A meno di ventiquattro ore dallo “sciopero” indetto da Audicoop nei confronti dei network nazionali, sempre più orientati verso la musica internazionale, colpiscono alcune dichiarazioni rilasciate dai principali esponenti delle radio italiane. Secondo presidenti e direttori artistici, sarebbe il pubblico a determinare il successo di questo o quell’altro pezzo. In parte è vero, ma ciò che manca è un tassello fondamentale per l’ascoltatore: la conoscenza del pezzo, che spesso non ha la possibilità di essere adeguatamente promosso. Il vero problema della radiofonia italiana è la scarsa sperimentazione, l’interesse in costante calo nei confronti di chi non fa parte delle quattro major che determinano l’80% del mercato discografico: Warner, EMI, Universal e Sony BMG. Non a caso, chi dichiara di programmare artisti “apparentemente” emergenti (quali per esempio i Club Dogo), dimentica (o omette) che questi ennesimi rapper “made in Italy” fanno parte di un progetto distibuito da EMI (non certo la prima etichetta indipendente), come fu per Mondo Marcio lo scorso anno. E non sembra nemmeno casuale che Deejay trasmetta gli Aeroplani Italiani (di cui fa parte Alessio Bertallot, speaker della radio), mentre Suraci proponga gli Zero Assoluto della scuderia di RTL 102.5. Tutte le radio (piccole e grandi) ricevono ogni giorno decine di prodotti indipendenti che, talvolta anche per mancanza di tempo, non vengono considerati dalle emittenti. Chi non passa sui network (e sulle tv musicali nazionali, legate alle stesse logiche commerciali) non riesce ad emergere. Le radio locali hanno poco potere sul mercato discografico (se non legandosi a qualche artista di zona che può diventare popolare limitatamente ad un’area circoscritta), tantomeno sull’incidenza che possono avere in Music Control. E così pochi – a prescindere dalla provenienza italiana o internazionale del pezzo – sanno che in circolazione in questi giorni sono tornati da Sinead O’Connor ad Alberto Fortis, da Nada ai Kaleidoscopio (che due anni fa ottennero grande successo con “Voce me apareceu”): la distribuzione non è legata ai macro-soggetti che determinano il mercato e la visibilità per molti artisti (soprattutto italiani) viene meno a prescindere dalla qualità, causando il fallimento in partenza del prodotto.(Nicola Franceschini)