Fitto coordinamento tra Agenzia delle Entrate e Tribunale per l’invio della denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria attraverso l’utilizzo di un modello telematico che il pubblico ministero – eventualmente – potrà trasmettere direttamente al GIP ai fini dell’emissione del decreto penale di condanna.
Una collaborazione che il sostituto procuratore della Repubblica presso il dipartimento di diritto penale dell’economia della Procura della Repubblica di Milano, dott. Carlo Nocerino, valuta positivamente, frutto del lavoro che ha finora svolto da coordinatore in materia fiscale dell’organo requirente meneghino. Rilasciando un intervista al quotidiano Italia Oggi (31/03/2011, p. 33), il magistrato sottolinea il dato relativo all’aumento dei reati in materia tributaria contestati nella circoscrizione del capoluogo lombardo passati “dai 409 del 2008 ai 1714 del 2010”, impennata per la quale individua principalmente due motivi quali “la ristrutturazione degli uffici dell’amministrazione finanziaria che ha determinato un ricambio generazionale (…) ed il maggiore slancio della GdF che si è specializzata in alcuni settori tributari”. Ci sia consentito, motivazioni politcally correct, dettate dalla pacatezza imposta dal ruolo occupato del soggetto che le ha formulate, ma che – a nostro avviso – non tengono conto della obiettiva stretta da parte dell’Erario impegnato, con non poche storture giuridiche, a fare cassa. Emblematica in proposito la performance fatta registrare dal così detto abuso del diritto, particolarmente prolifico di imputazioni a seguito della qualificazione penalistica che allo stesso viene assegnata dal Fisco alla stregua – e nei limiti – dell’art. 4, D. Lgs n. 74/2000 (dichiarazione infedele). Sul punto però, deve essere registrato – a detta del dott. Nocerino – un orientamento piuttosto favorevole al contribuente elaborato dalla procura milanese, atta ad archiviare quei procedimenti avviati dall’Agenzia e fondati unicamente su presunzioni, ritenute dalla recente giurisprudenza non sufficienti – da sole – a determinare il pubblico ministero per l’esercizio dell’azione penale. Della questione ce ne siamo già occupati ad inizio anno commentando l’automaticità con la quale l’Erario contestava l’indebita elusione delle imposte (trasmettendo la relativa notizia di reato alla competente Procura) per pretesi indebiti risparmi d’imposta derivanti dall’utilizzo di schemi contrattuali impiegati dalle imprese con lo scopo di ottenere il la misuta minore di tassazione delle operazioni e/o ristrutturazioni deliberate. Oggi che i Tribunali – tra i quali spicca quello di Milano – hanno avviato l’istruzione di tali procedimenti, il magistrato intervistato commenta il meccanismo (invero talvolta perverso) che è stato innescato, in base al quale al reato di dichiarazione fraudolenta si potrebbe affiancare in concorso quello di riciclaggio se “il truffaldino risparmio d’imposta” venisse “portato fuori” ed impiegato per altri scopi. A questo fa da pendant la proposta della quale si fa carico lo stesso Dipartimento di diritto penale dell’economia del capoluogo lombardo, sollecitando al legislatore l’introduzione nell’ordinamento del reato di “auto-riciclaggio, commesso da chi nasconde il denaro sporco”. Insomma, proposte ed innovazioni che richiamano un’imprescindibile riforma della materia anche attraverso “una norma penale chiara, precisa e determinata nella descrizione delle modalità illecite di risparmio d’imposta in modo che siano punite soltanto quelle condotte elusive caratterizzate dalla fraudolenza le quali non sono necessariamente legate alla dichiarazione dei redditi”, sulla quale il dott. Nocerino richiama una cruciale riflessione. Tornando ora al nuovo metodo d’indagine adottato dalla Procura della Repubblica di Milano, che in termini di durata dei procedimenti pare stia restituendo i primi risultati, il tutto prende le mosse dallo sperimentato schema del pool costituito da magistrati specializzati – qui in materia tributaria e fiscale – che, con l’ausilio dell’Amministrazione finanziaria (in particolare si cita l’Agenzia delle Entrate Milano I e la Guardia di Finanza), hanno messo a punto uno strumento informatico con finalità deflattive del carico giudiziario. In buona sostanza si sta sperimentando un format di denuncia penale informatizzato caratterizzato dalla puntuale indicazione di tutti quei dati ed informazioni (compilabili direttamente dagli enti accertatori) dei quali gli inquirenti necessitano al fine di individuare subitamente i meccanismi di accertamento utilizzati e le persone che nelle imprese verificate hanno preso determinate decisioni, a prescindere dal soggetto che ha sottoscritto la dichiarazione. Così operando, si rendono al magistrato incaricato, in tempo reale, tutti i dati indispensabili al fine di incanalare fin dall’inizio l’indagine sui giusti binari, così da poter valutare senza lungaggini e balzelli la trasmissione al GIP della richiesta di emissione – nei casi previsti – del decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p. Lavoro a catena, dunque, tra giudici e Fisco, manifestazione di efficienza che, purtroppo, si ritrova sono in taluni ambiti. Dimostrazione che molte cose potrebbero essere cambiate in meglio senza declamare epocali riforme ma, semplicemente, ottimizzando le risorse già a disposizione della P.A. (S.C. per NL)