Sarà sicuramente oggetto di ampia risonanza la sentenza (di primo grado) resa oggi dal Tribunale di Monza in un processo per diffamazione a mezzo stampa a carico di un inviato e del direttore del periodico Gente nell’ambito del “delitto Tobagi”, presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti e cronista politico di punta del Corriere della Sera ucciso il 28 maggio 1980.
I primi commenti sulla decisione giudiziale giungono da Franco Abruzzo consigliere ed ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Milano e da Stampa Democratica, ente fondato proprio da Walter Tobagi.
da Franco Abruzzo.it
Tribunale di Monza.
Le rivelazioni del brigadiere dei Cc Dario Covolo (“Ciondolo”) sui retroscena del “delitto Tobagi”
Brindani e Magosso(direttore e inviato di Gente)condannati penalmente a una multa totale di 1.800 euro e civilmente a risarcire due generali(per ora) con 218mila euro
Monza, 20 settembre 2007. Le rivelazioni (del 13 dicembre 1979) del brigadiere dei Cc Dario Covolo (“Ciondolo”) sui retroscena del “delitto Tobagi” non convincono il giudice monocratico (Ilaria Maupoil): non si può in altri termini sostenere o lasciare intendere, come ha o avrebbe fatto Renzo Magosso pubblicando una intervista a Covolo su “Gente” (diretta nel 2004 da Umberto Brindani), che i comandanti dell’Antiterrorismo di Milano del periodo 1979/1980 (Umberto Bonaventura e Alessandro Rufino) abbiano trascurato di valutare le segnalazione di “Ciondolo”, omettendo, quindi, di compiere le loro funzioni a protezione della vita di Walter Tobagi. Il giudice ha condannato Magosso (per diffamazione a mezzo stampa) a una multa di mille euro e Brindani (per omesso controllo) a una multa di 800 euro. I due giornalisti dovranno versare a titolo (provvisorio) di risarcimento dei danni morali 120mila euro al generale Rufino e 98mila euro agli eredi del generale Bonaventura. Dovranno inoltre pagare 20mila euro di spese legali. La difesa di parte civile aveva chiesto un risarcimento di un milione e 300mila euro…segue su Franco Abruzzo.it
da Stampa Democrcatica.it
CONDANNATI PER UN’INTERVISTA: FALSA? NO, TROPPO ESATTA
Un nuovo, gravissimo segnale d’allarme per la salute della libertà di stampa arriva dal Tribunale di Monza, che ha condannato per diffamazione Renzo Magosso, caporedattore di Gente, e con lui il direttore Umberto Brindani. Il settimanale aveva pubblicato una intervista a Dario Covolo, ex brigadiere dei Carabinieri impegnato negli anni ’70 e ’80 nelle indagini sul terrorismo. Nell’intervista – confermata parola per parola da Covolo in una testimonianza resa al processo contro Magosso e Brindani – si affermava che erano stati fatti, sei mesi prima dell’assassinio di Walter Tobagi, i nomi di coloro (Marco Barbone e gli altri 5 della Brigata 28 Marzo) che progettavano un’azione terroristica contro l’inviato del Corriere della Sera e Presidente dell’Associazione Lombarda dei giornalisti, leader e fondatore della corrente sindacale Stampa Democratica.
Si arriva al punto che un’intervista, resa evidentemente in modo totalmente fedele, costituisce – secondo il giudizio di primo grado – un reato. E soltanto perché essa contrasterebbe con una presunta “verità ufficiale” stabilita, e cristallizzata, nelle sentenze di oltre 20 anni fa sul delitto Tobagi.
E’ evidente che, se questo criterio si affermasse, nessun esercizio di dubbio o di critica sarebbe più ammesso. I giornalisti sono avvertiti: d’ora in poi scrivere su Piazza Fontana, la Strage di Brescia, quella di Bologna, per citare solo qualche caso, potrà essere pericoloso.
Accanto alle iniziative, ventilate o in atto, da parte del governo e del potere politico, per imbrigliare il diritto-dovere di cronaca, sentenze come quella di Monza devono richiamare i giornalisti alla vigilanza e alla mobilitazione.
Ai colleghi condannati Stampa Democratica esprime solidarietà, apprezzamento per il loro lavoro, e l’augurio che in appello il giudizio possa essere ribaltato.
mv
Milano, 20 settembre 2007