La notizia del momento è ovviamente il rapporto Censis, che certifica come gli italiani apprezzino l’informazione locale. D’altra parte, l’importanza dei veicolatori d’informazione è testimoniata anche dal fatto che un parlamentare su 10 è giornalista (così spartendosi i posti coi giuristi). Una casta nella casta? Un problema sostanziale e d’immagine notevole, visto che, sul caso Sky, Lettera 22 sottolinea il rischio che i giornalisti siano percepiti come casta. E, ancora sui giornalisti, la notizia della verifica dell’Ordine sul direttore de La Nazione, è stata sopraffatta da quelle della scomparsa di Emilio Rossi, storico direttore del Tg1 e di Rolando Boesso, storico editore di VideoBolzano 33.
La ridda di notizie non ci ha però impedito di dare la consueta attenzione (gradita ai lettori più nostalgici) alla Storia della radiotelevisione italiana, soffermandoci questa volta sui presupposti fattuali e giuridici che avevano condotto, dopo la sentenza 202/1976 della Corte Costituzionale, demolitrice del monopolio radiotv RAI in ambito locale, alla nascita repentina delle reti nazionali.
Tornando all’attualità (per modo di dire), annotiamo come sempre del canone RAI si discuta: per il Cnu l’aumento del medesimo sarebbe infatti evitabile se i bilanci RAI fossero attendibili.
Quanto al fronte giudiziario settoriale, in curiosa quanto evidentemente casuale coincidenza con la pubblicazione sulla G.U. del nuovo Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze, si profilano all’orizzonte nuovi ricorsi al TAR avverso le revoche delle concessioni analogiche per 45 tv locali che non presentarono domanda di proroga ex L. 112/2004 nel 2005. Provvedimenti che, se attuati, condurrebbero alla liberazione anzitempo (rispetto allo switch-off) di ambite risorse frequenziali (per esempio, per contribuire alla definizione di annosi problemi come quello di Europa 7, solo parzialmente risolto con la nuova canalizzazione delle frequenze). Mal comune, mezzo gaudio: le beghe giudiziarie non riguardano solo le emittenti italiane, ma anche i meticolosi svizzeri. Intanto, mentre gli Ispettorati territoriali del MSE-Com sono ancora alla ricerca della loro identità, Agcom definisce con Corecom procedure per la trattazione dei contenziosi tra utenti ed operatori della pay tv.
Se nell’ambito dell’editoria si registra la bocciatura degli emendamenti bipartisan sui contributi, in quello radiofonico, l’Osservatorio FCP-Assoradio informa di un dato positivo: nel periodo gennaio-settembre 2008 gli avvisi sono cresciuti del 3,6%. Sempre nel settore radiofonico, è stato salutato con generale soddisfazione l’accordo di UPA con Finelco (Radio 105, RMC e Virgin), che segna una generale condivisione dei limiti di affollamento in ambito radiofonico nazionale. Niente di nuovo, invece, a livello fattuale per la radio digitale terrestre, cenerentola dell’etere: solo in in Svizzera si rinvengono ricevitori DAB+. In Italia, invece, le uniche novità sembra che arriveranno in tema normativo dall’ennesimo provvedimento dell’Agcom. Prospettive migliori per la radiodiffusione numerica paiono invece derivare, sul piano sostanziale (ben più importante), dal Wi-Fi: Nokia Home Music è infatti un ricevitore stand-alone per le web-radio, a dimostrare, semmai ce ne fosse bisogno, che il futuro della radiofonia passerà solo da Internet, mentre l’FM continuerà ad ospitare i programmi analogici fino allo switch-off numerico della stessa.
In realtà, ben pochi sono gli editori locali che si preoccupano della digitalizzazione della radiofonia , quando seri problemi sembra dare la nuova edizione di Audiradio 2009, che ha alzato la soglia di significatività (così determinando la certa esclusione dagli elenchi di numerose stazioni areali illuminanti bacini contenuti): il caso segnalato per primo da questo periodico sta infatti esplodendo.
Bene la Tv satellitare: gli ascolti sono cresciuti a novembre.
Male, invece, sul fronte di La 7: all’alba della notizia di un’alienazione di Telecom Italia Media, sei giorni di astensione audio-video dei giornalisti sono stati proclamati.