Il ruolo della radio, nell’attuale scenario massmediale italiano, pare non differire molto da quello assunto tradizionalmente. Certo, le nuove tecnologie (mp3 e quant’altro) e l’avvento della web radio hanno spostato l’asse del target leggermente più in là come fascia d’età, ma il ruolo sociale resta ancorato alla consuetudine: ascolto distratto, mentre si guida, mentre si lavora, mentre si studia. Il mezzo radiofonico inteso come apparecchio, invece, è stato insidiato dalle molteplici possibilità offerte dall’evoluzione tecnologica. “Le ricerche confermano che la cara e vecchia radio, divulgatrice di musica per eccellenza, continua a riscuotere consensi tra gli ascoltatori – sostiene Eduardo Montefusco (foto), presidente di Rds, intervistato da ItaliaOggi (30/11/07 pag. 27) – Non è tanto la radio quanto l’apparecchio radiofonico tradizionale che perde terreno”. Bisogna trovare nuove idee, allora, nuove modalità divulgative. Montefusco, però, da questo punto di vista e in aperta controtendenza con competitori di spicco (quali, ad esempio, Finelco, decisamente aggressiva sul mercato di riferimento), sostiene di non puntare molto sulle web radio perché, dice, “esse si presentano al grande pubblico con una commistione di codici […] un ibrido, insomma. E se da una parte le web radio tentano di offrirci, senza riuscirci, la classica atmosfera calda della radio, dall’altra le più recenti tecnologie di internet permettono, come nel nostro caso, alla radio tradizionale di realizzare invece delle integrazioni efficacissime”. Il futuro della radio, secondo Montefusco, più che per il web, passerebbe per le energie rinnovabili (?!). Già in occasione del Live Earth (evento promosso dal Premio Nobel Al Gore e realizzatosi lo scorso 7 luglio 2007 con 11 concerti tenutisi in ogni parte del mondo), infatti, Rds affiancò la campagna contro le emissioni di CO2. Ora, invece, Montefusco annuncia d’aver siglato un accordo di collaborazione con la Cea Energia Ambiente, protagonista nello sviluppo di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile che, tra il 2008 e il 2010, si dovrebbe focalizzare sulla produzione di 100 MW di energia da fonte eolica, da destinarsi all’area del centro-sud, e 10 MW di energia proveniente da impianti fotovoltaici. Più che dal web, quindi, il destino del mezzo si troverebbe (addirittura!) nella salvaguardia della Terra, secondo il patron di Rds, con un approccio che appare un po’ new age fuori tempo massimo. L’imprenditore, poi, si concentra sul proprio futuro, con la stazione di cui è presidente giocarsi il primo posto (ma non è in vetta al momento…) tra le radio commerciali con Rtl 102.5 (quella sì al primo posto) e Radio Deejay (ex capofila), che nell’ultimo anno avrebbe perso ascoltatori, a fronte di un aumento del pubblico totale e un incremento sostanzioso degli afecionados delle due concorrenti, lanciandosi in critiche piuttosto pesanti (e a nostro avviso decisamente fuori luogo, da parte sua) nei confronti del direttore delle radio de L’Espresso, Linus, che definisce “profeta dell’ovvio” (come se le considerazioni di Montefusco sul futuro della radio rese nell’intervista brillino per originalità…). “Il timore tutto italiano è che la radio non sia ancora abbastanza autorevole, non abbia ancora raggiunto il giusto livello di professionalità – prosegue il convinto editore a Italia Oggi – però il mercato è arrivato a sfiorare i 600 milioni di euro, quasi il 7% degli investimenti totali in pubblicità, avvicinandosi sempre più agli standard europei”. La concessionaria captive di Rds, poi, avrebbe raccolto 57 milioni nell’arco del 2007, e prospetterebbe un futuro in cui anche terzi possano usufruirne, posto che (diciamo noi) la concorrenza è il miglior carburante del mercato. Per quanto concerne gli ascolti, poi, attestatisi sui 5,4 milioni nel giorno medio del 2007, la quota raggiunta porta, secondo Montefusco, l’emittente alla pari delle primissime della classe, anche se l’obiettivo dichiarato dal suo editore è “l’incremento degli ascolti nel nord del Paese”, dove sono stati fatti ingentissimi investimenti in frequenze (ben superiori, a quanto ci risulta, alla media degli antagonisti, che, tuttavia, sono riusciti ad ottenere ugualmente ottimi risultati). Infine, un messaggio trasversale per investitori e costruttori di palinsesti: “I pianificatori più lungimiranti se ne sono accorti. Il vero plus della radio è l’engagement, cioè il rapporto personale tra la radio e i suoi ascoltatori, è forse quello che interessa di più il mercato”. Sarà. Una sola nota: se “engagement” significa nell’accezione del caso “rapporto personale tra la radio e suoi ascoltatori” era proprio necessario fare un impiego di tale termine avulso ai più, salvo poi doverlo spiegare con un “cioè”? Non sarebbe meglio se la radio, come mezzo di comunicazione, recuperasse il ruolo che le spetta attraverso un approccio comunicativo forse più comprensibile e lineare da parte dei suoi operatori?