"Dall’opposizione spontanea di migliaia di avvocati – anche attraverso i social networks – la protesta contro la riforma della professione forense all’esame del Senato (atto S/601) si è trasferita a Piazza Farnese a Roma sabato 28 novembre".
L’Unione Giovani Avvocati Italiani, la rappresentanza dei giovani legali che insieme alla quali totalità delle associazioni imprenditoriali e dei consumatori si è messa di traverso alla corporativistica riforma forense, tira le somme della manifestazione di protesta di fine novembre. "Per la prima volta nella storia repubblicana i giovani avvocati italiani sono scesi in piazza", precisa il presidente UGAI, l’avvocato Gaetano Romano. "Si tratta, a nostro parere, di un’innovazione diretta contro gli iscritti all’albo e favorevole ai componenti degli ordini. È triste notare che – con la riforma contro la base degli avvocati – il Governo stia tradendo una categoria che con molta probabilità ha votato in modo quasi compatto l’attuale maggioranza parlamentare. Un tale atteggiamento non può essere condiviso dalla base". Romano mette poi in guardia sugli effetti verso i consumatori che avrebbe l’approvazione del progetto di legge: "La riforma prevede altre norme come quella sulla continuità professionale che produrrà un aumento vorticoso di contenzioso processuale, dato che circa 50mila legali, pur di rimanere iscritti all’albo, saranno costretti, negli anni futuri, a incardinare cause pretestuose contro i cittadini". Tra le proposte uscite dalla manifestazione di Piazza Farnese dei giovani avvocati, cui ne seguiranno altre a livello locale e nazionale, c’è anche quella di autocancellarsi legittimamente dalle liste delle difese d’ufficio e quelle per il gratuito patrocinio. La riforma forense grava i difensori d’ufficio di nuovi oneri mentre lo Stato deve ancora agli iscritti alle liste del gratuito patrocinio le spettanze economiche da mesi. "La libera decisione del difensore di iscriversi a queste liste è un servizio, che soprattutto i più giovani, offrono ai cittadini. Sappiamo che iniziative come queste potrebbero produrre dei disagi a una parte del sistema giustizia per i processi futuri, ma non potremmo rimanere passivi di fronte al fatto che c’è davvero la possibilità che quella riforma contro la base degli avvocati approdi nelle aule parlamentari di una Repubblica democratica", chiosa Romano. Ma i giovani avvocati non sono soli nella protesta contro la casta giuridica. Pur con motivazioni diverse (l’impossibilità per le grandi aziende di gestire uffici legali interni) anche Confindustria contesta una riforma che riporta indietro di decenni il nostro paese, disarmandolo davanti alla competizione economica mondiale. Il no secco è poi pervenuto, praticamente all’unanimità, dalle associazioni di consumatori e di categoria, cui, con la riforma, sarebbe impedita l’erogazione di servizi di consulenza legale ai propri associati/iscritti. Niet anche dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI), che ovviamente vedrebbe azzerata la possibilità di fornire supporto legale alla clientela. Una massa enorme, compatta e qualificata di no, che ha fatto fare una parziale marcia indietro a Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura ‘OUA’, che ha dichiarato pochi giorni fa: “Imprenditori e avvocatura non possono essere in conflitto tra di loro: ferma restando la consulenza legale esclusiva, si può dare la possibilità alle associazioni di categoria ed agli enti esponenziali di svolgere attività di consulenza nei confronti dei propri iscritti ed associati”. “Così si può chiudere ogni questione controversa" – ha aggiunto De Tilla – "in attesa che in aula al Senato si proceda entro fine anno all’approvazione della riforma della professione forense”. Una retromarcia ingranata anche da Guido Alpa, presidente del Consiglio Nazionale Forense, che ha spiegato: “Ogni specificazione sulla riserva della consulenza legale che fughi gli equivoci in cui sono incorse Confindustria e le altre associazioni ci trova favorevoli. Infatti, il Cnf ha sempre sostenuto che l’esclusiva non si estendeva alla consulenza prestata dalle associazioni imprenditoriali ai propri iscritti o dalle società per le consorelle dello stesso gruppo. L‘esclusiva non compromette la consulenza legale offerta da società appartenenti allo stesso gruppo societario o dalle associazioni a favore dei propri iscritti”. Ma non basta affatto: gli imprenditori e i consumatori non vogliono assolutamente cedere sull’esclusiva della consulenza legale. Altrimenti, fanno sapere, sarà battaglia durissima in Parlamento. E, col governo già traballante, il rischio serio per la lobby forense è di veder sfumare una riforma che sembrava ormai a portata di mano.