Comunicazione Ordine dei giornalisti Lombardia
Queste le valutazioni di Franco Abruzzo: “L’applicazione ai giornalisti dipendenti di un regime in materia di cumulo così diverso in senso peggiorativo da quello previsto per i lavoratori comuni configura una disparità di trattamento che il principio di coordinamento – sancito dal punto 4 dell’articolo 76 della legge n. 388/2000 – appare diretto a prevenire. La sentenza rispecchia i principi affermati dalla sentenza n. 437/2002 della Corte costituzionale sulla libertà di cumulo nell’ambito della cassa dei ragionieri. Da Milano parte un segnale forte: l’Inpgi è di fronte alle sue responsabilità, perché non può negare ai propri iscritti quei trattamenti (come la libertà di cumulo) che sono riconosciuti dall’Inps. L’uguaglianza è un valore costituzionale i nviolabile, fondamentale e intangibile”.
Milano, 6 marzo 2007. L’Inpgi deve osservare le stesse regole dell’Inps in tema di libertà di cumulo, come prescrive l’articolo 76 (punto 4) della legge 23 dicembre 2000 n. 388, in forza del quale “le forme previdenziali gestite dall’Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive”. Questo è il significato di una sentenza firmata dalla sezione lavoro della Corte d’Appello di Milano (Salvatore Salmeri, presidente; Laura Curcio, consigliere ralatore; Paola Accardo, consigliere) e depositata oggi in cancelleria, che ha accolto le ragioni del giornalista XW, difeso dall’avvocato Patrizia Sordellini e Ugo Minneci. La sentenza d’appello conferma quella del Tribunale n. 1521/2005.
Nella sentenza si legge: “Quanto invece alla applicazione della normativa relativa al cumulo deve osservarsi che appare invece difficile potersi ritenere sussistente una possibilità di discostarsi dalla disciplina generale, in virtù di quell’autonomia gestionale che il legislatore ha inteso concedere per le particolari materie di cui si è prima detto (non a caso anche l’art.44 comma 7 si esprime nel senso del rispetto dei principi di autonomia previsti dall’art. 3, comma 12, legge n. 335).
Ed infatti anche la Cassazione ha osservato nella sentenza n.17783/05, in tema di incompatibilità tra lo svolgimento di attività di impresa e fruizione della pensione di anzianità erogata dalla cassa previdenza dei geometri, che la autonomia degli enti privatizzati nella “determinazione della misura dei trattamenti pensionistici” – di cui ai sensi dell’art.3 comma 12 legge 335 – non si può estendere anche ai “requisiti per l’accesso ai medesimi o per la loro concreta fruizione”.
Deve del resto rilevarsi che se l’autonomia lasciata agli enti privatizzati nella gestione economica-finanziaria ha lo scopo di tendere appunto all’equilibrio di bilancio e che tale scopo il legislatore ha consentito che si realizzasse attraverso l’adozione dei provvedimenti nelle materie prima ricordate, non consentire il cumulo agli iscritti ad istituti previdenziali che, sia pure privatizzati, sono tuttavia soggetti che gestiscono una forma sostitutiva dell’AGO, appare irragionevole sotto il profilo della disparità di trattamento, in violazione dell’art. 3 cost.. Ciò tanto più nel caso dell’Inpgi, a cui debbono iscriversi obbligatoriamente anche i giornalisti con rapporto di lavoro subordinato ed al quale il legislatore, sin dall’81, poi confermandolo dopo la priva tizzazione del ’94, ha imposto un dovere di coordinamento con le norme generali della previdenza sociale obbligatoria.
Ne consegue allora la illegittimità della norma di cui all’art. 15 regolamento Inpgi perché contraria alle norme di legge che ammettono il cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità, secondo la progressiva esclusione dei limiti di cui agli artt. 72 , 2° comma, della legge n. 388/2000 e poi 44, 2° comma, della legge 289/2002 in relazione alla specifica posizione del XW, lavoratore autonomo sino al dicembre 2002 e poi dipendente dal gennaio 2003. La sentenza appellata va quindi confermata” .
In sintesi, la controversia verteva sulla legittimità del comportamento dell’Inpgi che, a partire dal gennaio 2002, ha applicato nei confronti del giornalista/ricorrente, un trattamento in materia di cumulo oggettivamente peggiorativo rispetto a quello previsto dalla disciplina comune. Più precisamente, anziché applicare per il periodo da gennaio 2002 a dicembre 2002, una trattenuta nella sola misura del 30% sul rateo mensile di pensione dovuto in conformità all’art. 72 (2° comma) della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (c.d. Finanziaria 2001) nonché consentire per il periodo successivo il pieno cumulo fra rateo pensionistico e reddito da lavoro dipendente – secondo quanto previsto dall’articolo 44 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (c.d. Finanziaria 2003) – l’ente previdenziale h a operato, all’inizio, una decurtazione del rateo pensionistico spettante al ricorrente nella misura del 50%, applicando l’articolo 15 del proprio Regolamento approvato con D.M. 24 luglio 1995 e, successivamente, ha azzerato l’erogazione del trattamento pensionistico.
Di fronte alla richiesta del giornalista di corrispondere quanto illegittimamente trattenuto nel periodo pregresso, nonché di usufruire per il tempo futuro del medesimo trattamento previsto dalla disciplina comune in materia, l’Inpgi si è fatta scudo dietro l’autonomia che, a suo dire, le riconoscerebbe in materia l’articolo 44 (comma 7 della legge del 27 dicembre 2002 n. 289), laddove prevede che “gli enti previdenziali privatizzati possono applicare le disposizioni di cui al presente articolo nel rispetto dei principi di autonomia previsti dal decreto legislativo 30 giugno 1994”.
Queste le valutazioni di Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia: “L’applicazione ai giornalisti dipendenti di un regime in materia di cumulo così diverso in senso peggiorativo da quello previsto per i lavoratori comuni configura una disparità di trattamento che il principio di coordinamento – sancito dal punto 4 dell’articolo 76 della legge n. 388/2000 – appare diretto a prevenire. La sentenza rispecchia i principi affermati dalla sentenza n. 437/2002 della Corte costituzionale sulla libertà di cumulo nell’ambito della cassa dei ragionieri. Da Milano parte un segnale forte: l’Inpgi è di fronte alle sue responsabilità, perché non può negare ai propri iscritti quei trattamenti (come la libertà di cumulo) che sono riconosciuti dall’Inps. L’uguaglianza è un valore cos tituzionale inviolabile, fondamentale e intangibile”.
La sentenza n. 437/2002 della Corte costituzionale è eloquente: “E’, infatti, da osservare anzitutto che il perseguimento dell’obiettivo tendenziale dell’equilibrio di bilancio non può essere assicurato da parte degli enti previdenziali delle categorie professionali – e, in particolare, da parte della Cassa di previdenza a favore dei ragionieri e periti commerciali – con il ricorso ad una normativa che, trattando in modo ingiustificatamente diverso situazioni sostanzialmente uguali, si traduce in una violazione dell’articolo 3 della Costituzione. L’iscrizione ad albi o elenchi per lo svolgimento di determinate attività è, infatti, prescritta a tutela della collettività ed in particolare di coloro che dell’opera degli iscritti intendono avvalersi. In secondo luogo, si rileva che le norme concernenti il cumulo tra reddito da lavoro e prestazione previdenziale presuppon gono la liceità dell’esercizio dell’attività lavorativa da parte del pensionato ed operano quindi su un piano diverso ed in un momento successivo a quelle del tipo della disposizione censurata, finalizzate ad impedirne lo svolgimento”.
Sentenza n. N° 190
Registro generale Lavoro n. 718/05
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
La Corte d’Appello di Milano, sezione lavoro, composta da:
SALVATORE SALMERI, presidente
LAURA CURCIO, consigliere relatore
PAOLA ACCARDO, consigliere
ha emesso la seguente sentenza
nella causa d’appello tra :
INPGI, Istituto Nazionale previdenza giornalisti italiani “Giovanni Amendola”
rappresentato e difeso dall’avv. F. De Sio e M. Cinelli, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Milano, via Durini n.14
contro
XW
rappresentato e difeso dall’avv. P. Sordellini e U. Minneci, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Milano, via Larga n.6
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano n.1521/05, cumulo pensione anzianità e reddito da lavoro.
Conclusioni :
”Voglia codesta Corte di appello, in integrale accoglimento del ricorso depositato dall’INPGI, previo accoglimento dell’istanza di inibitoria, riformare integralmente l’impugnata sentenza e, per l’effetto, dichiarare infondate le domande proposte dal ricorrente, con vittoria di spese di entrambi i gradi del giudizio”.
CONCLUSIONI
l) respingere l’appello avversario e confermare integralmente la sentenza di primo grado.
Nella denegata ipotesi di mancato accoglimento, sollevare la questione di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 4, 35 e 38 della Costituzione, dell’art. 44, comma 7 della legge del 27 dicembre 2002, n. 289 – da solo o in combinato disposto con l’art. 2, primo comma del decr. Lgs 30 giugno 1994 per la parte in cui l’INPGI, secondo la sua interpretazione, usufruirebbe della necessaria autonomia per applicare, in materia di cumulo, nei confronti dei propri iscritti, un trattamento deteriore rispetto a quello comune e/o di tutte quelle altre norme che, anche d’ufficio, dovesse ritenere in contrasto.
2) con vittoria di spese diritti ed onorari del presente giudizio.
Svolgimento del processo
XW, giornalista professionista in godimento di pensione di anzianità dal 1° novembre 2000, adiva il Tribunale di Milano esponendo di aver iniziato nel gennaio 2002 un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con la WW e che in seguito a ciò l’INPGI, in esecuzione dell’art. 15 del proprio regolamento in tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, aveva decurtato il rateo mensile del 50%, che egli era stato poi assunto dalla società come dirigente a far tempo dal luglio 2003 e che in ragione di ciò l’INPGI , dal settembre 2003 aveva disposto la sospensione del trattamento pensionistico, sempre in base alla disciplina regolamentare citata.
XW sosteneva la illegittimità delle disposizioni dell’ente previdenziale, alla luce delle nuove discipline legislative relative al cumulo, per il ricorrente applicabili anche ai giomalisti iscritti all’Inpgi , di cui all’art.72 ,2° comma legge n.388/00 in relazione al lavoro autonomo che, dal gennaio 2001, è previsto cumulabile sino al 70% e di cui all’art.44 2° comma della legge n. 289/02 , in relazione alla possibilità di accedere alla totale cumulabilità fra pensione di anzianità e redditi da lavoro, sia autonomo che subordinato, per coloro in possesso di 37 anni di anzianità contributiva e 58 di età anagrafica, effettuando determinati versamenti contributivi.
Concludeva quindi XW chiedendo che, previa eventuale disapplicazione dell’art.15 del regolamento INPGI , venisse accertato il suo diritto al cumulo secondo le disposizioni di legge su richiamate e che l’Istituto previdenziale fosse condannato al pagamento in suo favore dei ratei di pensione decurtati nel 2002 , oltre che al pagamento dei ratei sino ad allora decurtati e poi non corrisposti nel 2003, con condanna al pagamento della pensione nella sua interezza dal settembre 2003.
Resisteva l’INPGI eccependo che la nuova disciplina del cumulo derivante dalla legge n.388/00 e dalla legge successiva n.289/02 non poteva trovare automatica applicazione per gli enti privatizzati come l’Inpgi, in ragione dei propri equilibri finanziari e nel rispetto dei principi di autonomia scaturenti dalla disciplina legislativa di cui al decreto legislativo n. 509/94 .
La sentenza di primo grado ha accolto la domanda del giornalista XW: il giudice, dopo aver effettuato un breve excursus sulla materia del cumulo tra pensione e redditi di lavoro, il cui divieto si è progressivamente stemperato nel corso degli anni, sino alla esclusione sancita dall’art.44 legge n.289 cit., anche per le pensioni di anzianità, ha ritenuto sussistere il diritto del giornalista XW al cumulo, prima parziale per il 2002, poi totale a far tempo dal settembre 2003, sulla base dell’obbligo di “coordinamento” con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatorie, sia generali che sostitutive, che la disciplina previdenziale Inpgi è tenuta a rispettare, ai sensi dell’art.76 della legge n.388/00. Il primo giudice ha ritenuto che tale coordinamento costituisse un limite alla autonomia delle scelte dell’Istituto che investiva anche la possibilità di deroga alla nuova disposizione legislativa in materia di cumulo, essendo impossibile, secondo il primo giudice, salvare l’attuale regime di incumulabilità di cui all’art.15 del regolamento Inpgi con le esigenze di equilibrio di bilancio, perché si sarebbero create situazioni di disparità irragionevoli vietate dall’art.3 Cost.
Ha proposto appello l’Inpgi sostenendo che il primo giudice, sottovalutando o erroneamente apprezzando il regime della autonomia finanziaria dell’Inpgi come di tutti gli enti privatizzati ai sensi della legge n.509/94, avrebbe effettuato una erronea lettura dell’art. 76 citato ed in particolare del concetto di coordinamento in esso previsto, travisando, a suo dire, anche le argomentazioni della sentenza del Consiglio di Stato cui il primo giudice si era richiamato, posto che la posizione dell’Istituto e le sue esigenze di bilancio giustificherebbero una tendenziale armonizzazione, ma non totale conformazione alle normative previdenziali. L’Inpgi ha quindi lamentato che il primo giudice non avesse valutato più correttamente il principio di autonomia che avrebbe potuto rinvenire sia nella legge n.335/95 all’art.3 comma 12 , sia nella legge n.140/97 in tema si deliberazioni concernenti il condono e comunque il sistema sanzionatorio in materia di inadempienze contributive. L’appellante ha quindi chiesto la integrale riforma della sentenza appellata.
Ha resistito il giornalista XW riportandosi alle osservazioni già svolte in primo grido ed in particolare
rilevando che il perseguimento dell’equilibrio di bilancio non poteva costituite una ragione giustificatrice per scegliere di adottare una disciplina che si risolve in una effettiva disparità di trattamento, laddove invece la autonomia possibile per l’Inpgi potrebbe spiegarsi soltanto nell’ambito della adozione di quei prowedimenti previsti dall’art.3 del comma 12 della n.335/95, che tuttavia non annoverano possibilità di incidere sulle prestazioni erogabili.
L’appellato ha poi sostenuto che, laddove l’art.44 comma 7 della legge n.289/02 (che precisa “gli enti previdenziali possono applicare le disposizioni del presente articolo…”) dovesse essere interpretato nel senso da lasciare agli enti privatizzati la facoltà di applicare o meno la nuova disciplina sul cumulo, vi sarebbe una non manifesta violazione degli artt. 3, 4, 35 e 38 della costituzione.
Proprio tali profili di esistenza o meno di illegittimità costituzionale sono, poi, stati esaminati maggiormente dalle difese delle parti nelle memorie autorizzate.
All’udienza del 6.2.2007 la causa è stata definitivamente discussa e decisa come da dispositivo.
Motivi della decisione
La questione di diritto all’esame della Corte si presenta più che mai complessa, soprattutto perché entrambe le opzioni interpretative fornite dalle parti si presentano degne di interesse, tanto che non è stato semplice adottare la soluzione poi ritenuta più rispondente al dettato legislativo.
Il quadro normativo di riferimento è dato è quello relativo alla nuova disciplina del cumulo tra pensione, anche di anzianità , con redditi da lavoro che si è avuta prima con l’art.72 della legge n.388/00, che ha tuttavia consentito un cumulo totale solo per anzianità contributiva pari o superiore a 40 ( limitando al 70% detto cumulo per anzianità contributive inferiori e solo con redditi di lavoro autonomo), poi con l’art. 44 della legge n.289/02, che ha previsto la possibiliti di cumulo totale, per redditi sia da lavoro autonomo che da lavoro dipendente, con anzianità contributive anche inferiori a 40 ed anche per coloro che, come il XW, non avendo raggiunto 37 anni di contribuzione all’atto del pensionamento, avrebbero potuto godere di detto cumulo versando somme determinate secondo i criteri indicati nel 2° comma dell’art.44 citato.
In base al decreto legislativo n. 509/94 l’Inpgi da ente pubblico è divenuto Fondazione ed ha iniziato quindi, come tutti gli enti privatizzati a seguito di tale decreto legislativo, una gestione autonoma nel limiti dei controlli previsti da tale normativa, dovendo certamente assicurare un equilibrio di bilancio, in assenza di qualsiasi intervento di ripianamento dei conti da parte statale.
Per assicurare detto equilibrio il legislatore ha autorizzato (art.3 comma 12 legge n.335/95) gli enti privatizzati a variare le aliquote contributive, a riparametrare i coefficienti di rendimento e comunque ad adottare ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata. Inoltre con la legge n. 140/97 il legislatore ha consentito agli enti privatizzati di adottare proprie deliberazioni in materia sanzionatoria e di condono.
Secondo la difesa dell’Inpgi anche la possibilità di non applicare le nuove norme sulla possibilità di cumulo tra pensione e redditi da lavoro sarebbe espressione di questa autonomia che il legislatore ha lasciato a tali enti per assicurare il loro equilibrio di bilancio.
Militerebbe, per Inpgi, a favore di tale tesi in primo luogo un argomento testuale: a) il diritto al cumulo previsto dall’art.72 L.n.388 non sarebbe stato esteso direttamente ed espressamente agli enti privatizzati di cui al decreto legislativo n.509/94, perché tali enti non sono in detto articolo richiamati, come invece espressamente lo sono nell’art. 71 che disciplina la totalizzazione; b) l’art.44 del dlgs n.289 al 7° Comma espressamente prevede che gli enti privatizzati possono optare per l’applicazione delle disposizioni contenute in tale articolo, nel rispetto dei principi di autonomia previsti sia dal dlgs n.509 che di quelli previsti dall’art.3 comma 12 legge n.335, prima ricordato.
Rileva poi l’Inpgi che il principio di coordinamento, a cui in sostanza ha fatto riferimento il primo
giudice per fondare l’obbligo di riconoscere il cumulo e dunque il diritto vantato dal XW, era già esistente nel vecchio testo dell’art.38 della legge b. 416/81, sostituito dall’art.76 citato, non essendosi mai dubitato che detto principio andasse interpretato come conferma della autonomia dell’Istituto, postulando un concetto di possibilità di scostamento dalla disciplina generale, proprio in quanto diverso da un dovere di conformazione. Sul punto si concentra la maggiore critica alla sentenza appellata che avrebbe, secondo la difesa Inpgi, mal compreso la sentenza del consiglio di Stato n. 3005/04 che, dopo aver dato una corretta definizione del concetto di coordinamento (“che non consente all’Istituto di prescindere dal sistema generale di previdenza sociale, con cui tendenzialmente deve annonizzarsi”) aveva ritenuto legittimo l’operato dell’Inpgi il quale aveva scelto un nuovo regime sanzionatorio, in base all’art.4 comma 6bis legge n.140/97.
Infine l’odierno appellante critica anche le osservazioni della difesa del giornalista XW secondo cui il mancato riconoscimento del diritto al cumulo violerebbe dei principi costituzionali.
Premesso che nel caso di specie deve valutarsi il divieto di cumulo così come derivante dalla disciplina adottata dall’Inpgi, quindi con riferimento alla situazione concreta posta all’esame del giudice, sul punto questa Corte condivide l’assunto dell’appellante che esclude la violazione dell’art. 38 Cost., teso a tutelare situazioni di bisogno socialmente rilevante, mentre nel caso del giornalista XW il mancato godimento della pensione di anzianità sino al raggiungimento dell’età per godere della pensione di vecchiaia è bilanciato dalla contemporanea percezione di una retribuzione (peraltro come dirigente). Egualmente sembra debba escludersi anche la violazione dell’art.36 Cost. che riguarda la giusta valutazione di proporzionalità che deve intercorrere tra la prestazione di lavoro e la sua retribuzione, senza che in tale valutazione possano rientrare elementi estemi (quali il godimento della pensione o la esistenza di redditi altri ).
Ne consegue, secondo l’odierno appellante, che l’art.15 del regolamento sarebbe pienamente legittimo, nella misura in cui opera, rispettando a suo dire l’art.76 citato, un coordinamento della disciplina del cumulo, che viene attuato in parte con alcuni correttivi. Tale articolo infatti prevede la cumulabilità delle pensioni di vecchiaia con redditi da lavoro sia autonomo che dipendente, un parziale cumulo della pensione di vecchia anticipata con reddito da lavoro autonomo o dipendente fino al limite massimo di euro 7.747, con un tetto di incumulabilità per il 50% per la quota di reddito eccedente il minimo, una totale incumulabilità solo tra pensione di anzianità e lavoro dipendente, ma entro certi limiti: l’ultimo capoverso dell’art.15 infatti stabilisce:”le pensioni di anzianità sono equiparate, agli effetti del cumulo, alle pensioni di vecchiaia quando i titolari compiono l’età prevista per le pensioni di vecchiaia ovvero quando sono state liquidate con almeno 40 anni di contribuzione”.
Essenzialmente in base a queste argomentazioni l’appellante ritiene, quindi, errata la decisione del Tribunale.
Questa Corte non può non osservare che le argomentazioni della difesa Inpgi sono indubbiamente suggestive, oltre che attente anche al testo letterale degli articoli prima ricordati, tuttavia ritiene di doverle disattendere.
Va invero osservato che l’Inpgi, come tutti gli enti privatizzati di cui al dlgs n.509/94, attua il suo obiettivo relativo all’equilibrio di bilancio attraverso appunto la normativa di cui all’art.3 comma 12 delle legge n.335/95, che consente variazione delle aliquote contributive, riparametrazione dei coefficienti di rendimento e ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, nonché attraverso l’art.4 comme 6 bis legge n. 140/97, che consente a tali enti la possibilità di adottare delle deliberazioni in materia di regime sanzionatorio e di condono, da assoggettare sì ad approvazione ministeriale, ma che possono appunto discostarsi dalla normativa della assicurazione generale in materia. In ciò si esprime, appunto, la autonomia concessa a detti enti.
In queste materie anche l’Inpgi dunque può adottare provvedimenti che si discostano dalla disciplina generale; avendo tuttavia un limite ulteriore rispetto agli altri enti che è dato comunque dal dovere di coordinamento, imposto dall’art.76.
Così Cass. 11023/06, riportandosi all’orientamento già espresso il Consiglio di Stato nella più volte citata sentenza n.3005/04, in tema di applicazione dell’art.116 della Legge n.388/00 (che si riferisce alla possibilità di conguagliare ratealmente l’importo delle somme aggiuntive), ha precisato che l’applicazione di tale norma generale da parte dell’Inpgi trova la sua fonte proprio nel dovere di coordinamento imposto dall’art.76 all’Inpgi e non in una applicazione diretta della norma stessa che non potrebbe essere consentita, stante l’autonomia concessa a detto Istituto.
Quanto invece alla applicazione della normativa relativa al cumulo deve osservarsi che appare invece difficile potersi ritenere sussistente una possibilità di discostarsi dalla disciplina generale, in virtù di quell’autonomia gestionale che il legislatore ha inteso concedere per le particolari materie di cui si è prima detto (non a caso anche l’art.44 comma 7 si esprime nel senso del rispetto dei principi di autonomia previsti ..dall’art. 3 comma 12 legge n.335).
Ed infatti anche la Cassazione ha osservato nella sentenza n.17783/05, in tema di incompatibilità tra lo svolgimento di attività di impresa e fruizione della pensione di anzianità erogata dalla cassa previdenza dei geometri, che la autonomia degli enti privatizzati nella “determinazione della misura dei trattamenti pensionistici” – di cui ai sensi dell’art.3 comma 12 legge 335 – non si può estendere anche ai “requisiti per l’accesso ai medesimi o per la loro concreta fruizione”.
Deve del resto rilevarsi che se l’autonomia lasciata agli enti privatizzati nella gestione economica-finanziaria ha lo scopo di tendere appunto all’equilibrio di bilancio e che tale scopo il legislatore ha consentito che si realizzasse attraverso l’adozione dei prowedimenti nelle materie prima ricordate, non consentire il cumulo agli iscritti ad istituti previdenziali che, sia pure privatizzati, sono tuttavia soggetti che gestiscono una forma sostitutiva dell’AGO, appare irragionevole sotto il profilo della disparità di trattamento, in violazione dell’art. 3 cost.. Ciò tanto più nel caso dell’Inpgi, a cui debbono iscriversi obbligatoriamente anche i giornalisti con rapporto di lavoro subordinato ed al quale il legislatore, sin dall’81, poi confermandolo dopo la privatizzazione del ’94, ha imposto un dovere di coordinamento con le norme generali della previdenza sociale obbligatoria.
Ne consegue allora la illegittimità della norma di cui all’art. 15 regolamento Inpgi perchè contraria alle norme di legge che ammettono il cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità, secondo la progressiva esclusione dei limiti di cui agli artt. 72 ,2° comma legge n.388 e poi 44, 2° comma in relazione alla specifica posizione del XW, lavoratore autonomo sino al dicembre 2002 e poi dipendente dal gennaio 2003.
La sentenza appellata va quindi confermata .
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite, trattandosi di questionedi diritto, anche diversamente decisa.
P.Q.M.
Conferma la sentenza del Tribunale di Milano n. l521/05.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Milano, 6.2.2007