C’è una nuvola che si fa sempre più scura sul processo di ricanalizzazione della banda VHF per adeguare il nostro paese allo standard europeo e per far spazio a Europa 7 sul "nuovo" canale VHF 8: si chiama DAB-T. Il terzo incomodo che rompe le scatole per le nuove allocazioni perché ritiene di vantare diritti acquisiti in forza di anni di sperimentazione e di acquiescenza da parte della Pubblica Amministrazione. Non che sia in discussione l’interesse legittimo degli operatori di rete DAB-T ad ottenere delle risorse alternative, come del resto confermato dall’ing. Troisi (dirigente della D.G.P.G.S.R. del MSE-Com) nella riunione della task force del 17 giugno scorso a Roma. In tale occasione, infatti, è stato fatto presente che per la radio digitale "il Ministero della Difesa ha dato la disponibilità all’utilizzo del primo blocco del canale 13", pur precisando che "tale risorsa in alcune zone d’Italia non è sufficiente" e che "per tale motivo il Ministero chiederà al Ministero della Difesa la disponibilità di ulteriori risorse ove necessario". Tuttavia, la macchina della ricanalizzazione non può (potrebbe) essere fermata (pena la scontata apertura di un nuovo procedimento giudiziario per inadempimento dello Stato italiano sul caso Europa 7, con prevedibili richieste miliardarie di risarcimento danni da parte dell’editore Di Stefano), sicché l’MSE-Com in quella sede ha informato che avrebbe inviato "una lettera ai Consorzi interessati, per richiedere la disattivazione della risorsa utilizzata e l’eventuale indicazione della nuova frequenza da attivare". Una soluzione che però non piace ai network provider della radio digitale terrestre, che, come avevamo già anticipato su queste pagine, di mollare una posizione frequenziale con fatica acquisita e consolidata negli anni, in prospettiva di diritti d’uso di canali incerti o improbabili, non vogliono neppur sentirne parlare. I lampi già si vedono e i tuoni potrebbero arrivare a momenti. Vedremo se Paolo Romani troverà e riuscirà ad aprire per tempo l’ombrello.
