Reti Televisive Italiane (società che fa riferimento a Mediaset) e You Tube (Google family): due colossi a confronto nelle aule del Tribunale di Roma, innanzi alla IX sezione civile.
Oggetto del contendere, il preteso abuso denunciato dalla licenziataria delle concessioni televisive del gruppo Mediaset, perpetrato dalla piattaforma internet per mezzo della diffusione on line di filmati e spezzoni video del programma televisivo italiano Grande Fratello 10. I consulenti tecnici della controllata del gruppo di Cologno Monzese, infatti, hanno rilevato in soli 2 giorni di monitoraggio (il 26 e 27 ottobre scorsi) "174 sequenze di immagini in movimento tratte dalla decima edizione del programma televisivo Grande Fratello (…) per un totale di oltre 9 ore, visionate 1.202.651 volte" (Cfr. Ord. Trib. Roma, R.G. 54218/08). La licenza del programma appartiene a Endemol Italia S.p.A. e l’esclusiva titolarità dei diritti di utilizzazione del marchio e sfruttamento economico fanno capo in via esclusiva a R.T.I. S.p.A. Verificata la sussistenza delle condizioni di fumus bonis juris e periculum in mora, eziologicamente connesse alla legittimità dell’instaurazione del giudizio monitorio – nonché strumentali alla concessione dell’inibitoria ex artt. 156 e 163 della legge 633/1941 sul diritto d’autore – l’organo giurisdizionale capitolino ha sciolto la riserva argomentando, nell’ordinanza di rimozione dei contenuti controversi, su competenza del tribunale adito, giurisdizione della magistratura italiana in considerazione della natura straniera delle due resistenti e grado di responsabilità delle stesse in qualità di internet service provider. In primo luogo, l’attività di pubblicazione degli attenzionati video non sarebbe sussumibile nell’ambito del diritto di cronaca o della (invero limitata) libertà di riproduzione sancite dagli artt. 65 e 70 Lda, in quanto lo sfruttamento dell’opera GF 10 viene riservato alla ricorrente ed appare illecito il vantaggio economico, in termini di ritorno pubblicitario, connesso alla libera riproduzione di frammenti video del "reality più famoso della televisione italiana". In proposito, tali contenuti sono visionabili a pagamento sulla piattaforma Mediaset Premium e la contestazione mossa a You Tube integrerebbe addirittura la fattispecie penale dell’art. 171 ter Lda, per abusiva riproduzione, trasmissione e diffusione di un’opera dell’ingegno coperta da diritti d’esclusiva altrui – R.T.I. S.p.A. nel caso di specie – (edittalmente si prevede la reclusione da sei mesi a tre anni e multa da 2.582 a 15.493 euro). Sul fronte del danno economico – ritenuto subito da R.T.I. S.p.A. – è risultato sufficiente l’accertamento del giornaliero drenaggio "al bacino d’utenza televisiva e telematica di un numero indefinito di utenti sottraendo quote di mercato rilevanti anche sotto il diverso profilo della pubblicità, senza contare il danno d’immagine per la lesione del carattere di esclusività" (Cfr. Ord. Trib. Roma, cit). Fin qui le questioni di diritto preliminari nelle quali si rigettano le motivazioni fissate nelle memorie difensive di parte convenuta. Scendendo nel dettaglio delle argomentazioni addotte dal Tribunale di Roma, però, si statuisce ulteriormente che il servizio così detto di hosting provider non affranca l’ISP dalle responsabilità connesse ai contenuti pubblicati dagli utenti, nella misura in cui il rapporto che si crea tra provider ed utilizzatori del servizio in questione prevede la possibilità per il primo di intervenire discrezionalmente – soprattutto in presenza di materiale illegale – alla rimozione dei contenuti caricati dagli utenti (si veda quanto stabilito da You Tube stessa ad esempio per i filmati a sfondo pedo-pornografico) in qualsiasi momento, senza previo avviso ed a sua esclusiva discrezione; tale facoltà è esercitabile, inoltre, anche quando la fornitura non è più vantaggiosa dal punto di vista commerciale. In relazione a quanto precedentemente esposto, in giudizi di questo genere è necessario ricorrere, secondo il tribunale adito, "ad una valutazione caso per caso delle responsabilità del provider che, nel caso di erogazione di servizi, ad esempio, di caching ed hosting, non può astenersi dall’accertare e rimuovere materiale sospetto o contario alle regole giuridiche a presidio di questo genere di servizi" (Cfr. Ord. Trib. Roma, cit). Nel caso in esame, le numerose sollecitazioni di R.T.I. S.p.A. inoltrate a You Tube, dovevano determinare quest’ultima verso un tempestivo intervento di rimozione dei contenuti controversi. Altro nodo gordiano reciso dal Tribunale di Roma riguarda la questione di competenza. La carenza di giurisdizione denunciata dalle resistenti che sostenevano l’applicabilità della legge del luogo ove ha sede (USA), si risponde opponendo il principio del locus commissi delicti rinvenibile nella Convenzione di Bruxelles e graniticamente consolidato nella giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea; infatti, l’evento dannoso si verifica in Italia, formalmente a Roma in quanto sede legale della ricorrente e luogo dove i diritti di esclusiva di R.T. I. S.p.A. vengono esercitati. Ulteriormente è in Italia che l’editore ritenutosi leso cura la diffusione del programma Grande Fratello 10 "…e sempre in Italia avviene la vendita degli abbonamenti e delle tessere della piattaforma che trasmette il reality e la diffusione televisiva e via internet del programma generatrice del danno" (Cfr. Ord. Trib. Roma, cit.). Sostiene ulteriormente la tesi che il luogo di commissione dell’illecito sia l’Italia, considerazione dalla quale discende direttamente la giurisdizione della magistratura nazionale, il fatto che la violazione si verifichi non tanto per effetto del caricamento del frammento sul server centrale di diritto statunitense (danno-conseguenza), ma quanto attraverso il così detto uploading (danno-evento) dello stesso che, essendo il programma rivolto unicamente al pubblico italiano, avviene sul territorio nazionale. Azionando, dunque, il procedimento monitorio previsto dagli artt. 156 e 163 Lda, R.T.I. S.p.A. ha ottenuto l’inibitoria richiesta, parrebbe, con piena vittoria su ogni istanza di merito proposta; ovviamente seguirà un giudizio di merito a cognizione piena al quale i giudici del "sommario" rimettono ogni questione inerente spese e risarcimento respingendo la domanda di cauzione avanzata dalla resistenze. Si presume che le cifre in ballo possano raggiungere livelli stratosferici considerando che nel solo procedimento You Tube aveva richiesto – in caso di concessione dell’inibitoria – 10 miliardi di euro "per il necessario bilanciamento degli interessi in gioco ed i danni gravissimi che potrebbe subire You Tube" (Cfr. Ord. Trib. Roma, cit). (Stefano Cionini per NL)