Il digitale terrestre non è per gli operatori meno abbienti. Non che questa considerazione sia una novità. Anzi.
Però è bene che i player televisivi comunitari se ne facciano una ragione, perché l’attuale impalcatura normativa, in base alla quale vengono determinate le graduatorie per l’assegnazione delle frequenze tv locali, premia solo i soggetti dotati di una notevole consistenza patrimoniale, di libri matricola con decine di righe e di una struttura tecnica che consente un’ampia illuminazione del territorio di spettanza (almeno regionale). Così, le piccole tv di matrice comunitaria finiscono agli ultimi posti dell’elenco, ben al di fuori delle posizioni utili per ricevere i pochi canali DTT disponibili dopo la cernita dei voraci network provider nazionali ed hanno la possibilità di concorrere all’attribuzione solo dando un valore aggiunto ad altri operatori con i quali si consorziano o stringono intese. Sul punto, è veramente ignobile il tombale silenzio delle principali associazioni di categoria e in particolare di quelle che al proprio interno trovano prevalentemente soggetti di tale natura. Vien da chiedersi, al proposito, se i piccoli editori siano veramente coscienti della rilevanza delle proprie rappresentanze sindacali.