego di YouTube anche tra gli adulti (23,5%).