Si torna a parlare (e straparlare) di logical channel numbering (LCN), cioè l’indottrinamento del bastone del (tele)comando.
Agcom ha, infatti, pubblicato la delibera 442/12/CONS, con la quale è stata indetta la consultazione pubblica sullo schema del nuovo piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre, contenente le modalità di attribuzione degli identificatori LCN ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione di contenuti audiovisivi in tecnica digitale terrestre e le relative condizioni di utilizzo. Com’è noto, ciò si è reso necessario a seguito della decisione dei giudici amministrativi di cassare il precedente piano: un coacervo di errori amministrativi, giuridici e tecnici, partorito dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed applicato dal Ministero dello Sviluppo Economico a seguito di pressioni politiche e cattivi consigli di sedicenti portatori di interessi delle emittenti locali (per quel che contano). Purtroppo, però, sebbene il nuovo piano cerchi di riparare ai falli precedenti, lo schema elaborato risente pesantemente della cattiva progettazione iniziale, favorente gli occupanti dei primi 30 numeri del telecomando (quelli di fatto frequentati da telespettatori impigriti). Eppure, la soluzione per rendere democratica la numerazione automatica era già a portata di mano da un decennio: applicare lo schema a tre cifre collaudato efficacemente e da tempo da Sky sul sat. Con quel sistema, Raiuno (101), Canale 5 (105), Cielo (126) e Telelombardia (511) sarebbero stati sullo stesso piano ed avrebbero potuto combattere ad armi pari, attraverso la qualità dei rispettivi programmi. Troppo semplice, ma, soprattutto, troppo pericoloso per i superplayer che da oltre un quarto di secolo vivevano di rendita da posizionamento acquisito.