Riforma forense, CNA e Assoprofessioni: bloccare o a rischio 50.000 posti di lavori

Maggiore attenzione per le nuove professioni, quel ‘mondo’ composto da 3 milioni di persone, non rappresentato negli ordini professionali, e che contribusce in modo determinante all’economia del Paese con la produzione di oltre il 15% del Pil.

E’ quanto hanno chiesto Assoprofessioni e Cna che, con la partecipazione di Uni, oggi a Roma, alla Camera dei deputati, hanno promosso il convegno ‘Regole e mercato: la sfida delle nuove professioni per far crescere l’economia della conoscenza’.  "Chiediamo che si apra un tavolo sulle professioni non regolamentate al ministero dello Sviluppo economico", ha detto Giorgio Berloffa, presidente di Uniprof, associazione dei professionisti non iscritti agli ordini associata alla Cna. "Un’occasione in cui sia possibile – ha spiegato – fissare un’agenda, una ‘road map’, per le richieste delle nuove professioni. Non chiediamo di fare tutto e subito, ma vogliamo tempi e date certe, per arrivare al riconoscimento dell’attività che facciamo con il 15% del Pil prodotto". Un appello, quello di Berloffa, fatto davanti a tanti parlamentari presenti all’appuntamento, e che arriva in un momento particolarmente difficile per le professioni non ordinistiche, con la crisi da affrontare. "Tanti studi stanno chiudendo – ha avvertito – e la riforma forense che è in Parlamento porterebbe alla perdita di circa 50.000 posti di lavoro. La riforma forense limita l’esercizio dell’attività stragiudiziale – ha sottolineato – in forma autonoma solo agli avvocati, con effetti devastanti. A cominciare dal lavoro di migliaia di migliaia di professionisti quali patrocinatori stragiudiziali, esperti di infortunistica stradale ed esperti nelle diverse forme del diritto". E, se passa la riforma forense, ha spiegato Berloffa, "c’è il rischio che altre professioni chiedano delle ‘riserve’ e questo porterebbe alla morte delle professioni non regolamentate". E sulla certificazione delle competenze la rappresentanza delle nuove professioni sta lavorando da tempo con Uni, l’ente nazionale italiano di unificazione. "L’Uni è un’associazione privata – ha ricordato Ruggero Lensi, direttore relazioni esterne, sviluppo e innovazione di Uni, intervenuto all’appuntamento – che svolge a livello nazionale, e per conto dell’Unione europea a livello internazionale, attività di normazione volontaria e cioè la definizione di specifiche su base consensuale tra tutte le parti interessate. Lo stesso modello già applicato per i prodotti, che consente appunto la qualificazione, la definizione di specifiche di prodotto, può essere esteso anche alle qualifiche delle professioni, per definire quindi le specifiche di competenze dei professionisti". Un’attività, quella di Uni, che si è incrociata con quella delle professioni non regolamentate. "Uni con la rappresentanza delle professioni non regolamentate – ha sottolineato Lensi – ha affrontato un percorso che punta alla definizione per ogni professione delle norme tecniche dell’Uni, e cioè di specifiche che consentiranno quindi la trasparenza delle competenze di queste professioni". E le piccole e medie imprese sono pronte a collaborare con i professionisti. "Imprese e professionisti – ha detto Maria Pia Camusi, direttore generale di Rete Imprese Italia – rappresentano le due specificità di base, strutturali del nostro sistema produttivo e rappresentano dei mondi che sono sempre più a contatto". Secondo Camusi, le professioni non regolamentate possono puntare a un’evoluzione attraverso "forme di regolazione e di rappresentanza che siano innovative". (Adnkronos)

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