I risultati della 19ma edizione dello "Studio economico del Settore Televisivo Privato Italiano" pubblicato annualmente dalla Federazione Radio Televisioni (FRT) e dai Sindacati SLC-CGIL, FIStel-CISL e UILCOM-UIL erano abbastanza prevedibili e confermano con i numeri ciò che, purtroppo, è fin troppo chiaro a tutti, ovvero: se non si trovano le giuste soluzioni in brevissimo tempo il settore rischia l’estinzione.
Uno dei dati più significativi emersi dell’analisi effettuata sui bilanci 2011 di 351 società che amministrano emittenti televisive locali operanti in Italia è l’ammontare delle perdite d’esercizio del settore, giunto a 75,8 milioni di euro. Su 351 società, 226 hanno chiuso il bilancio in perdita, appunto per totali € 75,8 mln, mentre 125 hanno chiuso in utile per € 4,6 mln. Il saldo tra utile e perdite presenta, pertanto, un valore negativo pari a € -71,2 mln (€ -21.3 mln nel 2010). Il settore va male fin dal 2008 (-19 mln nel 2008, -43 mln nel 2009, -21 mln nel 2010 e, appunto, -71 mln nel 2011), anno coincidente con l’inizio della crisi mondiale e con l’avvio del digitale terrestre in Italia. Negli anni precedenti il saldo tra utili e perdite è stato sempre positivo o in pareggio. A conti fatti il saldo negativo tra utili e perdite negli ultimi quattro anni ammonta a circa 155 mln di euro. Nel 2011 i ricavi totali (pubblicità + contributi pubblici e altri ricavi) sono stati pari a € 514 mln, in calo del 10% rispetto al 2010 e del 17% rispetto al 2008. I ricavi pubblicitari ammontano a € 391 mln (€ 425 mln nel 2010) in calo di oltre € 96 mln rispetto al 2008. Anche le altre fonti di entrate (contributi pubblici e ricavi diversi) presentano un calo di circa il 17% sull’anno precedente. Nelle fasi di crisi il settore non sembra capace di trovare, in tempi rapidi, nuovi equilibri economici, denotando una forte rigidità strutturale sui costi. Infatti, alla contrazione dei ricavi non si registra una corrispondente riduzione dei costi. Il costo del personale è addirittura aumentato sia in termini di valore (€ 168 mln contro 164 mln del 2010) che in termini di incidenza sui ricavi (32,6% contro 28,6% del 2010). I costi di produzione (al netto dei costi del personale e degli ammortamenti) diminuiscono, passando da 389 mln del 2010 a 368 mln, ma tale diminuzione (-5,40%) non porta benefici sul conto economico in quanto inferiore a quella dei ricavi totali (-10%). Inoltre l’incidenza percentuale dei costi di produzione sui ricavi totali passa dal 68% del 2010 al 71%. E’ del tutto evidente che senza le misure di sostegno, già insufficienti a compensare il calo della raccolta pubblicitaria, il sistema è destinato a collassare nell’arco di pochi anni. Un’ultima considerazione va fatta con riferimento alla distribuzione geografica dei ricavi. Dei 514 mln complessivi ben 456 mln, pari all’89%, sono realizzati in 9 regioni (vedi tabella sopra); il rimanente 11%, pari a € 58,7 mln, viene invece prodotto dalle restanti 11 regioni (Liguria, Sardegna, Abruzzo, Calabria, Marche, Friuli VG, Trentino AA, Molise, Umbria, Basilicata e Valle d’Aosta) le quali sono pure quelle che stanno subendo di più i contraccolpi della crisi economica e del cambiamento strutturale del mercato avendo realizzato perdite di ricavi superiori alla media nazionale (-21,59% contro -10,16%). Lo studio sarà disponibile nei prossimi giorni sul sito www.frt.it. (E.G. per NL)