(in: www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1437)
Roma, 23 novembre 2007. La Corte Costituzionale ha accolto oggi (con la sentenza 388/2007) il ricorso del tribunale di Torino contro la Camera dei deputati per la vicenda dell’intervista-scoop a Igor Marini (conquistò le luci della ribalta nel 2003 in quanto fu uno dei principali accusatori nella vicenda TeleKom Serbia) nel carcere delle Vallette pubblicata su “LIBERO” dalla giornalista Cristiana Lodi. L’onorevole Sandro Delmastro Delle Vedove (An) aveva falsamente qualificato come sua «collaboratrice» la persona che era entrata insieme a lui alle Vallette al fine di ottenere per lei l’accesso senza autorizzazione, previsto per «coloro che accompagnano» i parlamentari «per ragioni del loro ufficio». Viceversa si trattava di una giornalista. Per la Corte il “comportamento del deputato è consistito nell’attestare una circostanza di fatto e non nell’esprimere un’opinione nell’esercizio della funzione di parlamentare; di conseguenza, non può ritenersi coperto dalla prerogativa di cui all’art. 68 Cost.”. La Corte ha pertanto annullato la delibera con la quale la Camera dei deputati aveva qualificato come attività ispettiva la visita del deputato alle Vallette. La delibera della Camera ha violato l’art. 68, primo comma, della Costituzione, “ledendo le attribuzioni dell’autorità giudiziaria”.
Pertanto la sentenza dà il via libera al processo a carico del parlamentare e della giornalista.
L’on. Delle Vedove e la giornalista Cristiana Lodi sono imputati, in concorso tra loro, dei reati di falso – a norma degli articoli 48 e 479 del codice penale – perché: 1) l’on. Delmastro Delle Vedove, nella sua qualità di membro del Parlamento, pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, presentatosi il 10 agosto 2003 presso la Casa circondariale Le Vallette di Torino, dopo essersi qualificato e avere manifestato la propria intenzione di accedervi, attestava falsamente ai pubblici ufficiali appartenenti alla Polizia penitenziaria, addetti al controllo degli accessi, che la persona in sua compagnia, Cristiana Lodi, era una propria collaboratrice; 2) la stessa Lodi dichiarava falsamente di non esercitare la professione di giornalista (mentre invece essa era una giornalista professionista che, in tale veste, scrisse un articolo, pubblicato due giorni dopo su un quotidiano nazionale, relativo alle dichiarazioni che, proprio in occasione della visita, avrebbe a lei reso il detenuto Igor Marini); 3) entrambi inducevano in errore, ingannandoli, i pubblici ufficiali appartenenti alla Polizia penitenziaria addetti al controllo, alla registrazione e all’autorizzazione degli accessi, che così registravano e consentivano l’accesso della Cristiana Lodi sul presupposto erroneamente attestato dal parlamentare e dalla giornalista, che quest’ultima fosse una collaboratrice del primo e che non si trattasse, invece, di una giornalista.