Neanche il tempo di insediarsi sulla poltrona più prestigiosa di Palazzo Madama e per Renato Schifani (foto) arrivano già le prime gatte da pelare. Dopo l’enorme bufera mediatica scatenata dalla stampa e dalla tv in seguito all’inopportuno intervento di Marco Travaglio (che si avvia a bissare gli eccessi del suo idolo Grillo) a “Che tempo che fa” di sabato scorso, il Presidente del Senato in pectore ha scelto di adire le vie legali nei confronti del giornalista, per quelle che il suo ufficio stampa ha giudicato “affermazioni calunniose” e che per gran parte dell’utenza sono parse frasi quanto meno inopportune.
“Quasi quasi mi sta bene – commenta con il solito sorrisetto Travaglio – finalmente ci sarà una sede che potrà appurare se ho detto la verità. A differenza dei politici, i giudici stanno ai fatti, e in tribunale le chiacchiere stanno a zero”. L’enorme polverone sollevato, comunque, non si è limitato ad investire Travaglio (che ovviamente se ne agevola in quanto a pubblicità), ma l’intera Rai si è ritrovata (tanto per cambiare) dall’oggi al domani nell’occhio del ciclone. Da Cappon al direttore di rete Ruffini sono stati tutti accusati di collaborazionismo o, almeno, di una mancanza di controllo nei confronti dei contenuti della trasmissione di Fabio Fazio. Lo stesso Fazio è stato attaccato da più parti, nonostante, al pari dei suoi superiori, si sia affannato (purtroppo in ritardo, vien da sottolineare) a dissociarsi dalle pesanti dichiarazioni di Travaglio (dimostrando, quanto meno, una scarsa capacità di gestire l’emergenza). Ora, il count down per la nomina del nuovo CdA è iniziato e non è escluso che quest’ultimo caso incida sulla scelta dei nuovi consiglieri e, soprattutto, del nuovo Presidente e del nuovo amministratore delegato.
Travaglio, intanto, ovviamente gongola e boriosamente si dichiara pronto ad affrontare l’ennesima battaglia giudiziaria: “Sono stato assolto otto volte su otto – dichiara orgoglioso – […] il giudice ha stabilito che non avevo diffamato nessuno. Se vuole aggiungersi alla lista, si accomodi Presidente Schifani”, conclude con vanità il giornalista. Curioso, tuttavia, che Wikipedia fornisca informazioni differenti, peraltro confermate dallo stesso Travaglio sul suo sito. Per la famosa enciclopedia del web Travaglio “Nel 2000 è stato condannato in sede civile, dopo essere stato citato in giudizio da Cesare Previti a causa di un articolo sull’Indipendente che definiva quest’ultimo “futuro cliente di procure e tribunali. Il tribunale civile di Roma ha ravvisato in questa frase contenuto diffamatorio in quanto all’epoca del fatto (1995) “nessuna indagine era aperta nei confronti dell’on. Previti”. Travaglio sostiene che la condanna è stata determinata dalla mancata produzione di elementi di prova decisivi circa l’esistenza di procedimenti penali a carico del parlamentare. In conseguenza della condanna, il tribunale ha ordinato il pignoramento dello stipendio del giornalista per lire 79 milioni”. Non solo, Wikipedia informa anche che “Il 20 febbraio 2008 il giudice unico della settima sezione civile del Tribunale di Torino ha condannato in primo grado Marco Travaglio, il quale dovrà risarcire Fedele Confalonieri e Mediaset s.p.a. con 10.000 euro, per due frasi giudicate diffamatorie nei confronti di Fedele Confalonieri pubblicate nella rubrica Uliwood Party su l’Unità il 16 luglio 2006. La sentenza afferma che Travaglio ha colpevolmente espresso in termini di “certezza” dei fatti di rilevanza penale che al momento sono solo ipotesi di accusa non accertate. Marco Travaglio ha sostenuto di voler impugnare la sentenza”.