(Media 2.0 – il blog di Marco Mele) – Il Lazio, e Roma in particolare, saranno il vero banco di prova del digitale terrestre nel corso del 2009. Rispetto a Torino-Cuneo, Trentino e Napoli-Campania, infatti, le problematiche sono maggiori.
Premessa: in Sardegna è stata assegnata una frequenza (pari a una rete-multiplex digitale) a ciascuna emittente. Le associazioni delle tv locali chiedono la stessa cosa nelle altre regioni. Nel Lazio, in particolare, non sarà facile.
Le emittenti locali sono almeno 26 ma, secondo altre stime, una quarantina. Si parte dalle 55 frequenze utilizzate dalla tv analogica. La Francia chiede che una parte delle frequenze del Lazio non sia utilizzata dall’Italia, per non interferire con le trasmissioni regionali della Corsica (in Campania no, quindi si potranno utilizzare tutte le 55 frequenze). Secondo il nostro Ministero la Francia dovrà accontentarsi di otto frequenze. Mettiamo che vada così: ne restano da utilizzare 47. Cinque, però, vanno messe a gara per i nuovi entranti, come imposto dalla commissione Ue al Governo, che vuole ammettere alla gara anche Rai e Mediaset. Siamo a quota 42. Il Vaticano ha tre frequenze in uso, a bassa potenza. Facciamole pure restare utilizzabili per le tv del Lazio, con qualche problema in alcune zone di Roma. Nè sottraiamo dal totale alcune frequenze – come pure accade in tutta Europa – da destinare a dividendo digitale per i nuovi servizi di Tlc e non per le tv.
Per le tv nazionali servono almeno 19 frequenze: cinque per Rai, cinque per Mediaset, tre per Telecom Italia Media, due per Rete A-L’Espresso, una a testa per D-free, ReteCapri (che l’ha ottenuta in Sardegna), H3G ed Europa 7. Sempre che Rai, Mediaset e TI Media non chiedano una frequenza in più, com’è accaduto in Sardegna (6-6-4, ma non tutte della stessa qualità).
Premessa: in Sardegna è stata assegnata una frequenza (pari a una rete-multiplex digitale) a ciascuna emittente. Le associazioni delle tv locali chiedono la stessa cosa nelle altre regioni. Nel Lazio, in particolare, non sarà facile.
Le emittenti locali sono almeno 26 ma, secondo altre stime, una quarantina. Si parte dalle 55 frequenze utilizzate dalla tv analogica. La Francia chiede che una parte delle frequenze del Lazio non sia utilizzata dall’Italia, per non interferire con le trasmissioni regionali della Corsica (in Campania no, quindi si potranno utilizzare tutte le 55 frequenze). Secondo il nostro Ministero la Francia dovrà accontentarsi di otto frequenze. Mettiamo che vada così: ne restano da utilizzare 47. Cinque, però, vanno messe a gara per i nuovi entranti, come imposto dalla commissione Ue al Governo, che vuole ammettere alla gara anche Rai e Mediaset. Siamo a quota 42. Il Vaticano ha tre frequenze in uso, a bassa potenza. Facciamole pure restare utilizzabili per le tv del Lazio, con qualche problema in alcune zone di Roma. Nè sottraiamo dal totale alcune frequenze – come pure accade in tutta Europa – da destinare a dividendo digitale per i nuovi servizi di Tlc e non per le tv.
Per le tv nazionali servono almeno 19 frequenze: cinque per Rai, cinque per Mediaset, tre per Telecom Italia Media, due per Rete A-L’Espresso, una a testa per D-free, ReteCapri (che l’ha ottenuta in Sardegna), H3G ed Europa 7. Sempre che Rai, Mediaset e TI Media non chiedano una frequenza in più, com’è accaduto in Sardegna (6-6-4, ma non tutte della stessa qualità).
Nella migliore delle ipotesi, insomma, resterebbero 23 frequenze per al minimo 26 emittenti. Attenzione: non è escluso che la Francia chieda più frequenze (la richiesta iniziale è di una ventina ma si tratta). Chi, tra le locali, si dovrà consorziare per usare la stessa frequenza? Con il digitale ci si possono trasmettere cinque-sei programmi, certo. Avere a disposizione un intero multiplex, però, ha ben altro valore: a livello patrimoniale, con l’eventuale futura cessione del diritto d’uso e di conto economico, perché si può cedere capacità trasmissiva a operatori terzi.