Riecheggia, nelle ultime settimane, forse mesi, una frase ricorrente, all’interno degli ambienti legati alla politica e all’informazione: basta lottizzazioni, basta ingerenze politiche nell’informazione pubblica, basta telegiornali in mano ai partiti. Proposte nobili, proposte che, se messe in atto, libererebbero l’informazione dai fili che portano ai grandi burattinai.
Purtroppo, in Italia, a livello macroinformativo (ossia televisioni, radio e giornali nazionali) non esiste un’informazione libera. Libera nel senso di svincolata da interessi di terzi, quali grandi aziende, potenti editori e, non ultimi, partiti politici. La Rai, esempio più concreto di lottizzazione partitica, vive da sempre in equilibrio tra le parti politiche di governo e d’opposizione, dove l’informazione è già preconfezionata per non scontentare questa o quella corrente. Se, ad esempio, il Tg1 di Riotta (foto) rappresenta la corrente di governo con la più ampia percentuale di parlamentari (Ds e Margherita, presto Pd), il Tg2 di Mauro Mazza è l’ultimo (dopo le politiche del 2006), in casa Rai, ad essere rimasto in mano al centro-destra (An), mentre il Tg3 di Ruffini è legato maggiormente agli interessi dell’area più radicale della sinistra di governo. Un equilibrio che dovrebbe accontentare, almeno in teoria, tutte le parti politiche e che da queste non può svincolarsi.
Alla faccia delle nobili proposte d’abolire la lottizzazione, le ultime scelte di Gianni Riotta nella gestione del proprio organico, riportano inevitabilmente alla suddivisione partitica: la scorsa settimana, tanto per fare un esempio, il direttore ha scelto Pino Caserta, in quota Margherita, per coprire la carica di segretario di redazione (dopo che Luigi Saitta, fedelissimo di Gianni Letta, è andato in pensione). Sempre per ragioni politiche, i nuovi membri dello staff del Tg1 sono stati scelti ad hoc: Natalia Augias, proveniente dal giornale radio Rai, nonché figlia del noto giornalista di “Repubblica”, Corrado Augias, da sempre nell’orbita dei Ds (nelle cui file è anche stato parlamentare europeo dal 1994 al 1999); Simona Sala, dei servizi parlamentari, molto vicina a Silvio Sircana, portavoce del governo e vicino all’ala più moderata della coalizione di governo; Alberto Matano, infine, giunto anche lui dal giornale radio Rai, rappresenta una sorta di contentino per i “cugini” dell’Udc. Anche Francesco Giorgino, che dopo il trattamento non proprio cordiale ricevuto di Mimun ha giurato fedeltà a Casini rinnegando Berlusconi, è stato rivalutato da Riotta, il quale, in virtù di un’imparzialità politica rivolta esclusivamente ai partiti moderati (per intenderci, dall’Udc al Pd, estremi inclusi), gli ha affidato la carica di nuovo vicecaporedattore della politica.
Questi sono solo gli ultimissimi esempi di questa “tendenza” (tanto per usare un eufemismo) che, nonostante gli appelli, non accenna a passare di moda. Con buona pace dei promotori della moralità e della deontologia professionale che volevano la Rai svincolata dai partiti.
Succede anche che per fare bella figura con l’opposizione e non essere tacciato di faziosità o parzialità dell’informazione (anche perché, è giusto ricordarlo, la Cdl continua a controllare la Commissione di Vigilanza e ad avere la maggioranza del CdA dell’azienda), Riotta decida di invitare Gianfranco Fini (il nuovo formato del Tg1 prevede spesso ospiti in studio, intervistati dai conduttori) ad esprimere le proprie perplessità circa le manovre finanziarie del governo riguardo i contributi da destinare alle fasce più deboli. Per introdurre la discussione, Andrea Giubilo, vice di Riotta e responsabile dell’edizione del tg in questione, prepara un servizio in cui i cittadini danno il proprio giudizio sulla questione: plebiscito, non molto convincente, per il governo e tutti i cittadini contenti. Succede, quindi, che Fini, dall’alto della sua esperienza da politico di lungo corso, prenda subito ad attaccare la scarsa veridicità del servizio, “una presa in giro”, sostenendo che, in realtà, i cittadini sono stanchi di questa maggioranza. Il contrario di ciò che si evinceva dalle interviste. Imbarazzo della conduttrice, Monica Maggioni, e finimondo nei corridoi al termine del tg, con Riotta imbestialito nei confronti del suo vice per non essersi accorto dell’ottimo assist fornito a Fini per screditare il suo telegiornale “in stile anglosassone”.
A volte, a forza di voler accontentare le diverse parti politiche, si corre il rischio di incappare in brutte figure. (Giuseppe Colucci per NL)