I giornalisti possono dirigere la rivista. Ma questa sarebbe da sequestrare
La Corte di Cassazione ha emesso due sentenze decisamente contraddittorie circa la pubblicazione di riviste hard. Con la prima, la n. 13067 del 5/6/2007, la Corte ha confermato quanto stabilito dai primi due gradi di giudizio, accogliendo la richiesta di una giornalista francese, Florence Odette Fabre, che si è opposta alla sua radiazione dall’albo dei giornalisti perché rea d’aver diretto alcune riviste hard. Secondo la Corte, il ricorso dell’Ordine dei giornalisti non può essere accolto perchè “devono rifiutarsi, perchè non costituzionalmente orientate, tutte le interpretazioni della normativa sulla professione dei giornalisti volte, come pretende il Consiglio nazionale dell’Ordine ad attribuire" al Consiglio stesso "il potere di discriminare le pubblicazioni periodiche degne di essere edite, e per le quali è conforme alla dignità professionale del giornalista assumerne la direzione, dalle altre che siano, dai detti Consigli, ritenute prive di alcunché di creativo sul piano dell’informazione e della critica e che possano configurarsi in produzione giornalistica". Prosegue la Corte: “E’ di palmare evidenza che esulano dal tema di indagine tutti gli accertamenti, in fatto, inutilmente sollecitati e volti a dimostrare alla luce di una giurisprudenza, formatasi, del resto, non nell’ambito di procedimenti disciplinari a carico di giornalisti, ma in controversie di lavori, tra giornalisti ed editori, la natura non giornalistica dell’attività svolta dal direttore di riviste porno”. I commenti dell’Ordine non si sono fatti attendere: “Noi prendiamo atto della decisione della Corte”, ha affermato Lorenzo del Boca, Presidente dell’Ordine, “ma crediamo che fare il giornalista sia un’altra cosa che impilare foto variamente anatomiche”. Tuttavia, con la recente sentenza, la n. 39354 del 24/10/2007, la Cassazione evidenzia tutti i dubbi in materia. Pronunciandosi, in fase cautelare, in merito al sequestro di riviste di annunci hard e dei relativi siti di una società di Rovigo, la Corte si è dichiarata favorevole, affermando che “la tutela riservata dall’art. 21 della Costituzione alla libertà di stampa non si estende alla stampa o stampato quale semplice veicolo del messaggio pubblicitario che, in quanto tale, non è inquadrabile nel diritto costituzionalmente garantito, ma costituisce un mezzo pubblicitario da valutare in sé ed è costituzionalmente vietato, nel caso di pubblicazioni a stampa contrarie al buon costume”. In pratica, tenendo conto che le riviste hard non rientrano tra quelle tecniche o specialistiche, e quindi necessitano della figura del direttore responsabile e della registrazione presso il tribunale, la Corte afferma, da un lato, che è lecito che anche un giornalista possa essere il direttore di riviste pornografiche e, dall’altro, che tali riviste potrebbero, poi, essere tranquillamente sequestrate, perché contrarie al buon costume. (G.M. per NL)