Roma – Il blog non è un mass medium, esprimersi su un blog equivale a prorompere in un’esternazione in un luogo pubblico: le autorità russe lo riconoscono, ma nel contempo condannano ad un anno di carcere con la condizionale un giovane cittadino che si è lasciato andare a commenti caustici sulle forze dell’ordine locali.
“Le forze dell’ordine sono la feccia” scriveva Savva Terentiev nel blog di un giornalista nel febbraio del 2007: con un lessico aggressivo esprimeva il proprio dissenso nei confronti dei provvedimenti presi dalle autorità per soffocare la libertà di stampa dei mezzi di informazione di opposizione di Syktyvkar, nel profondo nord russo. Proponeva che le forze di polizia venissero immolate su pire in ogni piazza della Russia due volte al giorno, proponeva che gli agenti venissero bruciati su fuochi catartici.
Terentiev è stato trascinato in tribunale, il procuratore lo ha accusato di aver incitato all’odio i suoi concittadini, di aver impugnato il commento su un blog come fosse un medium ordinario “con l’obiettivo di aizzare i cittadini contro uno specifico gruppo sociale”. Il commento è stato rimosso, sul suo commento sono state effettuate analisi linguistiche per verificare che la sortita di Terentiev fosse a tal punto dirompente. Il giovane blogger si è rivolto al presidente Medvedev, ha pubblicato una lettera aperta, ha tentato di dimostrare la propria innocenza pur ammettendo che “è nostro dovere assumerci la responsabilità per le parole postate sul Web”. Nonostante Terentiev si proclamasse innocente, nonostante abbia ammesso che le sue parole potessero essere infiammabili, il giudice lo ha ritenuto colpevole, lo ha condannato ad un anno di carcere con la condizionale.
Poco importa che la condanna sia stata mitigata rispetto alle previsioni iniziali: il caso potrebbe costituire un precedente per la giurisprudenza russa, commentano i blogger locali. Le associazioni per i diritti civili, come SOVA, avvertono infatti che il giudice si è prodotto in contorsioni legali, che ha stiracchiato la legge estendendo di fatto ai blog lo status di mezzi di comunicazione: “Questo verdetto potrebbe significare che è impossibile esprimere commenti poco gentili nei confronti di qualcuno”.
A sostegno di Terentiev sono stati aperti dei blog che raccontano l’evolvere della sua vicenda giudiziaria, sono stati postati video provocatori su YouTube, si è pronunciato Anton Nosik di LiveJournal, piattaforma sulla quale operano molti netizen russi: “Un weblog non è un massmedium, è stato creato per scambiarsi opinioni. Arrestare qualcuno perché esprime delle rimostranze in un blog, è come arrestarlo perché ha espresso delle opinioni mentre si trovava in un autobus”.
Gaia Bottà