"Il sistema televisivo locale non può più mantenere il numero spropositato di soggetti attualmente operanti. Cinquecento Tv locali (110 solo in Sicilia) sono troppe".
Così Confindustria Radio Tv durante l’ennesimo convegno (questa volta siciliano) sullo stato delle tv locali in Italia. Orbene, secondo l’ente esponenziale, le tv locali sarebbero 500. E sarebbero troppe. Sfugge però la connotazione del numero: mezzo millino è poco per raffigurare il panorama dei fornitori di servizi di media audiovisivi locali, posto che esso è almeno 6 volte superiore (il Ministero non ha mai fornito dati aggiornati, ma è stimabile che i titoli in circolazione siano circa 3.000). E’ quindi ammissibile che CRTV si riferisca agli operatori di rete. Se così fosse, il numero potrebbe essere congruo. Tuttavia, se l’attenzione fosse posta sui network provider, non si comprende perché il portatore di interessi diffusi faccia precedere alla conclusione la considerazione che non è possibile per un’impresa reggere oltre stante “la perdurante contrazione degli investimenti pubblicitari, il costante decurtamento dei contributi pubblici e gli asfissianti e costosi adempimenti burocratici e amministrativi”. Ma cosa c’azzeccano la pubblicità e i contributi pubblici con i carrier, le cui entrate dipendono esclusivamente dai canoni per il trasporto DTT? In realtà, l’affermazione di CRTV dimostra ancora una volta quanto confuso e antiquato sia l’approccio al settore da parte degli stessi operatori, che ancora non sanno distinguersi tra carne e pesce.