Il magazine del venerdì del Corriere della Sera raccoglie in un’intervista pensieri, curiosità e prospettive del grande editore radiofonico nazionale
Con quell’aria un po’ snob, quella classe evidentemente innata, Alberto Hazan ha sempre ricordato a molti Gianni Agnelli. E come l’Avvocato, anche Hazan ha sempre sapientemente filtrato le informazioni personali. A dire il vero, il patron di Finelco, primario gruppo editoriale radiofonico con svariate subdirettrici nei settori affini dell’editoria della carta stampata e di quella più recente elettronica, spaziando anche nei servizi di rilevazione statistica, non pare aver mai gradito o comunque privilegiato la spasmodica esposizione mediatica di molti suoi colleghi, facendo della riservatezza una sua precisa caratteristica. Un po’ a sorpresa, quindi, è comparsa l’intervista su Style, il settimanale allegato al Corriere della sera in edicola ieri. Nell’articolo a firma del giornalista RCS (socia di Finelco a seguito del conferimento di RCS Broadcast, editrice di Play Radio, recedentemente ridenominata Virgin Radio e lanciata con successo nel panorama radiofonico italiano) Massimo Sideri, il generalmente schivo Alberto Hazan si lascia andare a qualche interessante considerazione a riguardo delle sue strategie attuali e prospettiche, condendo il tutto con qualche sapiente e bel collocata curiosità. Alla domanda "Come ha fatto a portare il marchio Virgin in Italia all’insaputa di tutti?", Hazan, premettendo di conoscere il patron del gruppo londinese Richard Branson da vent’anni (quando stavano studiando un progetto poi rivelatosi troppo prematuro di radio europea), rivela che i semi dell’accordo sono stati interrati due anni fa, in occasione di una cena nella quale i due si sono promessi di studiare ipotesi di business comuni. "Il momento si è realizzato con la ripresa delle trattative per Play Radio quando si è verificata una congiunzione astrale: mentre io prendevo contatto con Branson, in quello stesso momento il suo ufficio mi cercava da Londra. Si materizalizzava la chance di realizzare il mio sogno di avere una terza emittente", dichiara il fondatore di Radio 105. Al quesito che si sono posti anche molti operatori radiofonici italiani e cioè "Perché Sir Branson e la Virgin?", Hazan reagisce: "Perché nelle moderne economie il marchio è tutto. Oggi per creare in nome forte ci vogliono anche molti decenni. Le faccio l’esempio di Radio Monte Carlo che è molto più conosciuta di tutte le altre radio nazionali anche perché è un’emittente che ha oltre 60 anni di storia. Con Virgin Radio abbiamo quindi la possibilità di guadagnare molto tempo e di investire meno negli sforzi per far conoscere la stazione e di più in altre direzione". Discorso che, indubbiamente, non fa una piega, anche se, in realtà, la peculiarità del progetto Virgin Radio sta nel presidiare un target particolarmente appetibile sotto il profilo socioeconomico attraverso una programmazione non omologata con quella delle altre stazioni nazionali (anche se segnali di differenziazioni analoghe sembrano provenire dal gruppo Elemedia con Capital, dopo il positivo successo dell’esperimento di radio fuori dal coro condotto con m2o). Nell’intervista, Hazan, poi, si lascia andare anche a succosi ricordi inediti a riguardo di RMC Italia, la cui genesi fa risalire ad una contingenza degli anni ’80, allorquando una sua collaboratrice lo informò che nel Principato di Monaco (dove la famiglia Hazan ha da sempre una casa) il Principe Ranieri voleva privatizzare l’emittente, maturato il convincimento che la gestione francese era qualitativamente scaduta "al punto di non rappresentare più una buona immagine per il Principato, ma addirittura il contrario" (affermazione che non può essere che confermata dai radiofonici dei primi anni ’80, allorquando il prodotto di Monaco era distribuito con una superficilità incredibile ad un reticolo mal assortito di ripetitoristi italiani che lo bistrattavano a più non posso, con innesti locali e maneggiamenti insulsi, ndr). Fu così, quindi, che, con un blitz, Hazan, affiancò a Rete 105 (allora si chiamava così) il primo nocciolo della rete di ripetitori (generalmente ridondanze della rete principale) destinati ad una ripetizione integrale della nuova Radio Monte Carlo italiana, che in breve riportò ai fasti originari lo storico marchio. "La responsabilità e l’impegno che avevo assunto erano tali che non dormivo di notte", confida Hazan mentre alla domanda se abbia mai pensato alla tv, conferma che la sua passione "sono le radio". Il 65enne imprenditore milanese non si mostra per nulla turbato (anche se lo fosse, invero, il suo aplomb ne impedirebbe la trasparenza…) nemmeno dalle nuove tecnologie, che, anzi cavalca con destrezza (come la radio Internet senza fili, con un apparecchio della quale su un canale riservato ha testato per sei mesi – con quattro persone del suo staff in assoluta segretezza – il prodotto Virgin prima del lancio): circa la possibilità che l’Ipod e l’iTunes possano aggredire e sottrarre spazio al medium tecnologico più antico, dichiara: "Ma no… uno ci carica dentro un sacco di musica. Le canzoni bisogna pure ascoltarle da qualche parte, no? E quale migliore soluzione della radio. Una volta c’erano negozi musicali dove si andava ad ascoltare i dischi in vinile, tre alla volta, ricordo, ma ormai i tempi sono cambiati e di quei negozi quasi non ce ne sono più, ed è quindi difficile scoprire la musica. E poi l’iPod è scomodo: bisogna collegarlo al computer, selezionare i brani, caricarli, pagarli… E’ un lavoro. Molto meglio la radio no? Alla radio infatti c’è qualcuno che fa la ricerca e la programmazione per noi". Lucida analisi. Come dargli torto? (M.L. per NL)