Il rapporto Censis 2025 – I media e la libertà – 20° Rapporto sulla comunicazione (basato sui dati del 2024) offre uno spaccato preoccupante (quanto ampiamente prevedibile) dello stato dell’industria mediatica italiana mainstren.
Radio, TV e soprattutto stampa, un tempo pilastri dell’informazione e dell’intrattenimento, si trovano oggi a fronteggiare un panorama in cui il web si è imposto come piattaforma dominante. Ma quel che è peggio, è che, anziché rispondere con strategie innovative e una revisione critica del proprio modello di business, questi settori sembrano prigionieri di un immobilismo strategico che ne sta accelerando il declino.
I dati Censis 2025 – I media e la libertà – 20° Rapporto sulla comunicazione (qui per la sintesi) sono inequivocabili ed assolutamente allineati ai segnali che si registrano da anni, marcati da ultimo dall’Osservatorio 2025 dell’Agcom sull’informazione.
Non va affatto bene, Madama la Marchesa
Ed al di là dei segnali filogamesi degli editori, all’insegna del “Tutto va bene Madama la Marchesa”.
La tv lineare (in particolare via etere) segue (seppur più lentamente) il percorso degli anni scorsi della carta stampata
Il primo alert del rapporto Censis 2025 riguarda la televisione tradizionale (lineare, soprattutto via etere), che continua a perdere terreno a favore delle piattaforme digitali. Il calo costante registratto dall’istituto di ricerca “coincide esattamente con quello della tv tradizionale (il digitale terrestre)”, mentre “al contrario salgono tutte le altre tv: la tv satellitare, la tv via internet (web tv e
smart tv) e la mobile tv”.
Età
L’età media del pubblico televisivo si innalza costantemente, segno che le nuove generazioni si stanno disaffezionando al medium, preferendo contenuti on demand e personalizzabili.
Inviluppo
Tuttavia, a fronte di questa realtà, le emittenti televisive tradizionali (generaliste lineari) sembrano ancora ancorate a un modello editoriale (e pubblicitario) che non risponde più alle logiche del mercato attuale, secondo un inviluppo che ne impoverisce l’offerta.
L’esempio di Canale 5
Sul punto, basta guardare quella prime time delle reti nazionali generaliste – ed in particolare dell’ammiraglia Mediaset, Canale 5 -, ormai rivolte essenzialmente ad un target over 60, per rendersi conto di come la tv lineare sia oggetto di un costante inviluppo.
Assenza di una strategia di transizione decisa verso la flessibilità di fruizione
La lettura in controluce dei dati Censis 2025 evidenzia l’assenza di una strategica da parte degli editori mainstream per una transizione decisa verso modelli di fruizione più flessibili.
Non compresa l’urgenza del cambiamento
Un evidente sintomo di un settore che non ha compreso fino in fondo l’urgenza del cambiamento. Basta infatti osservare, empiricamente, come i palinsesti siano ancora organizzati secondo schemi rigidi e difficilmente adattabili alle nuove abitudini di consumo.
Miopia
L’errore più grande, tuttavia, appare essere la miopia con cui si affronta la concorrenza delle piattaforme streaming. Dopo l’iniziale, imperdonabile ed ormai irrecuperabile, supponente sottovalutazione di 15 anni fa, piuttosto che sviluppare una proposta qualitativa forte e differenziata, si è continuato (e purtroppo si persevera) a rincorrere modelli datati, senza capacità di innovazione.
La radio: meglio, ma non abbastanza
Ma non è solo la televisione a soffrire: l’esame del report Censis 2025 mostra che se tale medium è ammalato, la radio non se la passa meglio. Anche in questo caso, il 20° Rapporto sulla comunicazione evidenzia una perdita progressiva di rilevanza (con l’ascolto in FM in cronico calo costante).
Podcast
La diffusione di dispositivi connessi e l’esplosione dei podcast hanno ridefinito il concetto stesso di fruizione audio, spostando l’asse del mercato verso formati più interattivi e personalizzabili al cospetto di nuovi concorrenti extraradiofonici, ma anche provienienti dall’interno del comparto.
Offerta via etere triplicata
Parliamo, ovviamente, dei nativi digitali, che hanno triplicato la dimensione dell’offerta. E solo per quanto riguarda quella via etere, perchè se si allarga allo streaming radiofonico lineare l’aumento della competizione non è nemmeno quantificabile.
Ostinazione per lo status quo, non resilienza
Eppure, la radio continua a resistere con ostinazione a un cambiamento che appare ormai inevitabile. Le trasmissioni, per esempio, mantengono una rigidità che mal si concilia con le esigenze di un pubblico abituato alla fruizione on demand, mentre la sperimentazione di nuovi format e layout editoriali è rara.
Il caso della pubblicità
La pubblicità, inoltre, è ancora strutturata su modelli intrusivi e affaticanti (basta pensare all’anacronistica durata degli spot ancorati ancora ai 30 secondi di 50 anni fa) e poco adatti alla competizione con piattaforme digitali, capaci di targettizzare con precisione millimetrica ogni utente.
L’imbarazzante Wagenburg radiofonica italiana
Una situazione, in Italia (e solo qui), peggiorata dalla chiusura del confronto verso l’esterno, dimostrato dall’imbarazzante Wagenburg degli editori con l’indagine Audiradio – che pur si era dichiaratamente prefissata come obiettivo primario l’innovazione -, inibita ai nativi digitali (come se l’ascolto radiofonico oggi fosse solo delle emittenti FM!).
Incapacità di costruire un’identità ecosistemica
Ciò che emerge chiaramente dai dati raccolti (anche) dalla rilevazione Censis 2025 è l’incapacità dell’industria radiofonica di costruire un’identità forte nell’ecosistema digitale, che vada oltre l’ibridazione audio/video o la multipiattaforma. In sostanza, una propensione all’innovazione che riguarda – al più – la componente distributiva, ma non quella produttiva.
Non vedere il business
Se è vero che l’ascolto in streaming cresce, è altrettanto vero che le emittenti radiofoniche tradizionali faticano a presidiare efficacemente questo spazio, che, soprattutto nell’area on demand (podcast, in particolare, ma ciò in gran parte perché non se ne individua la redditività), è lascianto in gran parte nelle mani di player, più agili ed innovativi.
Il web: vincitore incontrastato
Di fronte a questo scenario di demerito, il web appare, nel rapporto Censis 2025, come il vero vincitore della trasformazione mediatica. La sua capacità di offrire contenuti personalizzati, interattivi e accessibili in qualsiasi momento e luogo lo rende il punto di riferimento principale per l’informazione e l’intrattenimento, come certificato pochi giorni fa anche dall’Osservatorio 2025 dell’Agcom sull’informazione.
Questione di attrattività…
Piattaforme come YouTube, Spotify, Netflix, Prime Video, TikTok e Twitch non solo attraggono milioni di utenti ogni giorno, ma ridefiniscono continuamente le modalità di produzione e distribuzione dei contenuti.
.. e di I.A.
A ciò si aggiunge la crescente integrazione dell’intelligenza artificiale, che permette un affinamento sempre più sofisticato dell’esperienza utente, aumentando ulteriormente il gap tra i media tradizionali e il mondo digitale.
Merito del demerito altrui
Il vero problema, dunque, non è solo la crescita del web, ma l’inerzia con cui i settori tradizionali stanno affrontando questa evoluzione.
Predizione
Mentre gli attori digitali investono in innovazione, dati e analisi predittiva, TV e radio sembrano incapaci di liberarsi da un modello che non è più sostenibile.
La necessità di una svolta radicale
Il rapporto Censis 2025 non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: senza un cambio di paradigma, radio e TV rischiano di diventare sempre più reliquie del passato, ancorate alla vita biologica dei loro tradizionali ascoltatori (per la tv via etere 55 anni, per la radio 53) .
Innovazione non è opzione
L’innovazione, quindi, non può più essere vista come un’opzione, ma come un’esigenza imprescindibile per garantire la sopravvivenza di questi settori.
Ripensare al modo
Occorre ripensare radicalmente il modo in cui i contenuti vengono prodotti e distribuiti, abbandonando la logica dei palinsesti rigidi e sposando modelli più flessibili e adattabili alle esigenze degli utenti moderni.
Pubblicità meno invasiva e più mirata
La pubblicità, poi, deve evolversi per diventare meno invasiva e più mirata, sfruttando le potenzialità offerte dalla tecnologia.
Basta rimanere ancorati al passato
Se radio e TV vogliono avere un futuro, devono smettere di rincorrere il passato e iniziare a costruire un nuovo presente. La sfida è aperta, ma il tempo per affrontarla si sta esaurendo rapidamente.