Si chiama Buy & Share. Ma è il solito schema Ponzi

buy & share

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha concluso sei istruttorie nei confronti di e-commerce player attraverso la formula cd. Buy & Share.
Tali operatori avevano promosso offerte commerciali (eterogenee) con cui i consumatori venivano invitati ad “acquistare” prodotti ad un prezzo particolarmente scontato, versando immediatamente il prezzo (ridotto) richiesto, salvo poi dover attendere, per potersi aggiudicare il prodotto, che altri effettuassero un analogo acquisto. Al fine di ottenere il bene al prezzo scontato, il consumatore doveva inoltre attivarsi per individuare direttamente i nuovi acquirenti (di norma 2 o 3), oppure essere parcheggiati in una specifica lista gestita dal venditore che altri consumatori “acquistassero” il medesimo prodotto (da cui la denominazione buy & share).

L’Autorità ha accertato che, in realtà, il pagamento richiesto costituiva una mera prenotazione del bene e non il prezzo scontato di acquisto del bene medesimo. Infatti, solo le prenotazioni e i versamenti effettuati da altri consumatori consentivano al primo consumatore di conseguire il bene prescelto al prezzo di prenotazione. Nel caso di attesa nella lista del venditore, inoltre, non venivano esplicitati i meccanismi di funzionamento, scorrimento della stessa lista ed i tempi di attesa; aspetti che rendevano estremamente aleatorio l’ottenimento e la consegna del bene.
Gli accertamenti istruttori hanno altresì evidenziato che attraverso il buy & share ai consumatori veniva impedito l’esercizio di diritti contrattuali, ovvero di essere rimborsati di quanto originariamente versato, di acquisire il prodotto ad un prezzo di mercato e di esercitare il diritto di recesso.

Le violazioni del Codice del Consumo rilevate sono state ritenute dall’Agcm “gravi in considerazione delle condizioni particolari e aleatorie dell’offerta, in grado di attrarre un numero sempre crescente di prenotazioni e di ingannare un numero crescente di consumatori, nonché condizionare indebitamente coloro che vi hanno aderito”, tanto che gli operatori coinvolti sono stati complessivamente sanzionati dall’Autorità per oltre un milione di euro.
Si tratta, in realtà, della versione web dello Schema Ponzi, che prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano negli Stati Uniti che divenne famoso (nel crimine) per avere applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione, coinvolgendo 40.000 persone e, partendo dalla modica cifra di due dollari, arrivando a raccoglierne oltre 15 milioni.
Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi “investiti” non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse.

 

 

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