Non c’è pace per il tormentato Ispettorato Territoriale per la Lombardia del MSE-Com, da almeno 15 anni al centro di polemiche infinite sulle disfunzioni operative, non sempre scusabili con la continua alternanza di direttori (non è certo l’unico organo in tale condizione).
Mentre sono ancora al tappeto i problemi per lo switch-off DTT nell’area tecnica 3 (che probabilmente slitterà al secondo semestre di quest’anno), in conseguenza della mancata conoscenza del reale assetto impiantistico della regione (non esiste, a quanto noto, un database attendibile), sulla quale pesa la supplenza della magistratura civile nell’attività di gestione dello spettro radioelettrico, imposta dall’inerzia della Pubblica Amministrazione, stanno venendo a decisione i numerosissimi ricorsi al TAR azionati dai privati contro esiti di istruttorie ritenuti afflitti da evidenti vizi di legittimità. Detti ricorsi (che nelle ultime settimane si sono letteralmente moltiplicati, determinando costi enormi a carico dei privati e dello Stato, sui quali si auspica che gli organi di vigilanza effettuino i debiti controlli), hanno sovente interessato dinieghi-fotocopia a domande di sanatoria ex art. 27 L. 112/2004 con motivazioni presso contrastanti. Ora, però, un importante precedente giurisprudenziale potrebbe letteralmente travolgere l’operato dell’I.T. nei casi di specie. Infatti, in tempi molto recenti (fine 2009), il TAR Lombardia si è espresso, con sentenza, a riguardo dell’impugnazione di un atto con cui era stata negata ad un concessionario la sanatoria relativa ad un impianto che, ad avviso dell’Ispettorato, avrebbe avuto un’area di servizio diversa da quella del diffusore principale, di cui, quindi, non sarebbe stato ausiliario ai fini della potenzialità. A riguardo, confermando la fondatezza di censure generalmente, quanto inutilmente, esposte dalle emittenti all’organo periferico del MSE-Com nelle fasi precedenti all’azione giudiziaria (di norma nelle memorie ex art 10 bis L. 241/1990), il TAR ha rilevato come “l’Ispettorato abbia confuso i concetti di bacino di utenza ed area di servizio", osservando come "non avrebbe senso mettere un impianto che copra la stessa area di servizio dell’impianto principale perché questo non migliorerebbe la qualità del servizio ed andrebbe in contrasto con l’art. 32,comma 4, L. 223/1990 che vieta di utilizzare frequenze non indispensabili per coprire un’area di servizio o un bacino di utenza”. L’organo giurisdizionale ha giustamente sottolineato la circostanza (che avrebbe dovuto essere invero ovvia…) che “Il bacino di utenza è l’area su cui si estende la concessione di trasmettere i propri programmi e comprende le varie aree di servizio e lo scopo della sanatoria prevista dal citato art. 27 L. 112/2004 e proprio quello di permettere impianti che integrino e migliorino la copertura radioelettrica di una determinata emittente nel suo bacino di utenza”. Per i giudici amministrativi, quindi, l’Ispettorato territoriale aveva effettuato un’interpretazione scorretta della norma, ragion per cui il ricorso è stato ritenuto meritevole di accoglimento. Una pronuncia che, oltre a costituire, come detto, un importante precedente giurisprudenziale, dovrebbe suggerire l’opportunità di un riesame in via di autotutela amministrativa di analoghe posizioni, onde evitare di ingolfare inutilmente gli organi di giustizia amministrativa caricando privati e Stato di inutili costi.