Le recenti polemiche sulla censura unilaterale applicata al pur delirante presidente USA, ormai fuori dal termine minimo di conservazione, dai social media Facebook e Twitter riporta in evidenza il tema che abbiamo più volte trattato.La ricentralizzazione delle piattaforme web di proprietà da parte dei media.
Facebook e Twitter vs Trump
Beninteso, la decisione di Facebook e Twitter, in questo particolare caso, potrebbe essere anche condivisibile, vista la totale perdita del contatto con la realtà di Trump e – soprattutto – la sua accertata pericolosità sociale. Tuttavia, è l’insindacabilità del processo decisionale che non può essere accettata.
Sociocrazia
Che i social non fossero espressione di sociocrazia era evidente da tempo. Nondimeno, non è plausibile che imprenditori privati assurti a servizio di pubblica utilità (si definisce tale quell’attività economica volta a soddisfare necessità così ampiamente sentite da poter essere considerate proprie di una collettività) possano rivestire il ruolo di decisori di ultima istanza o addirittura senza istanza (come nel caso Trump). Surrogandosi addirittura alla magistratura.
L’altro lato della medaglia
Certo, il pedaggio della notorietà, che un tempo si pagava ai media tradizionali (quelli che ora vengono definiti mainstream), è stato sostituito dall’ingresso gratuito sui social. Col miraggio di un’esposizione assoluta, libera e gratuita. Ricordate il celebre Facebook è gratis e lo sarà sempre, che però poi è scomparso?
E, infatti, può essere assoluta e libera un’esposizione garantita da un algoritmo di cui si suppone solo il funzionamento, dato che non viene reso noto, come la ricetta della Coca Cola?
Il processo inquisitorio di YouTube senza appello
Recentemente alcuni fornitori di contenuti italiani hanno pagato sulla propria pelle il prezzo del processo sommario (tecnicamente di tipo “inquisitorio”) istruito da YouTube che ha ritenuto i loro contributi incompatibili con le regole della piattaforma di video sharing più importante al mondo.
L’algoritmo misterioso ed insidioso
Ma quello dell’inibizione assoluta, stante la sua evidenza, non è nemmeno il problema più grave. Più insidioso è quello della invisibile limitazione parziale per opera degli algoritmi dei social media (in particolare quello di Facebook), la cui oscurità di funzionamento li rende di fatto arbitrari e non intellegibili.
Riappropriarsi del diritto di espressione sul web attraverso il controllo delle piattaforme di proprietà
Queste ultime difficilmente possono essere oggetto di restrizioni unilaterali e comunque, ormai, meno della radiodiffusione circolare. Un flusso streaming inibito, su piattaforme di proprietà, può essere sostituito rapidamente.
Lo stesso flusso domiciliato su una piattaforma OTT può essere limitato in qualsiasi momento. Analogamente vanno aggiornate e potenziate le app, mentre deve essere gestito con cautela il processo di colonizzazione di smart speaker e smart tv. Limitando al massimo le intermediazioni di terze parti, privilegiando le soluzioni captive.
Strumentalizzare i social per non farsi strumentalizzare
E, soprattutto, i social devono tornare ad essere satelliti delle piattaforme di proprietà, non viceversa. Solo così il loro strapotere potrà essere limitato evitando derive monocratiche. O peggio.