La rete è di per sé un’entità molto volatile. Proprio per questo motivo è spesso difficile, per non dire impossibile, rintracciare eventuali violazioni del copyright riguardanti qualsiasi tipo di elaborato, opera o prodotto della creatività umana.
Fino a poco tempo fa, probabilmente, non esisteva un mezzo lecito per analizzare quelle che fossero le eventuali violazioni del diritto d’autore. Oggi esiste, si chiama Attributor e da quasi due anni sta facendo la fortuna di molti editori e giornalisti negli Stati Uniti.
Attributor è stato creato in California nel 2005 da una piccola società, finanziata con 10 milioni di dollari di capitali di ventura (investimento ad altissimo rischio), ed è, sostanzialmente, un software in grado di andare a scovare, a rintracciare contenuti coperti da diritto d’autore, se questo viene violato. E’ una piattaforma di monitoraggio che permette a giornalisti autori di testi o notizie on line di conoscere come le proprie creazioni siano eventualmente utilizzati da terzi e se da questi vi si trae profitto. Un autore o un editore viene, così, informato ogni qualvolta un contenuto da lui prodotto appaia su internet senza il suo consenso. Il programma è in grado di fornire al giornalista in questione l’indirizzo URL sul quale è stata rinvenuta la notizia, il numero dei visitatori delle pagine dove questa è stata rinvenuta, la percentuale di testo copiato e se sia presente o meno un riferimento all’autore dell’articolo. In questo modo l’autore di testi telematici ha l’opportunità di monitorare costantemente l’utilizzo dei propri prodotti per mano di terzi. Negli States sta avendo un successo enorme, tutti i maggiori produttori di contenuti via web stanno acquisendo questa nuova tecnologia; i due clienti principali di Attributor, al momento, sono l’Associated Press e la Reuters, le due agenzie di stampa più importanti del mondo. Mica poco.
Ma come funziona, si chiederanno in molti. Come riesce questa piattaforma, nel mare dei contenuti della rete, a scovare con margine d’errore praticamente nullo, le violazioni, anche minime, dei diritti d’autore di testi giornalistici? Tecnicamente, Attributor è in grado di digitalizzare le “impronte” di ciascuna notizia come, ad esempio, i paragrafi in cui è divisa, le immagini presenti, eventuali video trasmessi. Da queste informazioni riesce a tracciare una sorta di DNA della notizia, che la identifica e ne rende decisamente più semplice il reperimento. Ogni autore può, in questo modo, stabilire quelle che vuole che siano le modalità d’utilizzo della propria notizia da parte di terzi.
Nel momento in cui Attributor scova una notizia utilizzata in maniera non autorizzata, si attiva automaticamente un triplice programma: si invia in primis all’utilizzatore “abusivo” il link del sito originario da cui ha tratto l’articolo; successivamente viene reclamata una percentuale stabilita dei proventi pubblicitari ottenuti dalla pagina non autorizzata; viene lanciato, infine, un avvertimento anti-pirateria che dovrebbe sensibilizzare nei confronti dell’uso di contenuti altrui.
Questa tecnologia sta ottenendo un successo enorme oltreoceano, nel mondo multimediale dell’informazione. Il suo costo è, attualmente, proibitivo per piccoli blogger o semplici altoparlanti dell’informazione, ma accessibile solo ai grandi portaloni, spesso dipendenti da società multimediali. Il prezzo varia da decine a centinaia di migliaia di dollari l’anno. Nel 2008 dovrebbe essere lanciata, però, una versione più accessibile, il cui prezzo potrebbe aggirarsi sui 6-7 dollari al mese. Preparandosi, magari, a sbarcare anche in Europa. (Giuseppe Colucci per NL)