Chi compie i reati informatici è spesso tra le mura dell’azienda: ruba password o distrugge dati informatici direttamente dal pc dell’ufficio.
Gli hacker entrano in sordina nel nostro territorio e sfruttano le operazioni online come chiave d’accesso ai dati riservati. I ladri del web cambiano residenza operativa e rubano in casa del datore di lavoro: le operazioni online sono una porta aperta al pubblico e sono delle grandi occasioni per attaccare i sistemi informatici. È il panorama delineato da Sergio Mariotti – in un articolo del 24 aprile 2011 pubblicato su Italia Oggi – primo dirigente della Polizia di stato e responsabile del Cnaipic, Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche, che si occupa di prevenzione e contrasto agli attacchi informatici ai sistemi delle aziende e enti di interesse strategico per l’Italia. Mariotti segnala il rischio elettronico ormai costante per aziende ed enti pubblici, che si servono abitualmente delle attività online. L’attenzione è posta non solo sugli attacchi che provengono dall’ambiente esterno, ma anche sull’interno dell’azienda. L’identikit dell’hacker d’azienda è variegato: può essere il ragazzino abilissimo in rete che compie il reato senza conoscere le reali conseguenze o l’individuo che agisce con lo scopo di conseguire dal reato stesso un illecito profitto, al fine di danneggiare i dati o sottrarre il knowhow dell’azienda. Grandi capacità informatiche unite ad un preciso movente perfezionano la violazione di sistemi di sicurezza, dai quali si apre un mondo non piu protetto, e quindi alla mercè di tutti. Spesso si tratta di dipendenti scontenti, licenziati, mobbizzati o maltrattati (o che si sentono tali), che, spinti da un insano desiderio di vendetta, danneggiano o rubano dati protetti, attuando una vera e propria condotta avente rilevanza penale. I pirati della rete non sono più sconosciuti e invisibili, ma sono persone che lavorano con noi o per noi, e il rapporto di lavoro non è altro che un comodo escamotage per arrivare prima e più facilmente allo scopo. Gli hacker, non solo si insediano nelle aziende, ma ci spiano attraverso esse. Il caso esemplare è l’azienda giapponese Sony, produttrice della PlayStation, il cui giacimento di informazioni dei clienti della consolle più famosa del mondo è stato saccheggiato tra il 17 e il 19 aprile scorsi. Il muro di sicurezza è stato abbattuto e ha permesso una vera e propria invasione nel cuore dell’azienda, il quale contiene oltretutto i dati personali degli iscritti e quindi anche i numeri delle carte di credito dei clienti. Questi ultimi, nostro malgrado, non sono dati criptati e permettono agli hacker di realizzare i cosiddetti furti di identità: operano sostituendosi ad un’altra persona, ovviamente inconsapevole. La violenza alla sicurezza e il furto di dati hanno un denominatore comune: la rete, rivelatasi per le aziende una complice non sempre fedele. Infatti, il mercato si serve del web per operare, farsi conoscere e fornire servizi, ma la preziosa finestra sul mondo lascia che il mondo spii il mercato stesso. Per questo è necessaria una tutela ad hoc, che permetta di proteggere in toto l’azienda, i suoi prodotti e i clienti. La protezione efficace è quella che coinvolge in primis gli utenti stessi, che partecipano alle misure di sicurezza per una difesa collettiva. (C.S. per NL)