Settimana settoriale. Radio: Italia Network raddoppia?. Radio digitale: male in cielo ed in terra; bene solo sul web

Tv: Inferno DTT non solo in Italia. Tv locali si svegliano e affollano tavoli Agcom e MSE-Com. Editori: vogliamo sapere cosa succede. Supermux, RAI: nessuna Raiset, contro Sky anche da soli. Ancora truffe quiz-899. Nuovo regolamento ROC in GU


Partendo come sempre, nel nostro sunto settimanale, dalla radio, rileviamo un curioso fenomeno di moltiplicazione di prodotti editoriali omonimi: per anni il marchio Italia Network è rimasto in cantina. Poi, a distanza di 15 giorni, nascono due emittenti sostanzialmente con lo stesso nome. Ma almeno è un segnale di vitalità in una moria generale, soprattutto sul piano locale (anche questa settimana hanno chiuso due stazioni, in Emilia e nella Marche), anche se, secondo qualcuno, il medium potrebbe trarre dalla crisi interessanti opportunità.
Ad ogni modo, consoliamoci banalmente col detto “mal comune mezzo gaudio”: le radio locali non vanno bene nemmeno negli USA, dove il medium, per resistere, deve rincorrere la massificazione dei gusti degli ascoltatori, perché raggiungere le nicchie, con i mezzi diffusivi, è diventato sempre più costoso.
E in tema di strumenti di diffusione, la tecnologia numerica in ambito radiofonico continua ad annaspare su mezzi che non siano webcentrici. E’ il caso, ad esempio, del DAB-S dove gli operatori di radio satellitare digitale non riescono a uscire dal ginepraio finanziario: mentre in Europa slitta l’asta Worldspace, negli USA si fa seria per Sirius, per la quale l’unica speranza sembra ormai la possibilità di un’acquisizione dell’operatore satellitare EchoStar (ma stando a “un’ultim’ora” la situazione sarebbe precipitata).
Sul fronte DRM, Littoral AM, l’emittente bretone che aveva condotto un test di onde medie digitali, ha pubblicato un report dettagliato con i risultati della sua campagna di misure. Ma anche in questo caso la tecnologica non convince, a differenza dell’interazione tra web e telefonia (cd. mobile streaming). Finelco (R 105, RMC, Virgin) l’ha capito da tempo, tanto che dopo essere stata scelta da Apple per iPhone, le sue radio conquistano tutti gli altri cellulari smartphone. Chissà se il sonoro schiaffo servirà a qualcuno che aveva creduto alle sirene terrestri.
Novità in ambito pubblicitario con la nomina di Carlo Vittorio Giovannelli a direttore generale di Italia Pubblicità, concessionaria pubblicitaria di Canale Italia sotto il cappello di Open Space (RTL 102,5) e a riguardo di Sanremo, per il quale cade il tabù degli inediti.
Passando alla tv, ovviamente a farla da padrone è la prossima migrazione delle trasmissioni in DTT. Quello che ormai è stato battezzato “l’Inferno digitale” si sta manifestando un po’ ovunque. In Spagna (dove Mediaset-Telecinco è in sofferenza e il suo amministratore delegato si lamenta per la concorrenza “sleale” della tv pubblica), per esempio, di fronte al disastro di una platea significativa di utenti non in grado di ricevere le trasmissioni numeriche terrestre, si chiede aiuto al sat, integrando le piattaforme. E se ci sono difficoltà dove l’etere è pianificato, figuratevi la bolgia che ci sarà da noi. Non a caso, infatti, già si parla di far slittare il tavolo tecnico della Campania.
E mentre per le associazioni che hanno promosso l’attuale gestione della migrazione tutto “va bene madama la marchesa”, altri sindacati più razionali si sbracciano per segnalare i rischi alle porte. “E’ guerra sul DTT“, titola sul proprio bollettino il CNT-TPD che avverte: “Alle locali rimarrà al massimo il 5% delle risorse del sistema televisivo”. Non è da meno il CONNA, altro sindacato da sempre sostenitore di un approccio più morbido alla nuova tecnologia, in linea con le esigenze dell’utenza. Allarmi non vani, se è vero che finalmente le locali si sono svegliate (pur con i sudori freddi) e rimboccate le maniche: “Il digitale è mio e lo gestisco io”. Anche se la rincorsa al DTT delle nazionali sembra sempre più il disperato tentativo di uscire dall’angolo in cui la tv generalista si è ficcata
Non va benissimo, invero, nemmeno la tv satellitare, se è vero che la statunitense Bloomberg ha deciso di chiudere tutti i canali locali, tra i quali anche quello italiano (in onda su Sky). Anche in Russia le cose si fanno complesse e pure Murdoch ha le sue piccole brighe italiane: i giornalisti di Sky Sport sono, infatti, pronti allo sciopero (non che tiri una bella aria anche a Mediaset, dopo il caso Mentana, del resto).
L’UE bacchetta ancora l’Italia: favorite solo Rai e Mediaset. Così, dopo lunghi mesi di contatti sotterranei, la partita sulla televisione italiana tra Commissione europea e Governo torna in superficie, consentendo a Romani di dire le solite cose (nulla di nuovo sotto il sole, infatti). La Francia invece va verso una tv pubblica senza spot: è stata approvata la riforma fortemente voluta da Nicolas Sarkozy che rivoluzionerà il sistema radiotelevisivo.
In casa RAI, frattanto, si smentisce qualsiasi ipotesi di patto scellerato con il Biscione: altro che Raiset, non c’e’ nessuna ‘santa alleanza’ tra Rai e Mediaset in funzione anti-Sky e il futuro del servizio pubblico dipenderà proprio dalla sua capacità di competere sia con la tv commerciale che con la pay. Ma Sky non è certamente l’unico problema in RAI: per il direttore generale “Il sistema di governance (il perverso meccanismo di nomine a cura della politica, ndr) di questa azienda non e’ adeguato alla velocita’ dei cambiamenti in atto“.
Sulle tv locali scoppia l’ennesimo scandalo dei quiz fasulli basati sui numeri 899: denunciati quattro imprenditori che truffavano vecchietti; volume d’affari stimato in sei milioni di euro. Associazione per delinquere finalizzata alla truffa e’ il reato contestato.
Per l’appuntamento con la Storia della radiotelevisione privata italiana, siamo andati a Napoli, dove, nel 1966, Pietrangelo Gregorio fondava Telediffusione Italiana. Ma sull’evento vi sono alcune ombre.
In ambito editoriale, è da segnalare la decisione del New York Times, dopo due anni di gratuità supportata dalle inserzioni, di tornare a farsi pagare per l’online. La pubblicità non sembra bastare più.
Sul piano normativo, importante novità viene dalla pubblicazione in G.U. della deliberazione 26 novembre 2008 dell’Agcom, recante modifiche al Regolamento per l’organizzazione e la tenuta del Registro degli operatori di comunicazione.
Importanti pronunciamenti giurisprudenziali in tema di diffamazione a mezzo stampa , che pare dilagare sulla rete, e di pubblicazione di sentenze integrali sul web. Sul fronte dell’elettrosmog, fa riflettere la decisione della corte d’appello di Versailles, che potrebbe fare giurisprudenza non solo locale in tema di tlc.
Riflessioni dottrinali anche sull’antico e controverso tema delle misurazioni delle interferenze in Modulazione di Frequenza.
In ambiti affini al nostro, rileviamo l’invito della Polizia Postale a prestare attenzione ai call center dei gestori telefonici (parlando di offerte per cambiare gestore telefonico) e il battibecco tra il ministro Brunetta ed il Codacons a riguardo dell’esito negativo del ricorso al TAR contro i “fannulloni operosi“.
Sempre sulle tlc, grazie al contributo di un lettore adirato verso Telecom, ci siamo espressi sui “Vizi da ex monopolista duri a morire per un carrozzone sempre più lento e costoso”.
Concludiamo il riassunto delle principali novità settimanali con Internet.
Promuovere il commercio online informare gli utenti sui diritti. Lo ha chiesto il Parlamento Ue. Nuove tecnologie: Google presenta Latitude. Grazie al telefonino potremo sapere dove sono localizzati i nostri amici più tecnologici. Nasce dominio .tel per semplificare la comunicazione tra gli utenti. Infine, abbiamo voluto dedicare un momento a coloro che non capiscono un tubo.

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