Secondo la Corte dei Conti il sistema di erogazione dei finanziamenti alle emittenti locali dà luogo ad un aiuto indifferenziato per mancanza di finalità precise, rendicontazione e per tempistiche eccessive.
La Corte dei Conti boccia il modello di finanziamento pubblico alle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale. Stando alla delibera 13/2015/G dello scorso 28 dicembre, si rileva una serie di problematiche nelle metodologie di rilascio dei fondi. Nello specifico, nel testo diffuso viene prima di tutto evidenziata una “assenza di finalizzazione” dei contributi erogati. In pratica, allo stato attuale delle cose, non sono presenti “elementi per determinare una perspicua finalizzazione degli interventi”. L’effetto di questa mancanza è quello di determinare “il fenomeno di un elevato numero di contributi, i quali finiscono per dar luogo ad un aiuto pubblico generico e indifferenziato che è anche all’origine di una attribuzione “a pioggia” dei contributi stessi”. La Corte sottolinea, inoltre, come emerga “un sostanziale fenomeno di polverizzazione delle provvidenze, tale da mettere in luce l’incongruenza dello strumento finanziario utilizzato, privo di qualunque misura di rendicontazione successiva” che dovrebbe servire a monitorare l’effettivo impiego dei fondi ai fini preposti. Condannato anche il meccanismo delle tempistiche per la presentazione delle domande che porta ad “un sistematico slittamento dei pagamenti almeno all’esercizio finanziario successivo” quando invece sarebbe opportuno “contenere quanto più possibile tale fenomeno, per evitare che somme destinate a contributi vengano erogate a distanza di molti anni”. Secondo la delibera, si manifesta quindi l’esigenza di un intervento legislativo finalizzato ad uniformare i finanziamenti alle emittenti locali alla più generica disciplina dei contributi pubblici attraverso una risoluzione delle problematiche sopracitate. La delibera arriva proprio mentre il Governo, con la Legge di Stabilità, ha di fatto assegnato alle emittenti locali parte degli introiti derivanti dal canone RAI attraverso il nuovo fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Non è dopotutto la prima volta in cui i criteri utilizzati per stilare le graduatorie nell’assegnazione dei fondi pubblici vengono criticate e più volte si è evidenziato come spesso, i canoni adottati, finiscano per non premiare le realtà più meritevoli del settore. La speranza è che adesso, alla luce di questo rapporto, si colga l’occasione per rivedere il modus operandi del sistema rendendoli più realistico ed efficace. (E.V. per NL)