Quel che il refarming della banda 700 MHz ha tolto alla radio, l’arco 700 ridarà. Almeno in parte.
C’è una convinzione errata, che da qualche tempo circola nel settore radiofonico: che la radiovisione (brutta italianizzazione del termine visual radio, che ci ricorda gli ananassi, i cottiglioni e i tosti dell’epoca fascista) abbia concluso il suo ciclo esistenziale.
Si tratta di un (grave) errore di valutazione: la televisione continua ad essere, nell’indoor, il device più prossimo all’utente e quindi la piattaforma ideale per l’ascolto radiofonico tra le quattro mura, insieme ai dispositivi IP dopo il pensionamento forzato (per marginalizzazione commerciale e disaffezione dell’utenza stanziale) del ricevitore stand-alone AM/FM.
L’equivoco deriva dalla confusione tra la diminuzione dell’offerta a seguito del refarming della banda 700 MHz, che ha ridotto del 70% la presenza delle visual radio locali e la fruizione dei contenuti radiofonici dalla tv. Un calo inesistente, se esaminato non in senso assoluto ma relativo, ciò parametrato alle emittenti che hanno continuato l’esercizio dopo lo switch-off dell’anno scorso.
Metro di confronto
E soprattutto non attingendo ai dati, sempre meno rappresentativi della realtà, di un’indagine come quella del TER, basata sul metodo CATI e quindi solo sui ricordi di un distratto intervistato (che è facile immaginare quanto possa aver chiara la distinzione tra device d’ascolto).
Offerta visual radio ai minimi termini
In realtà le visual radio sopravvissute ai bandi per fornitori di servizi di media audiovisivi areali hanno, anzi, aumentato (e di molto) la propria penetrazione proprio per la diminuzione della concorrenza. Basta infatti guardare quanti sono oggi i canali musicali locali presenti sull’intera Area Tecnica 03 (Lombardia e Piemonte occidentale) o nella AT 12 (Lazio).
Non scambiare la causa con l’effetto
Il problema è stato causato, come noto, dall’assenza di capacità trasmissiva sui mux locali assentiti agli operatori di rete e dopo ciò non è avvenuto, dal vincolo imposto dal Ministero delle imprese e del made in Italy di acquistare non meno di 1,5 Mbit/s per ogni fornitore di servizi di media audiovisivi (FSMA), con conseguente insostenibilità economica da parte di molte stazioni radio locali.
Interpretazione. Estensiva
L’attesa interpretazione autentica offerta oggi da Agcom sulla destinazione dell’arco 700 (LCN da 701 a 799) riapre però la questione, considerato che l’acquisto di capacità trasmissiva per la veicolazione del solo flusso audio nelle aree ove vi è disponibilità di capacità trasmissiva normalmente sulle reti di 2° livello diviene alla portata di molti esclusi. Ed apre le porte ad utilizzi HBBTV nell’immediato e DVB-I in prospettiva.
Il refarming 700 toglie. L’arco 700 ridà
E’ quindi molto probabile che dalla settimana prossima assisteremo ad una corsa per la colonizzazione degli LCN dell’arco 700 da parte delle emittenti locali, riportando in auge lo sfruttamento a fini radiofonici della televisione.
Anche ai nuovi entranti
Con una importante novità: l’apertura anche ai fornitori contenuti indipendenti su DAB+. Una decisione, quella dell’Agcom, che potrebbe dare il via anche ad (almeno) un altro superamento di anacronistici vincoli.
Indagini d’ascolto
Parliamo dell’equiparazione dei nativi digitali ai concessionari FM per l’accesso alle citate rilevazioni di ascolto TER. Ma di questo ci occuperemo nei prossimi giorni.