Wall Street Journal e New York Times, in altre parole, i due simboli del giornalismo americano. Due storie ultracentenarie, due storie che hanno attraversato l’America, a cavallo tra il XIX, il XX e il XXI secolo. Entrambe le testate, oggi, si trovano in una situazione economica non certo idilliaca, alle prese con la progressiva disaffezione degli americani nei confronti della carta stampata, delle sue modalità di fruizione e, in misura forse ancora maggiore, delle logiche aziendali che regolano l’informazione in essa contenuta. La Dow Jones, società editrice del Wsj sta correndo ai ripari tentando di vendere il proprio fiore all’occhiello alla News Corp. di Rupert Murdoch, nonostante i continui ripensamenti della famiglia Bancroft, che detiene una fetta azionaria non indifferente della testata economica e, soprattutto, il diritto di veto sul voto del CdA. Dall’altra parte del fiume Hudson, invece, la situazione pare più stabile, nonostante i medesimi problemi economici. Anzi, giusto pochi giorni fa, il public editor della testata (una sorta di garante dei lettori, figura da noi inesistente), Clark Hoyt, ha scritto un articolo su Nyt proprio per sensibilizzare la proprietà a non lasciarsi infatuare dalle promesse multimilionarie di magnati sullo stile di Rupert Murdoch. Il rischio sarebbe grossissimo: dopo centocinquant’anni di storia, la più antica voce di New York finirebbe per diventare una sorta di giornale d’azienda, una testata aderente più a logiche commerciali che alla morale giornalistica, al diritto e dovere ad informare i cittadini. Rischio cui, a parer suo (e di molti altri esperti), il Wall Street Journal starebbe andando incontro. Il Nyt, di proprietà della famiglia Sulzberger, per ora si limita ad illustrare la situazione intricata del Wsj, ma Hoyt ha reso pubblico quella che potrebbe divenire una realtà per il quotidiano di cui si occupa. Certo, i Sulzberger hanno, all’interno del giornale, un ruolo ben diverso da quello che hanno i Bancroft: essi lavorano direttamente al suo interno, il loro pacchetto azionario è l’unico con diritto di voto (i Bancroft si limitano al veto), in sostanza, non si priverebbero mai del loro gioiello. Eppure Hoyt ammonisce, mai dire mai. Per ora, comunque, nessun Murdoch si sarebbe fatto avanti per acquisire il New York Times. L’unico rischio che corre la redazione è quello di essere pesantemente ridimensionata se le affermazioni rilasciate alcuni mesi fa da Arthur Sulzberger circa un futuro esclusivamente on line del giornale si rivelassero fondate. (Giuseppe Colucci per NL)