L’articolo più letto di questa settimana su Newslinet è stato quello dedicato alla scomparsa (anzi, alla mancata affermazione ab origine) dei ricevitori radio IP stand alone.
Un’analisi, la nostra, che ha condotto a variegate discussioni sulle varie pagine social e che ci ha portato a dedicare alla questione l’editoriale di questa settimana, col contributo di una serie di osservatori qualificati, a partire da Andrea Lawendel, giornalista ed esperto di radioascolto. Uno, quindi, che in mezzo ai ricevitori radio ci ha passato la vita. E che quindi costituisce un punto di vista autorevole per commentare il fallimento della radio per l’ascolto in streaming.
“Proprio il fattore quantità è quello che a mio modesto parere ha suscitato i maggiori dubbi da parte dei consumatori“, esordisce Lawendel.
Brand e volumi di produzione di nicchia
“Stiamo comunque parlando di brand e volumi di produzione di nicchia, ma per quanto potessero essere motivati gli appartenenti a queste nicchie, il giocattolo della lista di diecimila stream ascoltabili (a patto di rassegnarsi a infinite serie di click su tasti e rotelle anti-ergonomici) si rompeva molto in fretta sino a quando l’interesse si riduceva a una shortlist estremamente ridotta di preferiti”, continua il giornalista.
Difficoltà di approccio e bassa qualità audio
“Le difficoltà di approccio e la bassa qualità audio finivano per respingere, piuttosto che attirare. Il vantaggio della radio lineare – un vantaggio che i nostri programmisti hanno, ahimè colpevolmente, trascurato – sta proprio nell’aspetto della cura, della selezione contro cui solo i migliori aggregatori, con tutti i loro algoritmi, possono competere.
DAB vs analogico
Quanto al DAB vs. analogico… forse il primo non è messo benissimo in Italia, ma su scala complessiva europea i consumi energetici della FM si scontrano con una ineludibile necessità di concentrazione delle risorse e riduzione degli sprechi. La piccola Svizzera, dopo la Norvegia, passerà al DAB dall’anno prossimo, ma la stessa decisione comincia a essere presa, almeno a livello regionale, in Germania”, conclude Lawendel.
L’età dell’ascoltatore
“L’ascoltatore medio della radio in Italia ha più di 50 anni e solo il 17% degli ascoltatori ha meno di 34 anni. Francamente avendo passato i 60 da un po’, nonostante la formazione tecnica specifica e oltre 40 anni tra emittenza radio e televisiva mi scoccerei anche io ad usare i menù di una radio IP a casa, figuriamoci un ascoltatore medio qualsiasi.
Meglio uno smart speaker per un boomer
Molto meglio uno smart speaker per noi boomer, mentre per i giovani la radio praticamente non esiste proprio come concetto”, è invece il commento di Alessandro Paolinelli, produttore discografico con un passato radiofonico illustre come ideatore della prima rete interconnessa italiana (Antenna Italia di GBR, nel 1980).
Troppa complicazione
“Mettiamola così: in 20 anni ne ho comprate 5 da produttori diversi. Tutte più o meno inutilizzate perché complicatissime da gestire a livello di rete e di aggiornamenti dei database. Se io, che sono uno smanettone, ho rinunciato ad usarle… Molto, ma molto meglio, gli smart speaker, nello specifico con modelli come l’Echo Show di Amazon“, è il punto di vista di Marco Lolli, station manager radiofonico e regista radiofonico in RAI.
Ubiquità e pervasività dello smartphone
Numerosi i commenti relativi alla polifunzionalità, alla portabilità (fino alla tascabilità) dello smartphone, che, creando un legame stretto tra l’utente ed il dispositivo, ha indotto a definirne la presenza costante e l’accessibilità immediata attraverso i termini sociologici ubiquità o pervasività.
Le affermazioni più frequenti a riguardo
“Può essere collegato ovunque”, “si aggiorna da solo”, “è sempre con noi 24 ore su 24”, “è già tarato sulle nostre abitudini”, sono state le affermazioni più frequenti nei confronti social a riguardo dello smartphone.
Cambiamento
Qualcuno ha anche osservato che i ricevitori stand alone non si cambiano con la stessa frequenza degli smartphone, il che può essere certamente vero per quanto riguarda quelli AM/FM, ma non per quelli IP (specificatamente oggetto dell’articolo) o quelli DAB.
Mancato aggiornamento dei database
Nel primo caso (IP), infatti, con la chiusura di alcuni aggregatori a cui i dispositivi si collegavano per l’acquisizione degli indirizzi streaming (come Reciva) o la mancata possibilità di aggiornare i database (come per le radio Pure), molti apparati sono diventati inutilizzabili.
Cambiamento di standard
Nel secondo, è stato osservato da alcuni utenti come l’abbandono dello standard DAB a favore della versione evoluta DAB+ abbia mandato in discarica i ricevitori incapaci di elaborare l’algoritmo di compressione HE-AAC.
Conclusioni
In definitiva, elaborando i commenti della maggior parte degli osservatori qualificati, si può concludere che anche i ricevitori stand alone subiscano lo stesso processo di disintermediazione di qualsiasi precedente preesistente piattaforma di fruizione, come l’autoradio (disintermediata da Android Auto ed Apple CarPlay), ma anche di distribuzione, come le reti di trasmissioni DTT e sat (disintermediate dalle smart tv).
Polifunzionalità
Il futuro, quindi, sembra essere quello di ricevitori smaterializzati della loro funzione specifica, che viene convogliata su dispositivi polifunzionali, come smartphone, smart speaker, pc, tablet, smart tv.