Ebbene si, la protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici è rinviata di ben quattro anni. Il recepimento della direttiva 2004/40/CE, inizialmente previsto per il 2008, slitta, infatti, al 2012, e la causa è molto semplice: numerose proteste sono state avanzate, in primis da alcune associazioni europee di radiologi che contestano il livello di radiazioni consentite per legge (che non permetterebbe loro di svolgere gran parte delle loro analisi); ed anche dall’Associazione europea contro il cancro, che invece ritiene i limiti alle distanze dai macchinari troppo stretti, non permettendo analisi accurate. La comunità Europea ha ritenuto, pertanto, di dover approfondire l’argomento con ulteriori studi. La direttiva 2004/40/CE, che riguarda le norme minime per la salute e la sicurezza, in relazione all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici, con frequenze fino a 300 GHz, è la diciottesima direttiva particolare all’interno della 391/89/EEC (direttiva quadro) ed ha lo scopo fondamentale di proteggere dai soli effetti accertati, non anche da eventuali effetti a lungo termine come, ad esempio, il cancro (per i quali, nello stesso preambolo della direttiva è specificato che non esistano evidenti collegamenti scientificamente provati). Per quanto riguarda la valutazione del rischio, infine, questa prevede che sia a carico del datore di lavoro, il quale deve, nello specifico, valutare non solo la possibilità di rischi indiretti, ma anche casi particolari di rischio, quali quelli dei soggetti portatori di pacemaker o altri dispositivi medici. (Tiziana Lovecchio per NL)