Ottocentodue radio (di cui quindici in lingua tedesca) e 504 televisioni locali, 150 periodici e cinque quotidiani italiani all’estero sono le cifre della ‘piccola’ editoria colpita da uno tsunami con i tagli delle risorse pubbliche introdotti dal decreto Milleproroghe divenuto il 25 febbraio legge dello Stato.
Oggi nuova tappa di una battaglia iniziata già il giorno dopo l’approvazione del provvedimento con un incontro alla Camera dei deputati, presente al completo il ‘cartello’ più che mai deciso a non arrendersi: in testa la Federazione della Stampa insieme a Mediacoop, l’associazione che riunisce 370 imprese cooperative giornalistiche, editoriali e della comunicazione, Aeranti-Corallo, che raggruppa quasi mille tra radio e televisioni locali, la FNSI in rappresentanza della stampa italiana all’estero, il Comitato per la libertà e il pluralismo dell’informazione, Articolo 21. Hanno partecipato anche numerosi deputati che hanno voluto ribadire il loro impegno per il ripristino dei fondi e far sentire la propria vicinanza a quelle testate la cui sopravvivenza è messa in pericolo. Il problema è nato da tempo, quando la Finanziaria ha soppresso il diritto soggettivo delle testate di idee, di partito, cooperative e no profit a ricevere i fondi pubblici. Fondi ripristinati nel Milleproroghe a scapito però di un’altra e consistente realtà editoriale. La mannaia è calata soprattutto sui giornali italiani all’estero che hanno subito un pesante taglio del 50%. Realtà antiche con una storia alle spalle che si battono per tenere unite le comunità degli italiani nel mondo e per valorizzare la lingua italiana: sono il Corriere Canadese (oltre cinquanta anni di vita), America Oggi, il Globo e la Fiamma, Gente d’Italia, la Voce d’Italia. Ancora una volta Franco Siddi, segretario della Fnsi, ha contestato metodo e merito, richiamandosi alla necessità di regole certe e di criteri trasparenti: ”Serve un ravvedimento rapido per garantire la sopravvivenza di queste testate. Non esistono figli e figliastri. L’intervento pubblico non può essere discriminatorio”. Il leader sindacale ha anche scongiurato l’eventualità che si possa puntare a racimolare ”qualche soldo di qua e di là’ magari all’ultimo momento per mettere una pezza allo strappo del Milleproroghe". Serve dunque una soluzione vera e una strada da seguire, secondo le organizzazioni, è quella del decreto sviluppo che sta per iniziare il suo iter parlamentare. E dagli interventi che si sono susseguiti è emerso un lato delicato della questione, come ha evidenziato Lelio Grassucci (Mediacoop): ”Il problema non è economico, ma politico. La misura contenuta nel Milleproroghe comporta un risparmio di 26 milioni di euro, una cifra di certo non decisiva per il bilancio dello Stato. Quindi siamo di fronte a una questione politica, a un intento punitivo. In più la norma, che interviene retroattivamente, potrebbe essere viziata da incostituzionalità”. (ANSA)