Da Hursley, in Inghilterra, arriva una notizia in grado non solo di sorprendere la comunità internazionale, ma anche di aprire nuove porte alle possibilità comunicative tra sordomuti e normodotati. Si chiama SiSi e significa “Say It Sign It” (trad. “dillo, mimalo”) il nuovo software sviluppato da Ibm, che permetterà di sostituire l’interprete in carne e ossa con la sua onnipresente versione virtuale: un avatar che gesticola, traducendo, anche in tempo reale, qualunque idioma.
L’idea nasce dal connubio tra tecnologia e lingua dei segni, che, presumibilmente nel prossimo futuro, permetterà la traduzione simultanea di qualunque conversazione. Il prototipo, ora in funzione solo in laboratorio e solo con la lingua inglese, sembra promettere le migliori aspettative: i tecnici stanno infatti individuando le molteplici situazioni che potrebbero necessitare di questa tecnologia, utile a limitare i problemi dovuti alla socializzazione verbale, talvolta limitata e decisamente limitante per il pubblico sordomuto. L’interprete virtuale dovrà essere in grado di cogliere anche le più piccole sfumature tra le diverse lingue, prendendo in prestito l’alfabeto di gesti di ogni lingua e trasformandolo in comunicazione visiva. È interessante notare che non solo a ogni nazione corrisponde una specifica lingua dei segni, ma che anche all’interno dello stesso paese esistono leggere varianti regionali della lingua dei segni nazionale ed in certi casi, perfino all’interno di una stessa città tra diversi istituti: è il caso della L.I.S. (lingua italiana dei segni) e delle sue varianti dialettali nella città di Roma, ad esempio tra gli istituti di Nomentana e di Smaldone. Si presuppone quindi che il lavoro iniziato da Ibm potrà essere commercializzato solo dopo un’attenta verifica delle differenze linguistiche, dettaglio fondamentale, alla base di ogni lavoro di traduzione. (Marco Menoncello per NL)