Video killed the radio star, cantavano i The Buggles in una famosa hit di fine anni ’70, riferendosi, per gioco ma con una punta di sarcasmo, al boom del mezzo televisivo, il quale andò progressivamente ad assumere un posto di rilievo nella fruizione della musica, fino a quel momento quasi ad esclusivo appannaggio delle radio.
La canzone segnò un’epoca: non a caso, fu scelta qualche tempo dopo da Mtv come primo video musicale da trasmettere sul suo canale, che definitivamente avrebbe sdoganato un nuovo modo di ascoltare la musica.A distanza di decenni da quel brano possiamo affermare che, in realtà, la televisione non solo non è riuscita ad annientare il mezzo radiofonico, ma i due media si sono addirittura integrati attraverso quel processo denominato ibridizzazione cui più volte abbiamo dedicato attenzione. In seguito, il fenomeno di internet ha – questo sì – messo a dura prova i mezzi di comunicazione tradizionali e nel 2018 la radiofonia si trova a confrontarsi anche con nuovi device di fruizione dei contenuti, tra cui – ovviamente – gli Smart Speaker, cioè gli “altoparlanti intelligenti” (o “assistenti domestici”) come Alexa by Amazon o Google Home.
Le posizioni degli osservatori che si ritrovano ad analizzare la diffusione a macchia d’olio di questi apparecchi – soprattutto negli Usa – sono, spesso, discordanti.
Secondo una corrente di pensiero, il loro avvento sarebbe destinato ad essere deleterio per le radio tradizionali. Ciò alla luce del fatto che tali dispositivi consentono di accedere a contenuti musicali streaming o demand (SOD, come Spotify o Pandora) vastissimi e di alta qualità a costi irrisori, condizione, questa, che a lungo andare potrebbe determinare il passaggio di un sempre maggior numero di persone a questa tecnologia soprattutto per la fruizione di musica non stop.
Secondo quanto riportato dal sito Computerweekly, infatti, lo scorso anno sono stati venduti ben 27 milioni di Smart Speaker in tutto il mondo e la maggior parte dei possessori li utilizza per ascoltare musica. In questa ottica, però, la vera minaccia per le radio non pare costituita tanto dagli Smart Speaker in sé, quanto dal mercato della musica in streaming: su Amazon Music, ad esempio, un abbonamento di pochi centesimi a settimana consente l’accesso ad un immenso archivio musicale.
Di contro, però, è possibile soffermarsi anche su un’altra valutazione: se è verosimile che questa novità tecnologica sarà in grado di ammaliare un gran numero di ascoltatori delle radio musicali, essa potrebbe, in fondo, non comportare un netto abbandono della radio tradizionale, ma, anzi, favorire un ritorno all’ascolto indoor (in calo con la progressiva scomparsa dei ricevitori FM/AM stand-alone), quantomeno per un certo modello radiofonico. Questo in considerazione di un fattore rilevante: nell’epoca delle fake news si sta affermando la tendenza a ricercare delle fonti sempre più affidabili, dietro le quali ci sia un editore ben individuabile ed un sistema di controllo delle informazioni veicolate.A fronte di questa situazione, le radio tradizionali potrebbero trovare proprio nella “parola”, più che nelle note, la soluzione che consentirebbe loro di continuare a fare la differenza: dirette radiofoniche, talk, news in real time, approfondimenti, intrattenimento, contenuti originali che hanno una loro ragion d’essere a prescindere (o comunque non essenzialmente) dalla rotazione musicale e che costituiscono, ancora oggi, uno dei motivi che spingono l’ascoltatore ad accendere la radio e a fidelizzarsi.
Una riflessione non banale, su cui soffermarsi e da cui, eventualmente, ripartire. (A.C. per NL)