Ha violato la sharia, facendo sesso prima del matrimonio. Ed in più lo ha anche pubblicizzato su un’emittente televisiva, incorrendo così nell’inevitabile arresto, con tanto di pena prevista per i violatori della legge coranica: una serie di frustate ed un periodo di detenzione che il Tribunale incaricato del caso dovrà decidere discrezionalmente.
È questa la triste e incredibile (ad occhi abituati a ben altra tolleranza) storia di Mazen Abdul Jawad, 32 anni, dipendente della Saudi Airlines, che una decina di giorni fa era stato intervistato dall’emittente libanese, che trasmette anche in Arabia Saudita via satellite, LBC, nel corso della trasmissione “Linea rossa”. Il coraggioso programma, già in passato, aveva toccato una serie di temi delicati per un paese (anzi due) governato dalla legge coranica della sharia, e dove i tabù sono tanti e difficili da scardinare. Aveva parlato di omosessualità, ad esempio, ma mai, probabilmente, si era spinto così in là, per lo meno a giudizio delle autorità saudite, che ne hanno immediatamente bloccato la messa in onda, chiudendo l’emittente. “Il programma è immorale e inaccettabile – ha pertanto commentato Ahmad Qasim Al-Ghamdi, a capo della Commissione per la promozione della virtù e della prevenzione del vizio – e deve essere punito in base alla sharia”. Nel corso della puntata di “Linea rossa” dello scorso 22 luglio, Jawad, intervistato a proposito della sua vita privata, ed anche sessuale, si era lasciato andare a confessioni riguardanti le sue prime esperienze con l’altro sesso, avute all’età di quattordici anni, con una vicina di casa, per poi abbandonarsi a descrizioni più o meno dettagliate delle sue avventure successive, corredate oggetti, “ricordi” di questi trascorsi. Al termine della puntata, centinaia di denunce, provenienti da buoni musulmani osservanti, erano pervenute al Tribunale di Gedda, che aveva aperto un’inchiesta per violazione della sharia (il sesso prima del matrimonio è reato) da parte di Jawad e dell’emittente Lbc. Il Tribunale, che intanto ha ordinato la chiusura temporanea dell’emittente, giudicherà l’imputato saudita il quale, però, dovrà presentarsi ed ammettere il proprio reato davanti alla Corte. Da par suo, l’imputato tenta di defilarsi, attribuendo all’emittente la responsabilità dell’accaduto (avrebbe manipolato le sue dichiarazioni, mandando in onda le sue risposte al di fuori del contesto dell’intervista), ragion per cui ha intenzione di sporgere querela contro di essa. (Giuseppe Colucci per NL)
È questa la triste e incredibile (ad occhi abituati a ben altra tolleranza) storia di Mazen Abdul Jawad, 32 anni, dipendente della Saudi Airlines, che una decina di giorni fa era stato intervistato dall’emittente libanese, che trasmette anche in Arabia Saudita via satellite, LBC, nel corso della trasmissione “Linea rossa”. Il coraggioso programma, già in passato, aveva toccato una serie di temi delicati per un paese (anzi due) governato dalla legge coranica della sharia, e dove i tabù sono tanti e difficili da scardinare. Aveva parlato di omosessualità, ad esempio, ma mai, probabilmente, si era spinto così in là, per lo meno a giudizio delle autorità saudite, che ne hanno immediatamente bloccato la messa in onda, chiudendo l’emittente. “Il programma è immorale e inaccettabile – ha pertanto commentato Ahmad Qasim Al-Ghamdi, a capo della Commissione per la promozione della virtù e della prevenzione del vizio – e deve essere punito in base alla sharia”. Nel corso della puntata di “Linea rossa” dello scorso 22 luglio, Jawad, intervistato a proposito della sua vita privata, ed anche sessuale, si era lasciato andare a confessioni riguardanti le sue prime esperienze con l’altro sesso, avute all’età di quattordici anni, con una vicina di casa, per poi abbandonarsi a descrizioni più o meno dettagliate delle sue avventure successive, corredate oggetti, “ricordi” di questi trascorsi. Al termine della puntata, centinaia di denunce, provenienti da buoni musulmani osservanti, erano pervenute al Tribunale di Gedda, che aveva aperto un’inchiesta per violazione della sharia (il sesso prima del matrimonio è reato) da parte di Jawad e dell’emittente Lbc. Il Tribunale, che intanto ha ordinato la chiusura temporanea dell’emittente, giudicherà l’imputato saudita il quale, però, dovrà presentarsi ed ammettere il proprio reato davanti alla Corte. Da par suo, l’imputato tenta di defilarsi, attribuendo all’emittente la responsabilità dell’accaduto (avrebbe manipolato le sue dichiarazioni, mandando in onda le sue risposte al di fuori del contesto dell’intervista), ragion per cui ha intenzione di sporgere querela contro di essa. (Giuseppe Colucci per NL)