Ad avvalorare che la ripresa è molto fragile e che il mercato pubblicitario ne è un indicatore perfetto, ci sono gli effetti dei quindici giorni di passione della Grecia e dell’esplosione della bolla asiatica.
Dopo un ottimo trimestre (pur solo per alcuni mezzi), un buon quadrimestre e un semestre che alla fine si salverà praticamente solo grazie alle perfomance positive della Radio, le due settimane a cavallo tra giugno e luglio, coincidenti prima con la plateale crisi greca (più psicologica che sostanziale), poi con l’implosione delle borse asiatiche (più concreta che mentale) sono state caratterizzate da un rallentamento estremo delle negoziazioni pubblicitarie, fino al fermo totale post referendum ellenico. Solo sul finire della corrente settimana, in coincidenza con le prospettive di un accordo in extremis per salvare lo stato greco e le pesantissime contromisure di Pechino per scampare (o ritardare) un default finanziario al confronto del quale la rogna ateniese sarebbe mero prurito, sono riprese le contrattazioni presso i centri media. Eppure, per rimanere in terra greca, aveva forse ragione Aristotele: se c’è soluzione perché ti preoccupi? Se non c’é soluzione perché ti preoccupi?