Secondo una curiosa riflessione del giornalista Giulio Genoino, pubblicata in data odierna su ItaliaOggi, “il web piace e attira soltanto se è meglio di ciò che sostituisce”.
Un modo per spiegare che internet conquista l’internauta solo quando offre una valida e piacevole alternativa a ciò che in precedenza si poteva fare esclusivamente offline. Questa tesi è stata confermata da una recente indagine Istat secondo cui gli italiani sarebbero da considerare “utilizzatori sporadici di Internet”. Infatti, osservando come 70mila cittadini hanno scelto di rispondere ad un’indagine pilota per la preparazione del censimento 2011, sembra che Internet non sempre sia considerata l’alternativa più semplice ed efficace. Le possibilità più gettonate sono state quelle di rispondere al questionario via web (sfruttata solo dal 9% degli utenti), di consegnarlo all’ufficio comunale del proprio comune (12%) o di compilare moduli su carta e spedirli per posta (40%). Secondo Genoino la ripartizione delle precedenti scelte è da attribuire esclusivamente al fatto che l’oggetto della questione fosse un noioso questionario. E farlo sul web non avrebbe certo migliorato l’esperienza. Ma allora cosa attrae gli italiani del web? E, soprattutto, quando scelgono Internet quale alternativa preferenziale? Quando stare online piace di più che fare la stessa cosa offline. Pensiamo per esempio alle banche: quanto ha contributo l’home banking a migliorare la qualità della propria vita facendo disporre bonifici e pagamenti online? Oppure a YouTube: nonostante la moltiplicazione e frammentazione dei contenuti disponibili sul piccolo schermo e provenienti dalle diverse piattaforme, dove è possibile trovare qualcosa di nuovo e divertente effettivamente tutti i giorni? O ancora, eBay: chi ha permesso di collegare tra loro persone di tutto il mondo che possono trasferire, vendere o comprare articoli di qualunque genere e dimensione senza dover pagare un servizio per poter rimanere in contatto? Insomma, Internet va diviso obbligatoriamente in due macrocategorie: quello comodo, che diverte, e che continuerà a farlo; quello che annoia e stanca e che, ad un certo punto del suo percorso, verrà abbandonato dai suoi stessi utenti perché considerato obsoleto (e teniamo in considerazione che, sul web, il passo che collega il successo all’eventuale disfacimento di un sito può essere davvero brevissimo). Lo stesso paradigma va oggi attribuito alle nuove strategie editoriali, i cui commenti riempiono le pagine delle edizioni cartacee e telematiche dei più noti quotidiani internazionali. Se l’editore del caso riuscirà a trovare una formula che permetta al lettore di pagare per leggere online, con la promessa di ottenere contenuti migliori (o meglio, di poter vivere un esperienza migliore e più agevole), il gioco è fatto. Altrimenti anche il mercato delle notizie online potrebbe subire qualche danno, diffondendo grandi sorprese tra chi pensava che il futuro dell’editoria si nascondesse dietro un paywall. Insomma, il comportamento tipico degli internauti non sempre corrisponde alle previsioni dei cosiddetti “guru” dei media. Non è vero? (M.M. per NL)